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Grano, parte piano straordinario controlli. Lollobrigida: “Qualità a ogni costo”

Controlli sul grano duro importato potenziati, per monitorare la filiera, nei porti di partenza e in quelli di arrivo. E’ il piano straordinario voluto dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che sul tema ha presieduto una cabina di regia con la rete degli enti responsabili dei controlli per il comparto agro-alimentare, con un confronto diretto con rappresentanti delle filiere.

Il piano parte da metà novembre. Obiettivo trasparenza: “Il Made in Italy è una garanzia di qualità e deve continuare ad esserlo. Per questo abbiamo chiesto alle nostre forze in campo un impegno straordinario, all’interno della cabina di regia, per controllare l’import e chi produce alimenti con 100% Grano italiano”, spiega il ministro.

La cabina di regia sui controlli agroalimentari, riunita per la prima volta il 13 marzo scorso, è stata creata per dotare il Paese di un sistema integrato di controllo e tutelare la produzione rispetto a eventuali concorrenze sleali a livello internazionale e al fenomeno dell’Italian sounding. Il 19 luglio sono stati presentati i risultati del primo trimestre di attività, che hanno registrato oltre 120mila controlli; in quella occasione, Lollobrigida e Adolfo Urso, ministro delle Imprese, hanno incontrato i pastai per discutere dell’equa distribuzione del valore lungo la filiera.

Secondo l‘Ismea, nel 2023 la superficie destinata al Grano duro in Italia è stata di 1,22 milioni di ettari, in sostanziale stabilità rispetto al 2022 (1,24 milioni di ettari). La produzione nazionale di frumento duro 2023 si stima intorno alle 3,8 milioni di tonnellate, dopo essere scesa a 3,7 mln nel 2022 a causa della siccità.
Puntiamo a una crescita“, fa sapere Lollobrigida, che però “tuteli il primo anello della catena, perché dobbiamo mettere in condizione l’imprenditore agricolo di produrre al giusto prezzo”.

L’Italia, al momento, importa quindi la maggior parte del prodotto. Nel primo semestre 2023 sono state importate oltre 1,2 milioni di tonnellate di grano duro (+61% rispetto allo stesso periodo del 2022). La quota di importazione (che oscilla mediamente intorno ai 2 milioni di tonnellate all’anno, un’alta percentuale di questi dal Canada) è ancora fondamentale per soddisfare il fabbisogno dell’industria. La produzione di pasta è invece di circa 3,6 milioni di tonnellate, per il 60% destinato all’export. Va detto che, a livello nazionale, il consumo pro-capite si è ridotto dell’11% negli ultimi 10 anni.

Della cabina di regia fanno parte i comandi dei carabinieri per la Tutela agroalimentare e per la Tutela forestale e parchi, la guardia di finanza, la capitaneria di porto, Agea, Agenzia delle Entrate e l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Masaf, a cui è affidato il ruolo di coordinamento operativo.

I nuovi controlli, assicura Lollobrigida, non saranno un aggravio per le imprese, ma un ulteriore “strumento di garanzia” dell’utilizzo di grano italiano, a vantaggio delle persone che acquistano e degli stessi produttori, che, ribadisce il ministro “vedono così garantito il valore della loro fatica e del loro valore nell’utilizzare una materia prima di origine nazionale”.

La necessità è anche quella di garantire equilibrio nei prezzi. Le continue fluttuazioni, dovute anche a costi di produzione in crescita e un prezzo del grano sempre inferiore, richiedono interventi che, scandisce Lollobrigida “vogliamo mettere in campo attraverso la concertazione con le rappresentanze del mondo degli agricoltori”. Per questo, l’Ismea è stato incaricato di ricostruire una catena del valore per chiarire come viene redistribuito il prezzo lungo la filiera ma anche il reddito. Si punta a un’equa distribuzione del valore aggiunto all’interno delle filiere, che è legato alla qualità che, nelle intenzioni del ministero, “deve essere preservata ad ogni costo”.

La felicità sta in un piatto di pasta: la conferma arriva dalla scienza

La pasta rende felici e a dirlo è non solo la gola, ma anche la scienza. Esiste, infatti, un vero e proprio meccanismo emozionale e neurofisiologico alla base del benessere psicofisico che si prova mangiando un piatto di pasta. Una vera e propria esplosione di felicità, pari o addirittura superiore all’emozione suscitata dalla nostra canzone preferita o da un gol della propria squadra del cuore.

Un’evidenza che per la prima volta è stata indagata e misurata scientificamente. Il prossimo 20 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Felicità – indetta nel 2012 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per incoraggiare la ricerca della felicità come scopo e diritto fondamentale dell’uomo – e l’Unione Italiana Food celebra il sentimento più bello proprio con un piatto di pasta. Ma cosa succede al cervello quando assaporiamo un piatto di spaghetti? Uno studio tutto italiano del ‘Behavior & Brain Lab’ della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm, ha indagato la sfera emotivo-gratificatoria per capire come, quanto e perché siamo felici quando mangiamo un piatto di pasta, tracciando cosa “accende” nel nostro cervello una buona forchettata di tagliatelle.

Per farlo, i ricercatori hanno utilizzato le metodologie neuroscientifiche e del brain tracking simili a quelli che servono per la macchina della verità (l’analisi delle espressioni del volto, delle attivazioni cerebrali legate alle emozioni, della variazione del battito cardiaco e della microsudorazione) su un campione di 40 soggetti (20 donne e 20 uomini) di età compresa tra i 25 e i 55 anni e senza allergie o intolleranze alimentari. Lo studio ha così individuato il tipo di reazione emotiva e il relativo grado di coinvolgimento dell’assaggio, in comparazione ad alcune attività preferite come ascoltare musica, o guardare le olimpiadi, una partita di calcio o di tennis.

