Dopo il salvataggio di Uniper, Germania pronta a spendere 16 mld per Siemens Energy

Sale del 9% Siemens Energy alla Borsa di Francoforte, dopo il tonfo di -35% di giovedì e dopo il -70% rispetto a soli sei mesi fa. A far tornare gli acquisti sulla società che opera nelle turbine eoliche la volontà del governo federale tedesco di sborsare 16 miliardi di euro pubblici a garanzia della continuità aziendale della società nata nel 2020 da uno scorporo deciso dalla casa madre Siemens, che aveva precedentemente rilevato l’azienda spagnola specializzata in parchi eolici onshore, Gamesa. Il ministero dell’Economia tedesco è pronto a sostenere Siemens Energy perché considera l’azienda come un asset strategico che svolgerà un ruolo importante nella protezione delle forniture energetiche. “Il governo vuole evitare di ripetere gli errori che di fatto hanno ucciso la sua industria solare più di dieci anni fa. Questa visione sta spingendo le trattative per 16 miliardi di euro in garanzie sui prestiti”, scrive Bloomberg.

Siemens Energy è entrata in crisi per i crescenti problemi con le turbine eoliche onshore difettose: un guasto a migliaia di apparecchi ha lasciato l’azienda con un costo di riparazione di almeno 1,6 miliardi di euro insieme a una perdita netta prevista di 4,5 miliardi di euro per l’anno. Le banche sono attualmente riluttanti ad assumersi ulteriori rischi in un contesto già complicato per l’eolico: Siemens Energy e i concorrenti come Vestas, General Electric e Nordex si sono impegnati negli ultimi anni in una concorrenza “rovinosa” – scrive Spiegel – e hanno immesso sul mercato in rapida successione turbine eoliche sempre più grandi. A ciò si aggiunge la crescente concorrenza dei fornitori cinesi che entrano nel mercato globale con prezzi notevolmente più bassi.

Secondo il ministero dell’Economia, guidato dal verde Robert Habeck, il sostegno statale sarebbe a basso rischio, poiché la società ha ancora un portafoglio ordini di 110 miliardi di euro. La decisione sulla concessione di garanzie pubbliche a Siemens Energy deve avere comunque l’approvazione dei liberali, che controllano il ministero delle Finanze e hanno adottato una linea dura sulla spesa e sull’ingerenza statale nell’economia. I due ministeri stanno negoziando congiuntamente in queste ore con Siemens Energy, aggiunge Bloomberg.

Sembra un film già visto in Germania. Lo scorso anno l’importatore di gas tedesco Uniper, finito in crisi di liquidità per l’impennata dei prezzi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, fu salvato dal crac grazie a un intervento di 18 miliardi di euro deciso da Berlino. A luglio però la società ha dichiarato di aspettarsi profitti per miliardi di euro nel 2023 per il forte calo delle quotazioni del metano. E ora il direttore generale Michael Lewis ha dichiarato al ‘Rheinische Post’ che restituirà alla banca statale Kfw “l’ultima tranche di ciò che abbiamo utilizzato, per un valore di 2 miliardi di euro”. Lewis ha poi sottolineato che l’azienda ha anche bisogno di meno capitale di quello previsto dallo Stato del previsto: finora ha ricevuto 13,5 miliardi di euro di capitale proprio, altri 20 miliardi erano previsti entro il 2024, ma non sarebbero necessari.

Questo precedente sostiene il pensiero del ministro dell’Economia. “In termini di politica industriale, siamo a un punto di svolta e sarebbe sbagliato pensare che se non si affronta la concorrenza, l’economia ne trarrà vantaggio”, ha detto Habeck in un evento ad Ankara, come riporta Bloomberg. “Queste tecnologie verranno prodotte comunque e la domanda è se l’Europa dovrà importarle”. I tedeschi erano stati in prima linea a livello globale nella produzione di pannelli fotovoltaici nei primi anni 2000 grazie a finanziamenti governativi strategici, con oltre 150.000 dipendenti nel 2011. Poi il taglio ai sussidi, che portò al crollo di installazioni solari e alla perdita di circa 100.000 posti di lavoro. Al contrario la Cina da anni sovvenziona da anni la sua industria solare. Risultato: gli operatori cinesi sono diventati leader mondiali nel solare e annoverano pure 9 dei 15 maggiori produttori di turbine al mondo che costano tra il 20 e il 50 per cento in meno delle turbine europee.

