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Paniz (Aiel): “Aumentano vendite di stufe, raddoppia prezzo pellet”

Il gas sfiora i 300 euro/MWh, l’energia elettrica supera i 600 euro MWH. Le bollette, a fine settembre, sono destinate a esplodere. Così alcune famiglie hanno deciso, per tempo, di cambiare modo di riscaldarsi, scommettendo sulle stufe. Come conferma Annalisa Paniz, direttore generale di Aiel, Associazione italiana energie agroforestali.

Direttrice, di quanto sono aumentate le vendite di stufe?
“Secondo i primi dati disponibili del 2022 raccolti da Aiel, le stime indicano un aumento totale delle vendite di stufe e caminetti a legna e pellet del +28% a maggio rispetto ai primi 5 mesi del 2021, con una crescita del mercato interno del 8,7% (pari a oltre 56mila apparecchi), anche se parecchi hanno sostituito vecchie stufe. Più importante risulta l’aumento delle vendite all’estero, che ha registrato un +40%, per un totale di 121.102 apparecchi esportati tra gennaio e maggio 2022, con una netta prevalenza degli apparecchi a pellet (104.398, +37,3%) rispetto alla legna, che risulta comunque in crescita del +60,8%”.

La preoccupazione del momento, bolletta a parte, sembra però il prezzo del pellet… E la sua disponibilità.
“La guerra in Ucraina, l’embargo su Russia e Bielorussia, la dipendenza dell’Italia agli approvvigionamenti esteri, e una domanda ancora molto sostenuta spiegano il rialzo del prezzo del pellet di quest’anno, praticamente raddoppiato passando da 4-5 euro a 8-10 euro a sacchetto. L’approvvigionamento italiano di pellet dipende principalmente dalle importazioni: il bando all’import di legname da Russia e Bielorussia e l’ovvia riduzione dei flussi ucraini, determinano una contrazione diretta del mercato italiano del pellet non inferiore al 10% delle quantità commercializzate annualmente nel nostro Paese, mentre le sanzioni economiche hanno comportato una riduzione di materia prima idonea alla produzione di pellet, la cui lavorazione negli stabilimenti europei rendeva disponibili ingenti quantità di scarti e residui (segatura) da cui era possibile produrre pellet”.

Questa fame di pellet ha portato allo stop all’export da vari Paesi?
“Nazioni come Regno Unito, Paesi baltici e dell’Europa centro-settentrionale, che si approvvigionavano di più da Russia e Bielorussia, hanno ridotto le proprie esportazioni per soddisfare i fabbisogni interni e i flussi d’export residui hanno subìto così repentini rialzi di prezzo. A livello europeo, l’interruzione dell’approvvigionamento da Russia, Bielorussia e Ucraina ha creato una carenza complessiva stimata in circa 3 milioni di tonnellate di pellet. Stati come Bosnia Erzegovina, Ungheria e Serbia hanno introdotto misure protezionistiche per tutelare i propri mercati interni, accentuando in questo modo le difficoltà del commercio internazionale. Ma c’è dell’altro”.

Ci spieghi…
All’aumento della competizione interna al segmento domestico del mercato del pellet, si è aggiunto quello interno al settore industriale, rappresentato dalle grandi centrali nord-europee alimentate a biomasse per la produzione elettrica e cogenerazione. Lo shock nei prezzi dell’energia ha spinto questi impianti ad aumentare la produzione energetica da fonti alternative a quelle tradizionali, divenute ben più convenienti, intensificando l’approvvigionamento di pellet. Per questo motivo oggi il segmento premium (domestico) si trova a non poter competere con i prezzi a causa della concorrenza del settore industriale di Paesi come Regno Unito, Belgio, Danimarca e Paesi Bassi disposto all’acquisto anche a prezzi molto elevati, comunque convenienti rispetto ad altre opzioni energetiche”.

Sembra una tempesta perfetta…
“Certo, perché alle cause esterne si aggiungono quelle interne al settore, a cominciare dall’aumento della domanda di pellet in Europa, dovuto all’andamento positivo, appunto, delle vendite e delle nuove installazioni di generatori di calore a pellet (stufe e caldaie) in alcuni Paesi, in particolare Francia e Austria, e all’impennata dei costi energetici stimolata dalle politiche attive adottate in diversi Paesi europei per il superamento della dipendenza dalle fonti energetiche fossili. La domanda di pellet in Europa si è dunque sviluppata velocemente, ma l’offerta deve ancora reagire e adattarsi pienamente ai nuovi livelli richiesti dal mercato”.

