Crollo diga di Kakhovka è catastrofe ecologica: 150 tonnellate di petrolio viaggiano verso il Mar Nero

Distruzione degli ecosistemi, inondazioni, inquinamento, minacce energetiche: la distruzione della diga di Kakhovka, nell’Ucraina meridionale, potrebbe avere conseguenze ambientali e umane “senza precedenti, secondo quanto dichiarato mercoledì da diversi esperti e associazioni ambientaliste. Intanto, mentre continuano le accuse reciproche di aver portato a termine l’attacco fra Mosca e Kiev, si infila nella diatriba il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. Che, dopo aver sentito i suoi omologhi Zelensky e Putin, propone di istituire una commissione d’inchiesta internazionale, con la partecipazione di esperti delle parti in conflitto, delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, per condurre “un’indagine approfondita” ed eliminare “ogni sospetto“.

Ma nel frattempo, indipendentemente dalle responsabilità, la situazione nei pressi della diga rimane drammatica. E le conseguenze potrebbero essere ancora più catastrofiche. Secondo i funzionari ucraini, martedì si sono riversate nel fiume Dnieper 150 tonnellate di petrolio, “con il rischio di fuoriuscita di altre 300 tonnellate“, che rappresentano “una minaccia per la flora e la fauna“. Zelensky ha annunciato che la chiazza è stata portata dalla corrente verso il Mar Nero. Ma “non possiamo ancora prevedere quanta parte delle sostanze chimiche, dei fertilizzanti e dei prodotti petroliferi stoccati nelle aree alluvionate finirà nei fiumi e nel mare“, ha aggiunto.

La prima conseguenza legata al rilascio dei 18 miliardi di tonnellate d’acqua trattenuti dalla diga, però, è che il Dnieper, il quarto fiume più lungo d’Europa, subirà un grave sconvolgimento dei suoi ecosistemi, fino alle zone costiere del Mar Nero, che potrebbero essere temporaneamente desalinizzate in alcune aree, secondo l’ONG ucraina Ecoaction. Si prevede anche una “potenziale mortalità di massa degli organismi acquatici (pesci, molluschi, crostacei, microrganismi, vegetazione acquatica)” e dei roditori, alcuni dei quali sono già minacciati, “con conseguente deterioramento della qualità dell’acqua a causa della decomposizione degli organismi morti“. Il Gruppo ucraino per la conservazione della natura (UNCG) stima che le conseguenze per la fauna selvatica “si faranno sentire su un’area di almeno 5.000 km² (zona di inondazione e zona di drenaggio)” e “alcune specie potrebbero aver subito un colpo maggiore in un solo giorno il 6 giugno che negli ultimi 100 anni“. Solo per i pesci ci vorranno “almeno 7-10 anni per ripristinare” le perdite e gli uccelli che nidificano intorno alla diga (gabbiani, sterne, ecc.) scompariranno da quest’area. “Tutti gli organismi viventi che abitano il bacino di Kakhovka sono già morti o moriranno nei prossimi giorni“, stima l’associazione. Anche gli animali domestici e in cattività sono in pericolo, secondo il Fondo internazionale per il benessere degli animali (IFAW), che segnala già una “situazione disastrosa“. “I rifugi sono sommersi dalle richieste di soccorso. A Nova Kakhovka (…) un piccolo zoo è stato completamente allagato: tutti gli animali, tranne i cigni, sono morti“, spiega Natalia Gozak, funzionario dell’IFAW in Ucraina.

E non sarà di certo risparmiata la vegetazione, soprattutto quella a monte della diga, che “morirà a causa del drenaggio, mentre le aree a valle saranno inondate, compresi i complessi steppici e forestali che non sono adattati alla sommersione, con conseguente ristagno e distruzione“, prevede Ecoaction. Diversi parchi naturali nazionali ucraini, tra cui la Riserva della biosfera del Mar Nero, inserita dall’Unesco, sono direttamente minacciati.

Mentre 40mila persone vivono in zone a rischio e sono in corso evacuazioni di massa, gravi problemi per la popolazione deriveranno anche dalla scarsità d’acqua. La diga di Kakhovka, infatti, era utilizzata per fornire acqua potabile e irrigazione alla parte meridionale dell’Ucraina, che è già una delle più aride del Paese. La sua distruzione rappresenta quindi un grave rischio per l’approvvigionamento idrico di milioni di persone. Senza contare la minaccia nucleare: al momento non si rilevano rischi, ma essendo l’acqua della diga utilizzata per raffreddare la centrale di Zaporizhzhia i timori rimangono sullo sfondo. Soprattutto quelli di natura economica: “La mancanza di raffreddamento per i sei reattori significa che l’impianto non sarà operativo nel prossimo futuro, con una conseguente perdita di circa il 13% della capacità di produzione di energia elettrica dell’Ucraina“, sottolinea Malte Janssen, della University of Sussex Business School.