Philip Morris verso un futuro sostenibile. Obiettivo: rendere le sigarette pezzo da museo

Come possono innovazione, tecnologia e scienza svolgere un ruolo di primo piano per consentire un futuro migliore per tutti? E’ la domanda al centro della settima Technovation, organizzata da Philip Morris International presso The Cube, il centro di Ricerca e Sviluppo dell’azienda a Neuchâtel, in Svizzera. La priorità del Gruppo è spingere il mondo verso un futuro senza fumo. Perché la sostenibilità passa anche, e soprattutto, da qui per un’azienda che a oggi ha già lavorato sul risparmio idrico e sull’indipendenza energetica, per esempio con il tetto dello stabilimento di Crespellano che è uno dei parchi solari industriali più grandi d’Europa. Come già aveva sottolineato Jennifer Motles, Chief Sustainability Officer di Philip Morris International, in occasione dell’integrated report: “Riconosciamo la necessità di continuare a costruire legittimità e fiducia tra i nostri stakeholder, che sono fondamentali per la trasformazione della nostra azienda verso un futuro senza fumo e possono accelerare il ritmo con cui la raggiungiamo. Continueremo a impegnarci per sviluppare soluzioni che abbiano un impatto positivo sulla società nel suo complesso“.

Il mantra di Pmi è semplice: se non fumi, non iniziare; se fumi, smetti; se non riesci a smettere, cambia. Cambia, appunto, virando sui prodotti smoke-free. L’obiettivo è che fra 10-15 anni, sintetizza Tommaso Di Giovanni, Vice President, International Communications and Engagement, le sigarette diventino “un pezzo da museo”, e che ci si ritrovi a dire: “Vi ricordate quando la gente fumava?”. Il percorso è già ben avviato, ma secondo il Ceo di Pmi, Jacek Olczak, serve che vengano attuate politiche che promuovano l’accesso ad alternative non combustibili per i fumatori adulti. “Non si tratta più di stabilire se le alternative senza fumo siano migliori del fumo di sigaretta, ma di stabilire di quanto“, ha detto Olczak.

Secondo il Ceo, “è giunto il momento di lavorare per raggiungere l’obiettivo comune di realizzare politiche efficaci che rendano le sigarette un artefatto storico, un pezzo da museo che prenda polvere dietro le teche di vetro“. A rafforzare il concetto, Grégoire Verdeaux, Vicepresidente Senior del PMI per gli Affari Esterni, ha illustrato come nei Paesi che hanno incoraggiato il cambiamento, i fumatori sono diminuiti, come per esempio in Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Svezia, Regno Unito e Usa. La Svezia, che con il suo quadro normativo ha aiutato a sostituire le sigarette con i prodotti per via orale, come lo snus, è addirittura sulla buona strada per essere classificata come libera dal fumo nel 2023. Nel frattempo, nei Paesi che vietano o limitano fortemente i prodotti senza fumo, come Australia, Singapore, Turchia e altri, i tassi di fumo sono diminuiti a un ritmo molto più lento e, ancora peggio, in alcuni casi sono aumentati.

Esistono alternative migliori alle sigarette e i dati scientifici supportano il loro potenziale meno dannoso – sottolinea Di Giovanni -. Il pezzo mancante del puzzle è lo sforzo collettivo dei governi, della comunità della salute pubblica, della nostra industria e della società civile per rendere queste alternative accessibili ai fumatori adulti che non smettono. L’energia pulita e i veicoli elettrici hanno dimostrato che le normative governative possono favorire, e non ostacolare, l’innovazione guidata dall’industria nell’affrontare le sfide globali. Ma è fondamentale capire che l’innovazione nel vuoto, separata dalle sue condizioni abilitanti, ha poco valore. Queste sono le circostanze che ci troviamo ad affrontare oggi. Per decenni, i governi hanno giustamente condotto una guerra contro il fumo con molti mezzi. Tuttavia, si stima che oltre un miliardo di persone in tutto il mondo fumerà ancora nel 2025. È evidente che l’approccio attuale non sta funzionando abbastanza rapidamente. Non possiamo permetterci di continuare così“.

