Trasporti, in bici 25 italiani su 100. Boom Torino e Milano

L’Italia è un Paese che ama le due ruote, anche se le infrastrutture non sempre sono adeguate. Gli utenti regolari della bicicletta rappresentano quasi il 25% della popolazione, poco meno di chi utilizza la due ruote meno di una volta alla settimana (25,9%). L’estensione complessiva delle piste ciclabili supera i 4.700 km (in crescita di oltre il 15% dal 2015). I dati, contenuti nel rapporto del Mims ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’, pubblicato a maggio, raccontano che la densità è molto maggiore nelle città del nord (57,9 km per 100 km2, contro 15,7 del centro e 5,4 del Mezzogiorno). Tra i capoluoghi metropolitani, Torino e Milano presentano i valori più elevati (166,1 e 123,3 km per 100 km2), seguiti da Bologna e Firenze (poco meno di 100).

A ottobre, è diventato legge il Piano Generale della Mobilità Ciclistica, varato dal governo Draghi. Si tratta di un documento fondamentale per lo sviluppo delle azioni per la promozione della ciclabilità a tutti i livelli, che fissa le linee guida generali da seguire per la realizzazione delle infrastrutture e l’adozione delle politiche di mobilità collegate alle due ruote a pedali. Nel dettaglio, il Piano è suddiviso in diversi capitoli che affrontano tutti i temi inerenti alla ciclabilità in Italia: dal quadro delle risorse disponibili all’analisi del sistema della mobilità ciclistica turistica ed urbana, dagli obiettivi – strategici, generali e specifici – del PGMC agli strumenti e alle azioni per la loro realizzazione nonché agli indicatori per le performance realizzative, per verificare il loro raggiungimento. Molteplici i target del Piano da raggiungere entro il 2024: tra queste, aumentare del 20% della quota modale di spostamenti in bicicletta nei capoluoghi di Provincia o Città metropolitane; incrementare la densità delle infrastrutture ciclabili sino a raggiungere il valore medio nazionale di 32 km/100kmq (23,4 km/100kmq nel 2019); sviluppare infrastrutture ciclabili negli ambiti urbani soprattutto nella vicinanza di scuole e sedi universitarie e dove si registrano i maggiori flussi ciclabili; ricavare almeno 30 posti biciclette coperti e sicuri e 30 posti nelle sedi di attività pubbliche (scuole, sedi universitarie, ospedali, ambulatori, uffici amministrativi, tribunali, sedi comunali, parchi pubblici, strutture sportive, aree produttive, commerciali e logistiche, ecc.), adeguando almeno il 25% del totale degli edifici ogni anno e prevedendo almeno il 50% dei capoluoghi di Provincia/Città metropolitana di parcheggi dedicati e/o velostazioni; dotare di rastrelliere almeno il 50% delle principali fermate del trasporto pubblico locale su gomma in ambito urbano ed extraurbano; dotare di un ricovero coperto e custodito per biciclette il 50% delle stazioni di ferrovie , metro pesante e metro leggera e prevedere dispositivi/spazi per il trasporto a bordo delle biciclette il 25% del parco mezzi del trasporto pubblico locale urbano e metropolitano e almeno il 50% quello regionale e interregionale; incrementare la densità dei percorsi ciclabili ricreativi, affinché questi rappresentino il 20% delle infrastrutture ciclabili ovvero il valore medio nazionale di 6 km/100 kmq.

LA DIFFUSIONE DEL BIKE SHARING. I capoluoghi con servizi di bike sharing sono 53 (di cui solo 8 nel Mezzogiorno). L’offerta pro capite è più che triplicata nel corso degli ultimi anni, passando da 6 a 19 biciclette ogni 10.000 abitanti tra il 2015 e il 2019. Anche in questo caso l’offerta è più elevata nei comuni capoluogo di provincia del Centro (17) e del Nord (32), a fronte di valori modesti nel Mezzogiorno (2). Il fenomeno è concentrato prevalentemente nei comuni capoluogo delle città metropolitane come Firenze (109 biciclette ogni 10.000 abitanti), Milano (96), Bologna (68) e Torino (35).

