Oliver Röpke: “L’acqua è un problema urgente. Serve Blue Deal separato con fondo ad hoc”

L’acqua è una risorsa vitale, ma limitata e sempre più minacciata. Tanto che “non può più essere uno degli elementi del Green Deal”, ma deve avere una dignità a sé. Ne è fermamente convinto Oliver Röpke, presidente del Comitato economico e sociale europeo, intervistato da GEA a margine della Civil Society Week, in corso a Bruxelles.

Insediato da 10 mesi, Röpke promette di dare una sferzata al comitato, dal “potenziale enorme”, perché il momento non è semplice e serve la voce di tutti. Sono “shaky times”, ripete. L’impatto evidente dei cambiamenti climatici, dalla siccità alle alluvioni, non è l’unico a minacciare l’acqua. L’inquinamento dilaga, i consumi dell’industria diventano sempre più intensivi e le infrastrutture sempre più datate provocano uno spreco senza senso. Per questo, il cambiamento di scala deve essere a livello europeo. Perché , sottolinea Röpke, è “inaccettabile che nell’Ue ci siano persone che non hanno ancora accesso all’acqua e ai servizi igienici”.

Per proteggere le risorse d’acqua dolce e marine, l’Ue ha istituito dei quadri giuridici, ma molti degli obiettivi fissati non sono stati raggiunti. Guardando a un approccio globale, il Cese ha adottato una serie di pareri che affrontano la crisi idrica nelle diverse dimensioni, invitando le istituzioni europee a considerare l’acqua come una priorità strategica nel periodo di programmazione 2028-2034 e oltre, integrata in tutte le politiche dell’Ue.

Cosa cambierà con il Blue Deal?

“Ci sarà una politica completa e coerente, basata su principi guida e azioni concrete. Si tratta di anticipare le esigenze e di preservare e gestire adeguatamente le nostre risorse idriche comuni a breve, medio e lungo termine. L’Europa può trasformare le sfide legate all’acqua in nuove opportunità per lo sviluppo tecnologico, il progresso sociale, la creazione di nuovi posti di lavoro, le competenze e la crescita delle imprese, nel rispetto dell’ambiente. È tempo di unire le forze e trovare soluzioni comuni alla crisi sistemica dell’acqua. La nostra azione collettiva, sostenuta da una strategia idrica forte e ambiziosa a livello europeo, è l’unica garanzia per un futuro sostenibile”.

Gli investimenti necessari a realizzare tutte le infrastrutture saranno enormi, ha idea di un ammontare dei costi?

“Non parliamo di cifre, perché vogliamo iniziare dalle regole e dalla governance. Abbiamo bisogno di dati dai singoli Paesi, dati coordinati dall’Unione europea. E poi abbiamo bisogno di una strategia, di piani d’azione per gli investimenti per le infrastrutture. Ci sono già dei fondi che, ad esempio, arrivano dalla politica di coesione, ma vogliamo rendere tutto questo più coerente, con un Blue Transition Fund, come punto di accesso unico per gli investimenti sull’acqua e combinare investimenti pubblici con finanziamenti innovativi”.

In che modo i temi ambientali influenzeranno le elezioni di giugno, considerando che si fatica a trovare un punto di equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale?

“Si fatica davvero. Osserviamo una regressione, una nuova ostilità delle politiche per la transizione ambientale, anche purtroppo a livello della società civile. Questo è preoccupante perché non possiamo permettere che ci siano passi indietro sulla transizione ecologica. Dobbiamo assicurarci di raggiungere i target. Ma è anche vero che il Social Deal non è pienamente preso in considerazione. Non siamo sorpresi che ci sia una resistenza crescente”.

Aumento dei prezzi dell’energia, difficoltà nelle catene di approvvigionamento, cambiamenti climatici. Il mondo dell’agricoltura insorge e forse non è l’unico…

“Decisamente no. Gli agricoltori fanno più rumore, ma non sono gli unici a soffrire questi tempi difficili. La transizione ecologica è difficile anche per l’industria, gli investimenti nell’industria europea diminuiscono. E non dimentichiamo i cittadini, le persone comuni, i lavoratori, le famiglie che stanno soffrendo l’aumento del costo della vita. Abbiamo bisogno di investimenti o rischiamo che le transizioni ecologica e digitale falliscano”.

Ha annunciato un coinvolgimento maggiore dei giovani nel Cese, la loro voce rafforzerà anche la battaglia per l’ambiente?

“Sì, è sempre incoraggiante avere il punto di vista dei giovani. L’abbiamo visto in tante tavole rotonde sulla sostenibilità, ma anche ad alti livelli come la Cop28. I giovani sono i più preoccupati, perché sono coloro che nelle prossime decadi convivranno con le conseguenze peggiori del cambiamento climatico. La nostra idea è quella di creare corpo speciale all’interno del comitato, un gruppo di giovani, che proporremo come corpo permanente”.