
Ex Ilva, piattaforma unitaria sindacati: “Basta mezze misure, superare lotta lavoro-salute”
I sindacati producono una piattaforma unitaria per l’ex Ilva. Con un messaggio preciso: “Il tempo delle mezze misure è finito, ora servono responsabilità e azioni concrete per il rilancio e la riconversione dell’industria tarantina”.
Al centro c’è il futuro della più grande azienda siderurgica italiana, tra le più importanti anche a livello europeo e globale, che si gioca sull’asse con Roma, dove il ministero delle Imprese e del Made in Italy aspetta il via libera degli enti locali all’Accordo di programma presentato nelle scorse settimane. Un passaggio cruciale, necessario dopo l’impasse sulle trattative di vendita con Baku Steel, che ha fatto riaprire nuovamente il negoziato anche agli altri due player internazionali interessati all’acquisto di tutti gli asset, ovvero Jindal e Bedrock Industries.
Nel documento prodotto da Fiom, Fim e Uilm al termine delle assemblee svolte martedì 22 luglio, mercoledì 23 luglio e giovedì 24 luglio, e consegnato al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, oltre che ai sindaci di Taranto e Statte, Piero Bitetti e Fabio Spada, durante il Consiglio di Fabbrica di Acciaierie d’Italia di venerdì 25 luglio, viene sottolineata “l’importanza di superare la contrapposizione tra lavoro e salute, favorendo la decarbonizzazione del sito siderurgico senza perdere occupazione”. Ecco perché le sigle chiedono al governo “risorse e investimenti certi per garantire questa trasformazione, mantenendo l’occupazione e tutelando i diritti dei lavoratori, anche attraverso misure straordinarie (prepensionamento, lavoro usurante, esposizione all’amianto e incentivi all’esodo su base volontaria)”. La piattaforma unitaria, infatti, propone “l’attivazione di screening sanitari periodici, la realizzazione di tre nuovi forni elettrici e impianti di Preridotto (DRI) dedicati, oltre al rilancio delle linee di finitura e laminazione, per riassorbire i lavoratori in cassa integrazione”. Inoltre, per i sindacati è necessario “garantire il reddito, la formazione continua e la riqualificazione, valorizzando i lavoratori degli appalti e prevedendo clausole sociali per il loro reimpiego nelle nuove attività”. Dunque, il messaggio che arriva è quello di piena condivisione della “urgenza di un futuro sostenibile che coniughi tutela ambientale e sociale”.
Il testo è accolto con favore anche dal ministro, Adolfo Urso: “Concorda pienamente nelle linee essenziali del piano di piena decarbonizzazione in continuità produttiva e occupazionale che ho presentato, con realizzazione dei tre forni elettrici e dei relativi Dri, quindi manifesta soddisfazione per il rilascio dell’Autorizzazione integrale ambientale che consente la continuità produttiva. Credo sia importante riuscire a collocare le esigenze del lavoro e dell’impresa in una fase di transizione ambientale come quella che dobbiamo affrontare – sottolinea il responsabile del Mimit -. Se riusciamo nella sfida di coniugare ambiente e impresa, lavoro e salute, laddove c’è stata la maggiore lacerazione, riusciremo a farlo nell’intero Paese”.
Intanto, le associazioni attive nella difesa dell’ambiente, Fondo Antidiossina e PeaceLink, recapitano una lettera-appello al sindaco di Taranto, chiedendogli di rinviare il voto del 30 luglio prossimo in Consiglio comunale sull’Accordo di programma, perché manca tempo “mancano i tempi tecnici minimi per poter leggere, studiare e comprendere un documento così complesso“. Emiliano, invece, si concentra sul Consiglio di fabbrica, che giudica positivamente: “Il sindacato è dell’opinione che sarebbe un dramma favorire una latente deindustrializzazione del sito siderurgico, proprio ad un passo dall’avvio dal processo che chiamiamo di decarbonizzazione e che prevede l’utilizzo dei DRI, cioè i forni a riduzione che devono sostituire gli altoforni a ciclo integrale a carbone“, dice il governatore pugliese. Che chiosa: “Ci ha chiesto di non mollare proprio adesso che siamo ad un passo dall’immaginare una fabbrica che abbatte del 95% i fattori inquinanti e non è più pericolosa per la salute pubblica come lo è stata in passato. E ci ha chiesto di non cedere questa nuova tecnologia ad altri luoghi“.