Allarme smog a Roma: fragili a casa. L’assessora: “Valori nella norma nei prossimi giorni”

È allarme smog a Roma. Dopo la notte di Capodanno, i livelli di polveri sottili sforano la soglia in diverse zone della Capitale e il dipartimento Risanamento dagli Inquinamenti adotta un ‘provvedimento di prevenzione dell’inquinamento atmosferico’ con cui raccomanda ai soggetti a rischio di “evitare di esporsi prolungatamente alle alte concentrazioni di emissioni“.
Il primo gennaio, i limiti di PM10 erano stati superati in tre stazioni: Preneste, Corso Francia e Tiburtina. Ma l’assessora all’Ambiente, Sabrina Alfonsi, smorza le polemiche: “Le previsioni nei prossimi giorni sono nella norma, non c’è bisogno di un’ordinanza del sindaco. Chiudiamo l’anno senza che nessuna centralina di Roma abbia superato gli sforamenti consentiti. Lo scorso anno, per esempio, li avevamo avuti a Roma Est, al Tiburtino”, spiega contattata da GEA.

I livelli altissimi di inquinamento sono dovuti ai festeggiamenti della notte di San Silvestro, assicura l’assessora, nonostante fosse in vigore una ordinanza del sindaco Roberto Gualtieri per vietarli.
C’è stato un picco enorme di PM10 nella giornata dell’1 gennaio. E’ abbastanza chiaro che sia dipeso dai fuochi d’artificio, tanto che a Prenestina passiamo da 76 ug/m3 il primo a 31 ug/m3 il 2 di gennaio. Stessa cosa accade a Corso Francia, passiamo da 69 ug/m3 a 32 ug/m3. Il picco è molto alto e l’abbassamento immediato, immotivato se non sapessimo che ci sono stati in mezzo i botti e i fuochi di Capodanno“, ribadisce.

Quando c’è un innalzamento delle polveri sottili, ci sono due livelli di allerta, il primo è l’informativa alla cittadinanza, con la raccomandazione ai fragili di restare a casa. “Nel caso in cui avessimo avuto un picco prolungato, ci sarebbe stato un secondo livello, l’ordinanza del sindaco per il blocco delle auto, che però in questo caso non serve”, scandisce Alfonsi.

Il superamento dello sforamento consentito non c’è stato, ma non c’è nulla da festeggiare per i medici per l’ambiente. “Tutti entrano in panico quanto più ci si avvicina ai valori di soglia, ma noi viviamo costantemente con una qualità dell’aria che non è buona, perché i livelli di particolato sottile e di biossido di azoto sono comunque sempre troppo elevati“, avverte Laura Reali, pediatra di famiglia e presidente di Isde Roma. L’Oms, ricorda, “da anni discute e richiede all’Ue limiti più bassi, i danni ci sono anche per i valori che stiamo rispettando“.

La “pessima abitudine” dei botti di Capodanno non aiuta. Ma il problema di fondo, per la dottoressa, è che è “il particolato sottile e il biossido di azoto si formano per tante cause, in parte per il traffico veicolare, buona parte per il riscaldamento delle case. E Se su questi valori elevati di base si aggiunge il Capodanno, si raggiungono livelli rischiosi“. Sui limiti, invita a “intendersi“: “Il particolato e il biossido d’azoto non ci dovrebbero essere per nulla nell’aria“.

L’1 gennaio a Roma si sono toccati i 76 ug/m3, senza superamento dello sforamento consentito dall’Unione Europea, ma per l’Oms i limiti dovrebbero essere molto inferiori, non dovrebbero superare i 20 ug/m3 e, aggiunge Reali, “sarebbe più sicuro stare sotto i 10“.

Particolato e biossido di azoto in eccesso, sopra i 40 ug/m3, possono dare effetti nell’immediato che vanno da bruciore, secrezioni, starnuti, tosse, fino all’aumento di episodi di respiro corto nei bambini e di asma e accentuazione degli attacchi di bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva) negli adulti. In questi episodi acuti, i due inquinanti giocano in maniera sinergica: uno accentua gli effetti dell’altro. “Per lunghe esposizioni, superiori alle 9 ore, si possono avere anche effetti cardiovascolari in chi ne soffre“, ricorda Reali, che giudica quindi “molto giustificata” la raccomandazione di non fare uscire i soggetti a rischio: donne in gravidanza, bambini soprattutto sotto i 2 anni, tutte le persone affette da patologie respiratorie o cardiovascolari e gli anziani.