La ricerca ha quindi confermato che mangiare pasta provoca uno stato emotivo-cognitivo positivo con dei risultati uguali, se non addirittura superiori, rispetto a quelli registrati con musica e sport. I quattro parametri di analisi esaminati ci dicono anche che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici. In particolare quelli legati alla famiglia. Indagando le abitudini di consumo dei partecipanti al test, alla domanda “quando mangi la pasta?”, la risposta che ha generato un punteggio più alto è “quando mi sento felice”. Il suo consumo, in particolare, è legato a momenti di condivisione familiare e amicizia. Inoltre, la maggioranza del campione (40%) identifica come comfort food proprio la pasta.

Lo confermano i dati di Unione Italiana Food: la pasta è consumata da tutti gli italiani o quasi (99%), in media circa 5 volte a settimana, per un totale di 23 kg annui pro capite che ci rende i più grandi consumatori mondiali. Dagli anni ’60 a oggi, una vasta letteratura scientifica, tra cui tre studi pubblicati sulla rivista The Lancet Public Health, hanno confermato che la pasta, ricca di triptofano e vitamine del gruppo B, è alleata del buonumore a livello nutrizionale. “I carboidrati sono delle molecole fatte di zucchero, quindi lo zucchero assunto dal nostro intestino e arrivato al cervello determina questa sensazione di benessere” afferma Luca Piretta, nutrizionista gastroenterologo e docente dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Nel tratto intestinale ci sono dei recettori del gusto che agiscono anche sul sistema nervoso centrale attraverso dei meccanismi ormonali e neuro-ormonali che ci danno una memoria dell’assunzione dello zucchero. Quando si mangiano carboidrati quindi, dice l’esperto, “si stimolano le endorfine che trasmettono una sensazione di benessere”.

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Uno studio italiano conferma: un piatto di pasta rende (tanto) felici

In cuor nostro lo sapevamo – o almeno lo speravamo – ma ora è anche la scienza a darci ragione: un piatto di pasta rende felici. Numerosi studi nutrizionali avevano già dimostrato in passato che grazie all’apporto di triptofano, un buon piatto di spaghetti stimola le endorfine e il buonumore. Quello che, però, non sapevamo è che esiste anche un meccanismo emozionale e neurofisiologico alla base del benessere psicofisico che si prova mangiando un piatto di pasta, che per la prima volta è stato indagato e misurato scientificamente. Una vera e propria esplosione di felicità, pari o addirittura superiore all’emozione suscitata dalla nostra canzone preferita o da un gol dell’Italia (purtroppo non a questi Mondiali).

Lo rivela uno studio italiano del ‘Behavior & Brain Lab’ della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm, realizzato per i pastai italiani di Unione Italiana Food. È la prima volta che la ricerca scientifica indaga la sfera emotivo-gratificatoria per capire come, quanto e perché siamo felici quando mangiamo un piatto di pasta, tracciando cosa accende nel nostro cervello una forchettata di spaghetti. Per farlo, i ricercatori hanno utilizzato le metodologie neuroscientifiche e del brain tracking simili a quelle che servono per la macchina della verità (l’analisi delle espressioni del volto, delle attivazioni cerebrali legate alle emozioni, della variazione del battito cardiaco e della microsudorazione) su un campione di 40 soggetti (20 donne e 20 uomini) di età compresa tra i 25 e i 55 anni e senza allergie o intolleranze alimentari. Lo studio ha così individuato il tipo di reazione emotiva e il relativo grado di coinvolgimento dell’assaggio di un piatto di pasta, in comparazione ad alcune attività preferite come ascoltare musica, guardare le Olimpiadi, una partita di calcio o di tennis.

Lo studio conferma che mangiare pasta provoca uno stato emotivo-cognitivo positivo con dei risultati uguali, se non addirittura superiori, rispetto a quelli registrati con musica e sport. I quattro parametri di analisi esaminati ci dicono anche che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici. In particolare quelli legati alla famiglia.

Si può parlare, quindi, di effetto ‘smile’ della pasta? “Attraverso questo studio la scienza si è messa al servizio delle emozioni per certificare che pasta e felicità sono una cosa sola – afferma Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing dell’Università Iulm, Fondatore e Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior & Brain Lab Iulm – I risultati ci dicono che sono proprio i momenti in cui mangiamo la pasta quelli che ci attivano maggiormente a livello emotivo. È, quindi, l’atto vero e proprio di assaggiare e assaporare il piatto nel suo pieno sapore a stimolare le memorie e le emozioni più positive. Questa attivazione cognitiva ed emotiva determinata dall’assaggio della pasta è così forte, piacevole e coinvolgente da persistere anche nei momenti successivi all’aver mangiato”.

Non è sorpreso del risultato Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food. “Abbiamo sempre saputo – dice – che un buon piatto di pasta rende le persone felici, ma non sapevamo perché e fino a che punto. Ora arriva la conferma da questa ricerca che abbiamo commissionato allo IULM, nella quale la pasta viene eletta a cibo della felicità, o come piace dire a noi pastai, con il miglior rapporto felicità/prezzo. E portare un po’ di felicità nelle case degli italiani, in un momento come questo, per noi pastai è davvero fonte di soddisfazione e di orgoglio”.

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