Bus sempre più green

Il piano per stimolare lo sviluppo della mobilità sostenibile

Aumentare del 10% la quota di spostamenti effettuati con forme di mobilità sostenibile, come mezzi pubblici, sharing, micro-mobilità elettrica e mobilità attiva (in bicicletta o a piedi): è questo l’obiettivo principale con orizzonte 2030 fissato a maggio dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. Un traguardo da raggiungere attraverso “un approccio organico e integrato, e aumentando la potenza d’urto degli interventi“, spiega il Mims nel report ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’. Tra le azioni principali, stimolare l’uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c’è una maggiore propensione a ricorrere all’auto privata.

Il dossier fa luce sulle problematiche che oggi frenano lo sviluppo di un modello di mobilità più sostenibile. Partendo da una considerazione: negli ultimi due decenni non è aumentata la percentuale di italiani che si serve dei mezzi pubblici. Secondo i dati dell’Osservatorio Audimob, su 100 spostamenti medi giornalieri (feriali) il trasporto pubblico ha mantenuto la propria quota attorno al 10 per cento. L’auto regna ancora incontrastata, con il 62,5% degli spostamenti con la propria vettura nel 2019 a fronte del 20,8 a piedi, del 10,8 con mezzi pubblici e del 3,3 in bicicletta. Non solo: i dati mostrano anche la forte abitudine a usare mezzi privati non solo per tragitti di ampio raggio, ma anche per quelli in contesto urbano (tra 2 e 10 km), dove si arriva al 78%.

Quali sono i fattori che tarpano le ali a un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale? Il documento nel Mims ne elenca diversi. Il primo riguarda l’offerta di trasporto pubblico, considerando che i posti-km complessivi nei comuni capoluogo di provincia nel 2019 erano il 4,5% in meno rispetto al 2010. Evidente anche il gap con il resto d’Europa per quanto riguarda le reti urbane su ferro (metro, tram e ferrovie urbane): secondo Legambiente, in Italia si arriva a 1.400 km contro i 1.900 della Francia, i 2.300 della Spagna e i 4.700 della Germania.

Altro fattore penalizzante è l’età del parco mezzi, che si traduce in una minore qualità del servizio e in un maggiore inquinamento dell’aria. Sui circa 44mila bus pubblici circolanti in Italia nel 2019, il 45% circa aveva oltre 15 anni. E, secondo i dati dell’Osservatorio sul trasporto pubblico locale, nel 2021 circa il 40% dei bus per i trasporto urbano e extraurbano era di una categoria inferiore a Euro 5, con appena l’1% elettrico. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, poi, resta ancora modesta la digitalizzazione dei servizi del Tpl. Ad esempio, nel 2019 solo il 31% dei comuni capoluogo disponeva di servizi di informazione via sms e il 35,8% offriva la possibilità di acquistare i biglietti online. Altro dato interessante contenuto in un’indagine Istat del 2019: una famiglia su tre segnala, nella zona in cui abita, abbastanza o molta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici. Il combinato disposto di tutti questi elementi porta a un basso grado di soddisfazione verso i trasporti pubblici in Italia e, di conseguenza, a un utilizzo limitato. L’indagine Eurobarometro del 2019 mostra come il 54% degli italiani si dichiari per nulla o poco soddisfatto del Tpl, valore molto più elevato di quelli di Spagna e Francia (attorno al 20%) e soprattutto Germania (circa 15%).

Per cercare di superare queste (e altre) criticità, il Mims ha definito una strategia decennale basata su obiettivi di sostenibilità di tipo economico (miglioramento della mobilità locale ed efficientamento del servizio pubblico), sociale (miglioramento dell’accessibilità e della qualità del servizio) e ambientale (cambiamento modale e riduzione delle emissioni). Da un lato, il piano mira a aumentare la domanda di mobilità sostenibile attraverso incentivi (monetari e non) per favorire l’utilizzo del trasporto pubblico locale, disincentivi all’utilizzo dell’automobile e programmazione urbana e dei trasporti integrata. Dall’altro, si punta a migliorare l’offerta di mobilità pubblica, anche in termini infrastrutturali, di innovazione tecnologica e di impatto ambientale. Da questo punto di vista, è prevista la sostituzione dell’intero parco autobus del Tpl con classe ambientale inferiore a Euro 5 e transizione green verso l’elettrico e l’idrogeno, in vista della decarbonizzazione del settore al 2050. Tra le azioni già previste nel Pnrr c’è l’acquisto entro il 2026 di circa 3.400 bus a basse emissioni e la realizzazione di infrastrutture di ricarica dedicate. Mentre, a livello di infrastrutture, spicca la realizzazione di circa 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e di circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche.