Di Giovanni (PMI): “Un mondo senza fumo in 10 anni, ma governi accelerino cambiamento”

Un mondo senza fumo e più sostenibile, dove la ricerca e lo sviluppo portino benessere a tutti. E’ il sogno di Philip Morris International. Un sogno che, in occasione del Technovation che si è svolto presso The Cube, a Neuchatel, in Svizzera, Tommaso Di Giovanni, Vice President, International Communications and Engagement, racconta a GEA.

Già tempo fa Philip Morris International ha annunciato la sua ambizione di un mondo senza fumo, a che punto siamo?

“Era il 2016 quando lo disse alla BBC il nostro Ceo, sorprendendo tutti. Poi quell’ambizione è stata condivisa con i nostri investitori. Per noi è veramente una missione e siamo ancora l’unica azienda del tabacco ad averla. Stiamo andando rapidamente in questa direzione, anche ampliando il portafoglio dei prodotti. Abbiamo cominciato con il tabacco riscaldato, ora ci sono sigarette elettroniche di vario tipo, gli snus, i sacchetti nicotinici. Dove siamo a questo punto? Diciamo che abbiamo fatto molta strada, abbiamo già 27 milioni di consumatori che hanno adottato questi prodotti nel mondo, il 71-72% che hanno abbandonato le sigarette, i nostri prodotti sono presenti in 82 mercati, più di 70 per i prodotti a tabacco riscaldato. Ad oggi più di un terzo, siamo sul 36-37%, dei nostri introiti viene da prodotti senza fumo. E in Paesi come l’Italia è più della maggioranza, in realtà. Quindi siamo già, in alcuni Paesi, fondamentalmente un’azienda di prodotti senza fumo. Questo progresso è rapido se si pensa che è stato fatto in pochi anni e e in alcuni Paesi selezionati. Certo, si può fare di più e secondo noi ci sono Paesi, inclusa l’Italia, in cui se tutti vanno nella stessa direzione nel giro di 10-15 anni si possono mettere le sigarette in un museo”.

 

Quanto incidono le politiche dei Governi in questo cambiamento?

“Io direi che hanno un ruolo importantissimo, in tutte le innovazioni a un certo punto la società e i governi devono accelerare il cambiamento. Perché altrimenti non avviene in modo così rapido. Guardiamo, per esempio, alle auto elettriche, dove i governi stanno avendo un ruolo importante, ma pensiamo a tutte le altre innovazioni che hanno cambiato la nostra vita recentemente. Ci sono Paesi che oggi addirittura proibiscono questi prodotti, come l’Argentina e la Turchia. E in quei Paesi si vedono due cose: che le persone continuano a fumare le sigarette, invece di passare a prodotti migliori, e che invece quelli che passano a prodotti migliori lo fanno tramite il mercato illecito. In Messico, per esempio, dove recentemente hanno proibito questi prodotti, un terzo della popolazione usa prodotti di dubbia qualità e provenienza, ed è ancora peggio. Fra l’altro depriva il Governo di risorse finanziarie. Invece in altri Paesi, come Nuova Zelanda e Regno Unito, che adottano una politica che non solo ammette questi prodotti sul mercato ma ne promuovono l’uso fra coloro che non smettono di fumare, si sta assistendo a una transizione molto più rapida, tanto che questi due Paesi hanno l’ambizione di ritrovarsi senza sigarette per il 2035. Quindi è possibile, però ci vuole comunicazione, informazione e un ruolo attivo delle autorità di salute pubblica e della società in generale”.

L’Italia come si pone sotto questo punto di vista?

