Smog, esposizione breve alle polveri sottili causa 1 milione di morti all’anno. Oltre la metà solo in Asia
L’esposizione a breve termine ad alti livelli di inquinamento atmosferico uccide ogni anno 1 milione di persone nel mondo, di cui la metà nell’Asia orientale. A rivelarlo è uno studio della Monash University pubblicato su The Lancet Planetary Health. Se finora le ricerche si erano concentrate sull’impatto sulla salute del particolato fine (PM2,5) in zone in cui i livelli di inquinamento sono costantemente elevati, questa nuova analisi ha studiato gli effetti sul corpo umano a seguito di un’esposizione molto breve, anche di poche ore o pochi giorni. E i risultati sono preoccupanti. I ricercatori, guidati dal professore Yuming Guo, hanno preso in esame i dati sulla mortalità e sull’inquinamento di 13.000 città e paesi di tutto il mondo tra il 1999 e il 2019, scoprendo che respirare PM2,5 anche per poco tempo provoca ogni anno più di un milione di morti premature in tutto il mondo, in particolare in Asia e in Africa, e più di un quinto (22,74%) di queste si è verificato nelle aree urbane.
Gli effetti sulla salute a breve termine dell’esposizione all’inquinamento atmosferico sono stati ben documentati, spiega l’esperto, “come nel caso dei mega-incendi in Australia durante la cosiddetta ‘estate nera’ del 2019-20, che si stima abbiano causato 429 morti premature legate al fumo e 3230 ricoveri ospedalieri a causa dell’esposizione acuta e persistente a livelli estremamente elevati di inquinamento atmosferico legai ai roghi”.
Secondo lo studio in Asia si è verificato il 65,2% della mortalità globale dovuta all’esposizione a breve termine al PM2,5, in Africa il 17%, in Europa il 12,1%, in America il 5,6%, in Oceania lo 0,1%. La mortalità è stata maggiore nelle aree affollate e altamente inquinate dell’Asia orientale, dell’Asia meridionale e dell’Africa occidentale, con una frazione di decessi attribuibili all’esposizione a breve termine al PM2,5 nell’Asia orientale superiore di oltre il 50% rispetto alla media globale.
Lo studio raccomanda che, laddove la salute è più colpita dall’inquinamento atmosferico acuto, l’attuazione di interventi mirati – come sistemi di allarme per l’aumento del particolato fine e piani di evacuazione della comunità – per evitare l’esposizione transitoria ad alte concentrazioni di PM2,5 potrebbe mitigare i danni acuti alla salute.