Le risorse? L’allegato ‘Infrastrutture, mobilità e logistica’ al Def 2022 prevede circa 280 miliardi di euro (+8,1% rispetto a quanto stanziato l’anno scorso) per interventi selezionati e finanziati sulla base di piani strategici redatti tenendo conto della strategia economica del Governo, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu e del Green Deal europeo. Tra gli obiettivi dichiarati c’è quello di rendere più sostenibile dal punto di vista ambientale il sistema della mobilità. Nel dettaglio, gli investimenti riguardano strade e autostrade (83,5 miliardi), ferrovie e nodi urbani (147,4 miliardi), porti (10,1 miliardi), aeroporti (3,2 miliardi), trasporto rapido di massa nelle città metropolitane (32,6 miliardi) e ciclovie (2,6 miliardi).

tram

L’Italia è in ritardo sul trasporto pubblico. Mims: “Si va verso un’evoluzione green”

L’Italia è in ritardo su mobilità condivisa e ciclabile, sia per quanto riguarda l’uso del trasporto pubblico, soprattutto nelle grandi città come Roma, Palermo e Torino, sia per la scarsa qualità del servizio urbano offerto, caratterizzato da collegamenti scarsi, vetustà del parco mezzi e basso livello di digitalizzazione.

Il Mims ha presentato oggi il rapporto ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’, che, come ha spiegato il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, “mira a far evolvere il trasporto pubblico in un sistema di mobilità locale sostenibile, per migliorare i servizi ai cittadini, ridurre l’inquinamento e la congestione delle città” . I temi, che verranno approfonditi nei prossimi mesi insieme a “enti territoriali, imprese del settore, organizzazioni sindacali e associazioni degli utenti”, riguardano la diffusione delle tecnologie digitali, il ricorso a diversi mezzi di trasporto, gli investimenti sul lato della domanda e dell’offerta dei servizi e la maggiore efficienza degli operatori e integrazione tra i servizi offerti.

Oltre all’aumento di almeno 10 punti percentuali sul ricorso a sistemi di mobilità sostenibile e al calo del tasso di motorizzazione entro il 2030, gli obiettivi strategici del Piano includono anche:

  • la riduzione della congestione nelle principali aree urbane;
  • il dimezzamento del divario territoriale in termini di accessibilità, efficienza e qualità del trasporto pubblico;
  • il miglioramento dell’accesso ai mezzi pubblici e della soddisfazione dell’utenza;
  • la sostituzione totale degli autobus di classe inferiore a Euro 5 e transizione verso veicoli a emissioni zero, in linea con gli impegni di decarbonizzazione del settore;
  • la riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di inquinamento dell’aria;
  • la diffusione dell’approccio Mobility as a Service (MaaS).

 

Tra gli strumenti per raggiungere gli obiettivi indicati, il Rapporto distingue quelli per stimolare la domanda e quelli che mirano a rendere più efficiente e sostenibile l’offerta.

I primi includono incentivi (monetari e non) per favorire il ricorso al trasporto pubblico locale o altre forme di mobilità sostenibile, nonché disincentivi (monetari e non) all’utilizzo del mezzo privato. Sul lato dell’offerta di mobilità, gli strumenti comprendono maggiori finanziamenti al Traporto Pubblico Locale (TPL), investimenti infrastrutturali (tram, metropolitane e ferrovie urbane) per aumentare l’offerta di modalità su ferro, nodi di trasporto rafforzati per favorire l’intermodalità, ciclovie e percorsi ciclopedonali, sostituzione dei mezzi più inquinanti con quelli elettrici o a idrogeno, interventi per integrare, anche grazie a piattaforme digitali, i servizi di mobilità a livello locale, miglioramento della regolamentazione, rafforzamento del ruolo del mobility manager, miglioramento delle modalità di affidamento e di gestione del servizio.

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