La sfida di Nevomo: treni a levitazione magnetica a 550 km/h entro il 2030

Modernizzare” le ferrovie e “adattarle” alle tecnologie del futuro è la sfida che l’azienda polacca Nevomo si è posta nel 2017. Inizialmente specializzato nell’hyperloop, il concetto di treno ultraveloce sottovuoto reso popolare da Elon Musk, il team guidato dal CEO Przemek Ben Paczek si è presto “reso conto che ci sarebbe voluto molto tempo per costruire una rete di nuove infrastrutture di questo tipo, e che sarebbe stato anche molto costoso“, afferma il co-fondatore dell’azienda in un’intervista all’AFP. Così è nata l’idea di modificare i binari convenzionali per consentire l’uso di treni a levitazione magnetica (MagLev) per il trasporto di passeggeri e merci.

La levitazione magnetica consiste nel posizionare dei magneti sui binari e sotto il treno per creare un potente campo magnetico che permette al veicolo di levitare. Per adattare il sistema MagLev alle infrastrutture esistenti, Nevomo propone di installare una sorta di grande striscia continua in mezzo alle rotaie esistenti, chiamata “motore lineare“, e un carrello sotto al treno dotato di magneti per consentire la levitazione. In assenza di attrito, questi treni potrebbero raggiungere velocità teoriche di circa “550 km/h” sulle “linee TGV“, secondo il CEO. “Ad esempio, per la Parigi-Bruxelles ci vorranno 30 minuti, mentre oggi ci vuole più di un’ora“. I treni a levitazione magnetica sono già in funzione in alcuni Paesi, come Cina e Giappone, ma richiedono infrastrutture dedicate.

“L’idea era di trovare una soluzione tecnica per combinare il sistema ferroviario esistente con il concetto MagLev“, spiega il CEO. “Ho proposto l’idea e i co-fondatori tecnici hanno proposto delle soluzioni. Abbiamo fornito il brevetto e abbiamo iniziato l’avventura di MagRail“. Nel settembre 2023, Nevomo ha annunciato di aver completato con successo un primo test del suo treno MagLev su binari convenzionali. Secondo l’azienda, il veicolo MagRail ha levitato a un’altezza di 20 millimetri, raggiungendo una velocità massima di 135 km/h su un binario di prova di 700 metri. L’amministratore delegato di Nevomo spera che i suoi treni a levitazione magnetica ad alta velocità siano pronti “entro il 2030“.

Ma l’azienda sta anche lavorando a una tecnologia “semplificata“: il MagRail Booster, che “consente una rapida modernizzazione dei vagoni esistenti“, si legge sul sito web dell’azienda.
Non si tratta più di levitazione. Anche in questo caso, però, viene installata una fascia continua tra le rotaie (il motore lineare). Una parte viene installata sotto i vagoni esistenti, che possono così attingere elettricità dalla striscia per accelerare in salita o ripartire dopo una sosta. Grazie al MagRail Booster, i vagoni potrebbero anche circolare autonomamente sui binari, senza una locomotiva. “Con Booster, l’obiettivo non è la velocità: è la capacità, la flessibilità e la frequenza dei movimenti“, spiega Przemek Ben Paczek. Costo dell’operazione: circa 3 milioni di euro al chilometro.

Nevomo ha anche firmato una partnership con SNCF nel marzo 2023per valutare la tecnologia“. “Attualmente stiamo realizzando tre casi di studio su alcune linee dove potremmo implementare questa tecnologia per il trasporto merci e per i passeggeri“, afferma l’amministratore delegato. “Dovremmo avere i risultati nella prima parte del 2024“. Przemek Ben Paczek spera di “firmare i primi contratti per questa tecnologia quest’anno“. “Penso che inizieremo in Europa, che è la più avanzata, ma siamo abbastanza attivi anche in Medio Oriente“. L’azienda non rinuncia all’idea di sviluppare un giorno un treno hyperloop, anche se il CEO ammette che “ci vorrà ancora del tempo“.

Erin Brockovich sul treno deragliato in Ohio: “Governo insabbia disastro ambientale”

La gestione del governo statunitense del deragliamento di un treno che trasportava sostanze chimiche tossiche in Ohio è il “classico insabbiamento” di un “disastro ambientale“. L’attivista Erin Brockovich torna ad attaccare il governo Usa a un mese dall’incidente accaduto a East Palestine, a 80 chilometri da Pittsburgh, dove un treno della Norfolk Southern che trasportava cloruro di vinile – una sostanza chimica cancerogena e altamente infiammabile utilizzata nella produzione di materie plastiche – è deragliato, causando un enorme incendio e l’evacuazione degli abitanti della zona.

