‘La personalità dell’ape’: tutte le curiosità mai esplorate nell’ultimo libro di Stephen Buchmann

Uno degli esseri viventi più importanti per l’ambiente è più piccolo di un dito mignolo, ma per la conservazione della biodiversità è fondamentale. Con l’arrivo della primavera si torna a parlare dell’importanza delle api per la sopravvivenza della vita sulla Terra. Senza di loro, infatti, il mondo sarebbe ben diverso, e dovremmo dire addio a fiori, piante e gran parte del cibo che consumiamo quotidianamente. Per essere animali tanto speciali, però, sappiamo veramente poco su di loro.

Ci sono domande, per esempio, che non abbiamo mai pensato di porci: le api possono provare emozioni? Sono in grado di sognare o di ricordare? Come si innamorano? Come parlano tra di loro? A rispondere è Stephen Buchmann, entomologo di fama internazionale e docente presso il Dipartimento di Entomologia, Ecologia e Biologia evolutiva dell’Università dell’Arizona, nel suo ultimo libro, ‘La personalità dell’ape. Pensieri, ricordi, emozioni’, edito da Edizioni Ambiente, nella collana Connessioni, che da venerdì prossimo, 22 marzo, sarà in libreria.

Buchmann parla di api come non è mai stato fatto prima, svelando aspetti della personalità degli impollinatori e meraviglie comportamentali mai immaginati. Ad esempio, le api hanno una coscienza, ricordano e probabilmente provano emozioni: contrariamente a quello che molti pensano, le api sono insetti senzienti e perfettamente autoconsapevoli. Hanno straordinarie capacità mentali, sono in grado di ricordare, di contare, di risolvere problemi, di imparare dai loro errori e addirittura di fare progetti per il futuro. Hanno una forma primitiva di coscienza e molto probabilmente sono in grado sia di sognare che di provare emozioni e sensazioni come il dolore e la sofferenza (come ci ricorda Stephen Buchamnn, grazie a questo genere di studi sulle api si stanno facendo passi avanti sul riconoscimento della senzienza in alcuni animali, aspetto fondamentale per tutelarli legalmente).

Inoltre, le api hanno una vista tricromatica simile alla nostra e vedono il mondo in tre colori primari. Mentre per noi umani i colori primari sono il rosso magenta, il giallo e il blu ciano, per le api sono il giallo, l’azzurro e l’ultravioletto. Questo perché la loro vista è spostata verso lunghezze d’onda più corte, oltre il blu e il violetto e verso l’ultravioletto, rendendole capaci di intercettare una parte dello spettro che per noi è invisibile senza l’utilizzo di fotocamere e filtri. Come dice Buchmann, le api riescono a guardare letteralmente oltre l’arcobaleno, riuscendo a vedere quello che è invisibile ai nostri occhi.

Altra curiosità riguarda il maschio delle api: davvero si fa imbrogliare dalle orchidee? Ma secondo l’esperto si può definire un vero e proprio “inganno sessuale”. Nel corso di milioni di anni, una tipologia di orchidea detta Ophrys (nota anche come “orchidea delle api”) si è evoluta fino a modificare la forma del suo petalo centrale per assomigliare a un’ape femmina. La punta del fiore imita l’addome femminile ed è ricoperto di peli luccicanti come quello di una vera ape. Proprio come una femme fatale, questa seducente orchidea conquista un fuco dopo l’altro per aumentare le proprie possibilità di impollinazione e fertilizzazione.

Chissà quanti si sono chiesti, poi, se l’ape è una ‘madre single’. Ebbene, le api sociali che vivono in grandi colonie sono l’eccezione, non la regola. Secondo Buchmann, infatti, la vita dell’ape comune può essere descritta come quella di una madre single, sempre indaffarata e con una famiglia da sfamare con le sue sole forze. Mamma ape vive in un piccolo appartamento sotto terra, non riceve aiuto dal suo compagno (che non c’è più da un po’ di tempo) né dalle sue sorelle o da altri parenti. Ogni mattina va a lavoro per raccogliere nettare e polline dai fiori, con cui poi, una volta tornata a casa, impasterà il “pane” (il pane d’api) per sfamare i figli ancora nella culla.

Infine, alla domanda se la vista dell’ape migliora se i soggetti che le passano davanti se si muovono rapidamente, la risposta è che se potessero andare al cinema e accomodarsi per guardare un film, vedrebbero solo immagini statiche, una dopo l’altra. Per essere visti in modo continuativo dall’occhio umano, i filmati cinematografici vengono proiettati a una velocità di 24 fotogrammi al secondo. Per renderli visibili anche alle api, bisognerebbe accelerare la proiezione da 24 a circa 200-250 fotogrammi al secondo. Gli occhi di questi insetti, infatti, vedono meglio ciò che si muove rapidamente.