Da qui nasce il panico, che porta i proprietari di stufe a pellet a comprare più materia prima possibile.
“Infatti, a tutto questo va aggiunto il nervosismo del mercato e dei consumatori che, avvertendo un rischio di interruzione degli approvvigionamenti durante la stagione invernale, talvolta reagiscono irrazionalmente acquistando più materiale di quanto non sia effettivamente sufficiente a scaldare la propria abitazione. Anche i comportamenti individuali, quindi, concorrono ad alimentare la diminuzione della disponibilità di pellet sul mercato. Direi: niente panico, non mancherà pellet”.

Cosa prevede allora per quest’inverno?
“Sarà difficile che la situazione attuale possa risolversi già nel corso della stagione termica in arrivo, durante la quale i flussi d’importazione da Paesi come Germania, Austria e Paesi baltici diminuiranno fisiologicamente. È perciò utile che i consumatori continuino a pianificare oculatamente e preventivamente i propri acquisti insieme ai rivenditori di fiducia, in modo da non concentrare gli acquisti nel solo periodo invernale”.

Come nel settore gas ed energia elettrica, la transizione richiederà dunque tempo anche nel pellet?
“Tutte le associazioni europee concordano sul fatto che il mercato europeo del pellet saprà reagire alle attuali sollecitazioni con un aumento dei livelli produttivi, anche se i processi di adeguamento dei livelli d’offerta avranno bisogno del giusto tempo per essere realizzati compiutamente. È prevista per il 2023 l’inaugurazione di 11 nuovi impianti produttivi in Austria, in Francia la capacità produttiva nazionale potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2028 e, anche in Italia registriamo un nuovo e recente interesse per l’insediamento di nuovi impianti locali di produzione di pellet. Sul fronte italiano, l’avvio di politiche nazionali volte finalmente ad aumentare la produzione di biocombustibili di origine nazionale sarà fondamentale per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere”.

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Il caro bollette spinge il riscaldamento alternativo: boom di stufe a pellet

Il primo trimestre del 2022 ha visto un aumento in bolletta del 94% nel prezzo del gas, e del 131% nell’elettricità rispetto allo stesso periodo nel 2021. Aumenti che non sembrano destinati a diminuire, almeno nel breve termine. Per moltissime famiglie e aziende la situazione è diventata economicamente insostenibile. Ora più che mai, dunque, c’è bisogno di una reale transizione energetica, che veda un deciso abbandono dalle fonti fossili in favore di fonti rinnovabili, antiche ma rese moderne dalla continua ricerca e innovazione del settore, come i biocombustibili legnosi.

‘PROGETTO FUOCO’, APPUNTAMENTO IN FIERA A VERONA

Ricerca e innovazione saranno al centro della nuova edizione di ‘Progetto Fuoco’, il più importante evento mondiale dedicato agli apparecchi a biomassa, con più di 800 brand con 60mila visitatori attesi. “Continuità, stabilità e programmabilità: sono le tre caratteristiche fondamentali che rendono i biocombustibili legnosi un’alternativa realmente sostenibile e inclusiva – sottolinea Raul Barbieri, direttore generale di Piemmeti -. Ma anche economicità e made in Italy: utilizzare le biomasse in modo intelligente contribuisce infatti all’abbattimento delle emissioni e alla manutenzione del patrimonio boschivo e, allo stesso tempo, genera un indotto occupazionale rilevante per il sistema Paese. È quindi il momento perfetto per continuare a scommettere su questa risorsa“.

BIOMASSA, QUELLA ‘SCONOSCIUTA’ ENERGIA RINNOVABILE

Quando si parla di energie rinnovabili si pensa sempre al solare, idroelettrico o eolico. “Spesso la biomassa viene a torto ignorata – prosegue Barbieri -. È invece una delle più importanti fonti di energia pulita in Italia e nel mondo, sfrutta il surplus delle foreste (che sono in continua crescita nel nostro Paese), che viene utilizzato al 100%, senza scarti. Può essere impiegata per la produzione di energia, per il riscaldamento della casa, per la cottura. È un settore in forte crescita, soprattutto in Italia, che ospita la più grande e migliore produzione di stufe e caminetti al mondo. In particolare, secondo i dati Aiel cresce in modo molto veloce la richiesta di pellet: il consumo è passato dal 8% nel 2010 al 22% nel 2019 con un aumento del 14% che consiste in quasi due milioni di tonnellate. Per rendere questa fonte di energia più conosciuta e ancora più pulita serve però una forte spinta nella ricerca e una comunicazione efficace in grado di far conoscere al grande pubblico questa importante risorsa“, conclude Barbieri.

