Vetro re del packaging: meno energia e meno Co2 di alluminio e Pet, riciclo oltre 80%

E’ riutilizzabile all’infinito senza mai perdere o degradare i suoi componenti chimici ed è riciclato quasi completamente, con un tasso stimato all’81,9% nel 2024. Il vetro sembra confermarsi come il contenitore perfetto per i cibi.

Lo studio ‘La riciclabilità dei materiali per contenitori: la specificità del vetro’, realizzato da Vincenzo Maria Sglavo dell’Università di Trento e presentato da Assovetro, mette a confronto i quattro materiali più utilizzati nel packaging: vetro, PET, alluminio e multistrato poliaccoppiato, individuandone pregi e criticità. “Questo studio ci ricorda che un corretto riciclo del packaging, anche in prospettiva di produzione, è la chiave per un futuro sostenibile”, osserva Marco Ravasi, Presidente di Assovetro. In questo panorama il vetro si presenta “con tutte le carte in regola”, ribadisce: “Può essere riusato e riciclato infinite volte senza mai perdere le sue qualità intrinseche. Il riciclo delle bottiglie scure arriva fino al 90%”. Ravasi ricorda poi che, da uno studio di Nomisma, il vetro emerge come il preferito per la conservazione a lungo termine del suo contenuto. Uno dei fattori critici resta ancora il peso delle bottiglie, ma “stiamo lavorando per realizzarle sempre più leggere” assicura. In alcuni casi si è arrivati a realizzare bottiglie da vino fermo 75cl da 300 grammi.

Lo studio di Sglavo prende in esame, per valutare l’impronta ecologica dei quattro contenitori, la produzione del materiale vergine, il processo di trasformazione e la produzione con materiale riciclato. Tra i quattro materiali per contenitori esaminati, il vetro rappresenta quello che nella sua produzione richiede i minori quantitativi di energia, e dunque è responsabile di inferiori emissioni di CO 2 ed è associabile a consumi di acqua trascurabili, se confrontato con gli altri tre materiali. I processi di trasformazione per convertire il materiale in contenitore non risultano, invece, dissimili, in termini di impronta di anidride carbonica e di energia, tra vetro, alluminio, PET e multistrato.

Quanto alla produzione di materiale riciclato si registrano sempre riduzioni nell’energia richiesta e nell’impronta di CO 2 rispetto al materiale vergine, soprattutto per l’alluminio. Tra gli up and down che emergono dallo studio, vetro e alluminio vincono la sfida del riciclo, mentre il multistrato non supera il 40%. Multistrato e allumino sono i peggiori per consumo di acqua rispettivamente con 1.350 litri e 1.000 litri ogni Kg, il vetro consuma invece solo 14 litri per chilogrammo di materia prodotta. La minor impronta di CO 2 tra i 4 contenitori esaminati si riscontra nella produzione di vetro e multistrato, rispettivamente 600 grammi per Kg e 1 Kg ogni Kg. Il minor utilizzo di energia per produrre un kg di materiale riciclato vede in testa il vetro 9 Mj/Kg, seguito dal multistrato con 24 Mj/Kg. Il vetro sconta poi la sua alta densità: una bottiglia da 500ml pesa circa 15 volte in più, ad esempio, di una lattina di alluminio della stessa capacità.

Lo studio si focalizza anche sui sistemi di raccolta differenziata e riciclo. Il vetro e l’alluminio godono di raccolte e schemi di riciclo consolidati. Il vetro dispone di una filiera che garantisce una materia prima seconda di ottima qualità per produrre nuova materia con sprechi quasi nulli. I vantaggi ambientali del vetro sono molteplici: si rimette in ciclo una risorsa mineraria, si riducono i rifiuti, si consuma meno energia e producono meno emissioni. Per ogni tonnellata di rottame utilizzata si riducono di 300 gr le emissioni di CO 2 . L’alluminio per lattine è raccolto comunemente insieme a plastiche e acciaio, da cui viene poi separato per produrre materia prima seconda. Gli aspetti critici riguardano i fenomeni ossidativi che riducono l’efficienza della riciclabilità. Il riciclo del PET per la produzione di bottiglie e contenitori ha avuto un avvio lento, con tassi di riciclo nel 2022 del 60%. Per il multistrato poliaccoppiato, solo la carta è la frazione realmente recuperata e solo due cartiere in Italia sono specializzate nel suo trattamento.

Il perdurare della crisi geopolitica e il clima di incertezza hanno fatto registrare nel 2024 un calo dei consumi in tutta Europa, Italia compresa, e di conseguenza anche della produzione dei contenitori in vetro, “vestito” d’eccellenza per cibi e bevande. Il settore dei contenitori in vetro (bottiglie, vasi, flaconeria, articoli per uso domestico) ha chiuso il 2024 con un calo della produzione del 3,4% (totale vetro cavo) rispetto all’anno precedente. In particolare, la produzione di bottiglie (3,6 milioni di tonnellate) è calata del 5%, mentre c’è stato un exploit nella produzione di vasi alimentari con un +24,5%. Per quanto riguarda il commercio estero (gennaio – novembre 2024) il trend negativo si riscontra nell’export ed import di bottiglie, rispettivamente -7,8% e -9,7%. Estremamente positivo, invece, in linea con la produzione, l’import (+44% ) e l’export (+13,8%) dei vasi. La produzione europea dei contenitori in vetro ha registrato una flessione più consistente tra la prima metà del 23 e la prima metà del 24, pari all’8% in tonnellate e al 5% in unità. Dopo una forte domanda nel 2021 e nel 2022, dal 2023 la produzione ha iniziato a calare complice la guerra in Ucraina, l’impennata dei prezzi dell’energia in Europa, il calo del consumo di alcol, l’eccesso di offerta e la riduzione della domanda di vetro per contenitori.