Siclari (Ispra) al #GeaTalk: “Imprese vanno accompagnate rispettando ambiente”
La sostenibilità è una delle nuove sfide che la finanza, così come il mondo delle imprese, devono necessariamente vincere. Anche le istituzioni, europee e internazionali, si sono attivate per portare la legislazione al passo con i tempi, ma come spesso accade non tutto fila liscio. Ci sono nuovi indicatori da rispettare, imposti dalla Commissione Ue, ai quali il mondo imprenditoriale deve adeguarsi, non senza qualche difficoltà. Ed è questa la ragione per cui l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha deciso di mettere al servizio di un pezzo importante di società la propria conoscenza, i propri dati e la propria disponibilità. Un momento di confronto importante sarà il il prossimo 22 maggio, alla sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri, a Roma, al convegno ‘La sfida ambientale per la finanza sostenibile’. La direttrice generale di Ispra, Maria Siclari, ne parla al #GeaTalk (clicca qui per vedere l’intervista integrale).
Direttrice, il vostro istituto si è assunto un compito complicato ma molto importante.
“La Commissione europea ha ritenuto di intervenire per fare un po’ di chiarezza nel quadro normativo comunitario, per capire esattamente cosa è sostenibile e cosa non lo è. Rispetto a questi nuovi adempimenti che vengono richiesti alle imprese e agli investitori, noi che ci occupiamo di ambiente e non di finanza, dunque qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entriamo, rispondo che abbiamo i dati, le informazioni ambientali e statistiche, ma soprattutto sappiamo come quelle informazioni ambientali devono essere trattate. Dunque, nel momento in cui viene richiesto alle imprese e agli investitori la rendicontazione di sostenibilità, che è un nuovo adempimento, Ispra è in grado di dare anche un supporto tecnico-metodologico per comprendere le informazioni ambientali e rappresentarle nei propri bilanci“.
L’Italia a che punto è sulla sostenibilità?
“Siamo avanti. Il nostro è il primo Paese europeo che ha un’istituzione pubblica scesa in campo per dare un supporto tecnico, che noi non chiamiamo né linea guida, né raccomandazione, quindi non vincolante per il mondo delle imprese. Sentivamo il dovere di farlo per un motivo semplice: gli indicatori sono già tracciati dalla normativa comunitaria, ma dagli interlocutori che sono venuti da noi abbiamo capito che erano in difficoltà a capire come quell’indicatore deve essere popolato. Alle imprese e agli investitori diciamo di procedere a una autovalutazione, perché alcune di queste informazioni ce le hanno già nei loro bilanci, mentre altre si possono reperire fuori. E allora pensino alle nostre informazioni”.
Troppo spesso, ancora, si pensa che essere sostenibili sia ridurre, o addirittura azzerare, le spese e quindi gli investimenti.
“Sfatiamo i falsi miti. Finanza sostenibile vuol dire che il mondo finanziario è al servizio del concetto di sviluppo sostenibile dato dall’Agenda 2030 dell’Onu. Il messaggio che dobbiamo mandare è che le imprese e le istituzioni vanno accompagnate nel percorso per raggiungere questi obiettivi, che si possono ottenere anche rispettando l’ambiente. Anzi, mi sento dire: soprattutto rispettando l’ambiente, nel momento in cui abbiamo un grande vantaggio, la conoscenza e lo sviluppo tecnologico. Quindi non è un processo che arresterà lo sviluppo del nostro Paese”.
Ma come si abbattono le vecchie barriere ideologiche?
“Il mondo della finanza sostenibile nasce per questa motivazione: ci si è resi conto che il pubblico, ma anche le stesse misure del Pnrr, non erano sufficienti. Bisognava far muovere i capitali privati. Il senso non è quello di arrivare a dimostrare di essere ‘green a ogni costo’, ma fare delle cose buone per il nostro Paese avendo cura di rispettare l’ambiente. Certo, la partita adesso è importante, perché o l’impresa è in grado di dimostrare questa sostenibilità o rischia di perdere la capacità di ottenere anche un credito. E’ rilevante, ma siamo nelle condizioni di poterla giocare senza sforzare le imprese nel mondo finanziario. Bisogna, però, cominciare a raccontarlo bene questo ambiente e metterci al fianco delle imprese e degli operatori finanziari, per dire esattamente qual è la strada da seguire“.
Almeno il concetto di ESG sembra ormai essere passato, è d’accordo?
“Finalmente mi sento di dire che un’impresa, un’istituzione finanziaria deve essere capace, in un orizzonte che non è più a breve termine ma di medio-lungo termine, di integrare alle analisi finanziaria e ambientale anche quelle sociale. Naturalmente, noi mettiamo a disposizione tutta la competenza e la conoscenza e siamo pronti al confronto. Ma che ci sia anche la parte della governance e quella sociale è il salto di qualità che non solo l’Italia, ma il contesto comunitario e internazionale ormai ci chiede”.
Tra poche settimane si vota per le elezioni europee. Cosa si aspetta dalla nuova Ue?
“Penso che ci sia un percorso già attivato e che non si potrà interrompere. Vedremo poi come verrà declinato esattamente nei provvedimenti normativi, che avranno una ricaduta su ciascuno degli Stati membri. Ma è un percorso non solo europeo. Anche l’accordo di Parigi nasce da tutti gli Stati che si danno un obiettivo comune di mantenere l’innalzamento della temperatura media globale sui due gradi. Quindi, non è tanto il risultato complessivo ma la strada comune che è stata intrapresa. E io vedo che ormai c’è una maturità su una serie di tematiche, rispetto alle quali anche la nuova Europa, i nuovi organismi che si costituiranno, non potranno fare un passo indietro“.