ITALIA PRIMO PAESE EUROPEO PER NUMERO DI STUFE A PELLET

Secondo gli organizzatori di ‘Progetto Fuoco’ cresce in Italia l’interesse per i sistemi di riscaldamento a legna e a pellet. Dai dati ricavati da Google Trends emerge infatti come il motore di ricerca abbia fatto registrare un picco il 12 marzo, giorno in cui le ricerche si sono triplicate rispetto alla media dei due mesi precedenti. Complice il continuo rialzo dei prezzi dell’energia e del gas, e i timori legati alla guerra in Ucraina, per tante famiglie e imprese la scelta è quella di guardare sempre più alle energie rinnovabili che rappresentano oggi la giusta risposta contro crisi climatica, caro energia, speculazioni e dipendenza dagli approvvigionamenti esteri. Ma l’Italia già da diversi anni si è fatta conquistare dal pellet. Secondo i dati Aiel, associazione italiana energie agroforestali, l’Italia è il primo Paese a livello europeo per numero di apparecchi domestici a pellet installati: circa 2,2 milioni (dati del 2021 ma inerenti al 2019). Di questi, il 99% è costituito da stufe, inserti e termocamini, cucine e caldaie con potenza inferiore a 35kW, mentre solo l’1% è composto da caldaie di potenza superiore. Il consumo di pellet in Italia va dunque attribuito soprattutto al segmento del riscaldamento residenziale (95%) ed è stato stimato per il 2019 in circa 3,4 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto all’anno precedente trainato dai consumi dei mesi di marzo, aprile e maggio, particolarmente freddi rispetto agli anni precedenti. Il vero boom si è registrato nell’ultimo decennio; nel periodo 2010-2018, infatti rispetto al totale dei generatori di calore a biomasse legnose installati in Italia (in totale, circa 9,1 milioni nel 2018) le stufe a pellet sono passate dal 6% al 20%, grazie al turnover tecnologico che ha interessato soprattutto gli apparecchi tradizionali, spesso alimentati a legna da ardere come ad esempio i camini aperti, sostituiti da nuovi apparecchi a pellet, automatici e con tecnica di combustione evoluta.

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LA LETTERA A DRAGHI: SPINGERE SULLE BIOMASSE

A metà marzo Annalisa Paniz, direttrice generale di Aiel ha scritto una lettera al premier Mario Draghi per sensibilizzare il governo sulle biomasse. “La drammatica situazione in Ucraina, l’impennata dei prezzi dell’energia, i timori per la continuità delle forniture di gas hanno ulteriormente confermato la necessità di guardare con maggior attenzione al contributo che il settore produttivo delle biomasse legnose può fornire alla diversificazione degli approvvigionamenti riducendo la dipendenza energetica da altri Paesi, contrastando il caro energia e promuovendo al contempo lo sviluppo locale e la transizione energetica“, si legge nella missiva. Nella lettera Aiel approfondisce alcune delle possibili soluzioni per mitigare gli effetti prodotti dalla crisi ucraina, tra cui anche le conseguenze drammatiche per il prezzo dell’energia. “I biocombustibili legnosi – ha scritto Paniz – sono estremamente più convenienti di quelli fossili: il costo di produzione di 1 MWh di energia termica con biomasse legnose oscilla tra i 24 e i 72 euro, quello con le fonti fossili tra i 103 e i 146 euro, valori destinati a crescere ulteriormente a causa della crisi internazionale“. Fulcro delle proposte di Aiel è l’attuazione di filiere energetiche locali, per sostenere la crescita economica dei territori. “L’uso sostenibile dei biocombustibili legnosi, la cui produzione è strettamente connessa alla gestione del territorio – ha concluso Paniz -, non solo può ridurre il tasso di dipendenza dalle fonti fossili, ma anche e soprattutto limitare la dipendenza da forniture di altri Paesi, garantendo l’autonomia energetica, stimolando l’iniziativa economica e l’occupazione“.

 

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