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Industria eolica nel panico: la tedesca Siemens Energy chiede aiuti di Stato

A giugno la tedesca Siemens Energy aveva comunicato che “a seguito del sostanziale aumento dei tassi di guasto dei componenti delle turbine eoliche, il consiglio di amministrazione ha avviato un’estesa revisione tecnica della flotta installata e dei progetti di prodotti. Lo stato attuale della revisione tecnica suggerisce che per raggiungere la qualità del prodotto mirata di alcune piattaforme onshore, saranno sostenuti costi significativamente più elevati di quanto precedentemente ipotizzato”. E ancora: “È troppo presto per avere una stima esatta del potenziale impatto finanziario dei temi di qualità e per valutare l’impatto della revisione delle nostre ipotesi sui nostri piani aziendali”. Ebbene, in queste ore la stessa Siemens Energy – come anticipato dallo Spiegel – sta chiedendo aiuti di stato al governo federale di Berlino sotto forma di garanzie per diversi miliardi di euro.

Le banche sarebbero attualmente riluttanti ad assumersi ulteriori rischi con Siemens Energy. Ciò è dovuto alle ingenti perdite che il gruppo accumula da anni presso la sua controllata nel settore dell’energia eolica Siemens Gamesa. Nel 2017 Siemens rilevò l’azienda spagnola specializzata in parchi eolici onshore. Nel 2020 il gruppo ha scorporato l’intero business energetico e da allora Siemens Energy è quotata in borsa in modo indipendente. Dopo le rivelazioni dello Spiegel, il titolo ha perso il 35% alla Borsa di Francoforte.

Siemens Energy e i concorrenti come Vestas, General Electric e Nordex si sono impegnati negli ultimi anni in una concorrenza “rovinosa” – scrive Spiegel – e hanno immesso sul mercato in rapida successione turbine eoliche sempre più grandi. A ciò si aggiunge la crescente concorrenza dei fornitori cinesi che entrano nel mercato globale con prezzi notevolmente più bassi, del 20%. Vattenfall e Iberdrola hanno già abbandonato alcuni sviluppi quest’anno e le prospettive fosche minacciano di ostacolare gli sforzi di Xinjiang Goldwind Science & Technology, il più grande produttore di turbine eoliche, e di altri produttori cinesi di espandersi al di fuori del loro mercato interno, evidenzia Bloomberg. Infatti la stessa Xinjiang Goldwind Science & Technology ha comunicato che i profitti sono crollati del 98% a 9,4 milioni di yuan (1,29 milioni di dollari) nel terzo trimestre sebbene le installazioni siano in aumento.

Tornando al Vecchio Continente già durante il WindEurope Annual Event 2023 di Copenaghen che si è tenuto in primavera, i rappresentanti dell’industria eolica hanno lamentato di essere stati colpiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dall’instabilità globale causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dall’aumento dei tassi di interesse. E poi “è tempo di accelerare l’autorizzazione dei progetti eolici. L’autorizzazione è il principale collo di bottiglia per l’espansione dell’energia eolica. Attualmente 80 GW di energia eolica sono bloccati nell’autorizzazione in tutta Europa. REPowerEU ha apportato miglioramenti. Lo sviluppo dell’energia eolica è ora di interesse pubblico prioritario. REPowerEU ha anche proposto utili modifiche ai permessi ambientali e ha definito scadenze chiare per l’autorizzazione. Questi cambiamenti devono ora essere applicati a livello nazionale e locale“, sottolineava WindEurope. “Il Net Zero Industry Act dell’Ue vuole aumentare la capacità produttiva europea di turbine eoliche a 36 GW/anno. Ciò significa investimenti in stabilimenti esistenti e nuovi. Ma significa anche investimenti in infrastrutture di supporto come reti, porti, navi e nella forza lavoro qualificata – concludeva Windeurope – necessaria per garantire che la transizione energetica sia veramente made in Europe“.