Gli episodi come quello di Capodanno, esorta la presidente dell’Isde Roma, “vanno interpretati come un segnale per ricordarci che non respiriamo aria pulita e dovremmo fare qualcosa in più, non solo con il monitoraggio, ma in termini di riduzione delle sostanze tossiche“. Il suggerimento è, a livello personale, di adottare comportamenti virtuosi (evitare botti, utilizzare meno macchina, abbassare il riscaldamento delle case). A livello amministrativo, locale, nazionale e sovranazionale, di regolare meglio le emissioni. “Forse non sforeremo, ma non stiamo vivendo bene“, chiosa. I piani ci sono, si tratta di seguirli.

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Laghi (Isde): “Intervenire su cause smog, a rischio esistenza umana”

La visione olistica del ‘One Health’, un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, è antica e attuale. Si basa sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute del Pianeta siano legate indissolubilmente. Negli ultimi anni, però, le morti per fattori ambientali restituiscono dati impietosi. Ferdinando Laghi, vicepresidente dell’Isde, riflette con GEA di quanto sia importante spostare l’attenzione sulla salute dell’uomo, quando si parla di clima: “Bisognerebbe segnalare come in realtà il Pianeta sta campando benissimo da 4 miliardi e mezzo di anni e noi siamo arrivati solo recentemente. La terrà vivrà si stima altri 5 miliardi di anni. Il problema è la persistenza della razza umana sul pianeta Terra. L’obiettivo di questi interventi non è il Pianeta, ma siamo noi“.

Qualità dell’aria, dell’acqua, l’uso di pesticidi e fertilizzanti sono correlati allo stato di salute dell’uomo?

“Sono assolutamente un elemento centrale per le malattie. Il sistema sanitario influisce sulla nostra salute intorno al 15%, tutto il resto dipende da geni, abitudini alimentari, dal livello sociale ed economico. Per l’Oms un quarto delle malattie degli adulti dipende da esposizioni ambientali, un terzo dei bambini sotto i 5 anni che si ammala, si ammala per esposizioni ambientali prevenibili. Dobbiamo aprire gli occhi, anche le malattie neuro-degenerative possono dipendere da un inquinamento ambientale”.

Come affrontare il problema?

“Noi abbiamo una medicina che insegue diagnosi e terapie, non fa prevenzione. Parliamo di screening oncologici come fosse prevenzione, non è prevenzione, ma diagnosi precoce. La prevenzione primaria è evitare che un uomo o una donna si ammalino. Dato che la qualità di aria, dell’acqua e del suolo sono determinanti importantissimi, ecco che tutela della salute significa tutela del Pianeta. Bisogna intervenire sulle cause dell’inquinamento. Ridurre l’utilizzo di fossili o biomasse per l’energia, bisogna spostarsi verso un’energia da fonti rinnovabili. Ripensare complessivamente la produzione di cibo. Bisogna bonificare, i limiti di legge riguardano ogni singolo agente, ma la vita che facciamo ci espone all’effetto cocktail. La risposta non è agganciarci ai limiti di legge, ma tenere il più basso possibile il limite di legge”.

Il Sistema sanitario sta andando in direzione giusta?

Bisogna fare attenzione al regionalismo differenziato: per l’aspetto sanitario creerà una via di non ritorno per una diseguaglianza di cure per i cittadini. Il Covid ha dimostrato che il regionalismo non è efficace nel combattere grandi epidemie. Ha dimostrato come bisognerebbe tornare al Sistema Sanitario Nazionale”.

A proposito di Covid, per i dati esponenzialmente più alti in Lombardia, quanto ha influito l’inquinamento dell’aria in Pianura Padana?

“Tanto. La Pianura Padana è uno dei posti più inquinati al mondo per ragioni orografiche e antropiche. Lo stesso si è verificato in Cina e negli Stati Uniti. Non sono voci, studi lo hanno dimostrato. Il dibattito si è attestato sui motivi: qualcuno ha ipotizzato che il particolato fine potesse fungere da carrier e aumentare la permanenza in aria del virus. Altri hanno sostenuto l’ipotesi che la situazione respiratoria degli abitanti di quelle zone fosse peggiore in partenza, perché vivevano in zone molto inquinate”.