“L’Italia è stato uno dei primi Paesi ad adottare una legislazione piuttosto progressiva, poi la questione è nell’implementazione di quella legislazione ed è forse lì che l’Italia può fare di più. In Italia c’è già una fetta preponderante della popolazione che usa prodotti senza fumo, se ci fosse più informazione ai consumatori, più incentivi perché coloro che fumano passassero su prodotti migliori, probabilmente fra dieci anni si potrebbe dire addio alle sigarette. Ci vuole un ruolo più positivo. Il quadro legislativo c’è, la questione è di implementarlo, lasciando un po’ da parte ideologie proibizionistiche che non aiutano”.

In Italia Philip Morris ha sempre investito molto…

“L’Italia per noi è sempre stato un Paese importante, è uno dei Paesi in cui abbiamo una presenza storica, è uno dei Paesi che producono tabacco di qualità e ed è uno dei Paesi che storicamente sono più aperti a questo tipo di innovazioni. L’Italia per esempio è un paese in cui, semplicemente tramite le nostre attività, noi contribuiamo a un indotto di 40.000 lavoratori, di cui 20-22mila nell’agricoltura. E’ un Paese in cui abbiamo un centro di eccellenza nella manifattura a Crespellano con un investimento di 1,2 miliardi e oltre 2mila persone che ci lavorano. Attorno a quel centro ci sono una serie di aziende che vanno dai macchinari al packaging e che sono delle eccellenze conosciute. Quindi per noi è un indotto molto importante Addirittura è stato il primo centro di manifattura e anche di formazione per gli altri nel mondo che ora sono 27. Siamo partiti da lì, e adesso stiamo investendo in altri settori. Non solo l’agricoltura, ma abbiamo per esempio quelli che si chiamano Disc che sono centri di formazione digitale a Marcianise, Taranto e Terni, in cui impieghiamo circa 700 persone. E poi abbiamo un centro per andare verso l’industria 4.0 che è anche lui è piuttosto avanzato e qualcosa di speciale che poi speriamo che contribuisca anche al di là della nostra della nostra industria. Quindi l’Italia è sempre stato un Paese importante per noi, lo è da decenni”.

Quali sono le prospettive del Gruppo per i prossimi anni?

“Io direi tre cose. La prima: dobbiamo continuare a migliorare i prodotti esistenti e ad ampliare la gamma perché. Perché come in ogni prodotto di tecnologia bisogna fare in modo che i consumatori abbiano sempre l’ultima generazione, sempre dei prodotti migliorati rispetto ai loro aspettative, un po’ come succede nella telefonia, bisogna fare in modo che le loro aspettative trovino risposte in una serie di prodotti differenziati. L’importante è dargli una scelta in modo che abbandonino le sigarette. La seconda linea di ricerca di sviluppo è quella di continuare nella ricerca scientifica: siamo arrivati a stabilire chiaramente alcuni parametri, per esempio che Iqos genera livelli significativamente inferiori di sostanze nocive rispetto alle sigarette, abbiamo fatto studi sulla tossicità, abbiamo fatto studi clinici, adesso per noi bisogna entrare sempre di più in quella che si chiama epidemiologia per verificare l’impatto di tutto questo sulla popolazione. Ciò che abbiamo visto finora promette molto bene, però quella è la nostra frontiera. E poi dobbiamo anche investire in quello che noi chiamiamo Healt Care and Wellness: ci siamo resi conto che adesso con 1.500 fra ingegneri, fisici, chimici, scienziati e i loro staff abbiamo la capacità di cominciare a costruire un futuro al di là della nicotina e qui ci siamo focalizzando su tecnologie e soluzioni in generale per il benessere delle persone. Un esempio sarebbe aerosolizzare dei composti che aiutino a dormire meglio e a rilassarsi, piuttosto che a risolvere altre problematiche. Quella è una direzione in cui stiamo andando, ne stiamo giusto mettendo le basi. E’ presto, però quella è un’altra direzione che stiamo esplorando”.