Canada, foresta boreale divorata da incendi: 8 mln ettari in fumo, 100mila sfollati

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Da Est a Ovest, il Canada è flagellato dagli incendi, anche se non si è ancora raggiunto il culmine dell’estate. Nessuna provincia è stata risparmiata, nemmeno il Québec o la Nuova Scozia, che di solito non vengono colpite.

Imprevedibile“, “gigantesco“, “fuori dal comune“: centinaia di vigili del fuoco arrivati da tutto il mondo a dare una mano nella lotta ai roghi che stanno divorando la foresta boreale.

Le cifre sono sconcertanti: ieri nel Paese bruciavano 490 incendi, più della metà dei quali erano considerati fuori controllo. All’inizio della stagione, all’inizio di maggio, è stata l’Alberta, nella parte occidentale del Paese, a catturare tutte le preoccupazioni, trovandosi rapidamente di fronte a una situazione senza precedenti. Poi, poche settimane dopo, la Nuova Scozia, provincia atlantica dal clima molto mite, e il Quebec sono stati a loro volta coinvolti in mega-incendi. Oggi il Quebec è la provincia più colpita, con 112 incendi attivi.

In tutto, più di 100.000 persone sono state sfollate. La soglia dei sei milioni di ettari bruciati è stata superata il 19 giugno, appena una settimana fa. Martedì scorso era stata quasi raggiunta la soglia degli otto milioni di ettari, un’area equivalente all’intera Austria. Solo in Quebec sono stati bruciati 1,3 milioni di ettari, contro una media di meno di 10.000 negli ultimi dieci anni. L’area bruciata in 25 giorni supera già la superficie totale bruciata negli ultimi 20 anni messi insieme.

Le emissioni di carbonio causate dagli incendi hanno già superato il record annuale canadese, secondo l’osservatorio europeo Copernicus. Queste 160 megatonnellate di carbonio rilasciate nell’atmosfera rappresentano l’equivalente di circa 590 milioni di tonnellate di CO2, ovvero l’88% delle emissioni annuali di gas serra del Canada nel 2021. Gli incendi canadesi del 2023 rappresentano attualmente più del 10% delle emissioni globali di carbonio prodotte dagli incendi boschivi del 2022 (1.455 megatonnellate).

La foresta brucia sottoterra con le radici e l’incendio può attecchire in luoghi che non ci si aspetterebbe mai. È molto imprevedibile e può ricominciare molto rapidamente“, spiega Eric Florès da Abitibi-Témiscamingue, regione nel nord del Quebec che è stata duramente colpita dai roghi e in cui sono stati dispiegati un centinaio di vigili del fuoco francesi.

È un compito difficile e faticoso: “è come lavorare con una formica, andiamo metro per metro“. Dopo essere stati scaricati da un elicottero, spesso i pompieri devono percorrere diversi chilometri nella fitta foresta con attrezzature pesanti e ingombranti sulle spalle, tra fumi densi e nocivi, un nugolo di zanzare e mosche nere.

Qui a volte ci sono muri di fiamme larghi 100 metri, alti il doppio degli alberi“, riferisce Florès. Si tratta di incendi che a volte sono 100 volte più grandi di quelli che i vigili del fuoco sono abituati a gestire. “C’è molto fumo nel Paese e non solo, ma non sorprende, quando si vede quanta foresta sta bruciando”, aggiunge Godefroy, militare francese dislocato in Quebec.

È incredibile la rapidità con cui si può passare dal carbone ardente alle fiamme nel giro di pochi secondi“, racconta Joseph Romero, un vigile del fuoco costaricano dislocato ad Alberta, nel Canada occidentale.
Questo anno eccezionale dà un’idea delle sfide che attendono il Canada in futuro, dal momento che il cambiamento climatico sta aumentando la frequenza e l’intensità degli incendi nelle foreste boreali. L‘anello verde che circonda l’Artico – in Canada, naturalmente, ma anche in Alaska, Siberia e Nord Europa – è vitale per il futuro del pianeta.

Qui c’è uno strato di 20-30 cm di combustibile sul terreno, che rende l’incendio più difficile da controllare. L’incendio scoppia sotto il combustibile e può estendersi per diversi chilometri“, spiega David Urueña, vigile del fuoco spagnolo giunto in Quebec come supporto.

È in parte questo humus, caratteristico della foresta boreale, a spiegare i grandi pennacchi di fumo che hanno invaso il cielo canadese per diverse settimane e che negli ultimi giorni hanno raggiunto gli Stati Uniti e persino l’Europa.