I residenti “sono così spaventati. Ricevono così tanti messaggi contrastanti“, ha detto Brockovich ai giornalisti durante una visita a Palestine, la seconda in meno di una settimana. “È così frustrante. È il classico insabbiamento di un disastro ambientale“, ha denunciato, criticando la compagnia ferroviaria e le autorità. “Qui c’è qualcosa che non va“.

Sono rimasta sbalordita nel sentire alcuni dei problemi di salute che i residenti stanno avendo“, ha poi aggiunto durante un incontro pubblico con la popolazione. Secondo gli organizzatori dell’incontro, i nuovi colloqui con la popolazione di East Palestine hanno lo scopo di informare i residenti sulle possibilità di intraprendere azioni legali contro la Norfolk Southern. Alcuni residenti hanno riferito, dopo l’incidente, di aver accusato una serie di sintomi, tra cui mal di testa ed eruzioni cutanee, e hanno dichiarato di temere di potersi ammalare di cancro nel giro di pochi anni.

Per rispondere alle preoccupazioni, l’EPA richiederà alla Norfolk Southern di effettuare dei test per verificare i livelli di diossina, anche se l’agenzia governativa afferma che le sue analisi indicano che la probabilità che gli inquinanti siano presenti in seguito al deragliamento è “bassa”.

Erin Brockovich è diventata celebre nel 200 grazie al film di Steven Stoderbergh che porta il suo nome. Julia Roberts, che ha portato sullo schermo la battaglia della paladina ambientalista contro una grande azienda, ha vinto un Oscar per l’interpretazione.

Treno idrogeno

La prima linea ferroviaria a idrogeno arriva in Germania. Ma non è così green

Via libera in Germania alla prima linea ferroviaria al mondo interamente a idrogeno, un importante passo avanti per la decarbonizzazione delle ferrovie, nonostante le sfide di approvvigionamento poste da questa tecnologia innovativa. Una flotta di quattordici treni, forniti dalla francese Alstom alla regione della Bassa Sassonia (nord), sostituirà le attuali locomotive diesel sui cento chilometri della linea che collega le città di Cuxhaven, Bremerhaven, Bremervörde e Buxtehud, non lontano da Amburgo. “Qualunque sia l’ora del giorno, i passeggeri viaggeranno su questa rotta grazie all’idrogeno“, spiega Stefan Schrank, project manager di Alstom.

I treni a idrogeno sono un mezzo importante per ridurre le emissioni di CO2 e sostituire il diesel, che fornisce ancora il 20% dei viaggi in Germania. Mescolano l’idrogeno a bordo con l’ossigeno presente nell’ambiente, grazie a una cella a combustibile installata nel tetto che produce l’elettricità necessaria per trainare il treno.

Progettati in Francia, a Tarbes e assemblati a Salzgitter in Germania, i treni Alstom – battezzati Coradia iLint – sono pionieri nel campo. Nel 2018 sono iniziate le prove commerciali sulla linea con la circolazione regolare di due treni a idrogeno. L’intera flotta sta ora adottando questa tecnologia.

Il gruppo francese ha firmato quattro contratti per diverse decine di treni, in Germania, Francia e Italia, e la domanda è in crescita. Nella sola Germania “tra 2.500 e 3.000 treni diesel potrebbero essere sostituiti dall’idrogeno“, stima Schrank. “Entro il 2035, circa il 15-20% del mercato regionale europeo potrebbe funzionare a idrogeno“, conferma Alexandre Charpentier, esperto ferroviario di Roland Berger. I treni a idrogeno sono particolarmente rilevanti per le piccole linee regionali, dove il costo del passaggio all’elettrico è troppo elevato rispetto alla redditività del collegamento. Attualmente, circa un treno regionale su due in Europa viaggia a diesel.

Anche i concorrenti di Alstom sono entrati in gara. La tedesca Siemens ha presentato lo scorso maggio un prototipo di treno con Deutsche Bahn, in vista della messa in servizio a partire dal 2024. Ma, nonostante queste prospettive allettanti, “ci sono delle barriere concrete” allo sviluppo, afferma l’esperto.

Perché i treni non sono gli unici ad avere sete di idrogeno. L’intero settore dei trasporti, stradale o aereo, ma anche l’industria pesante, in particolare siderurgica e chimica, si affidano a questa tecnologia per ridurre le proprie emissioni di CO2.

Anche se la Germania ha annunciato nel 2020 un piano ambizioso da 7 miliardi di euro per diventare leader nelle tecnologie dell’idrogeno in un decennio, nel Paese mancano ancora le infrastrutture – come in tutta Europa – sia per la produzione sia per i trasporti, ed entrambi richiedono investimenti colossali. “Per questo motivo, non vediamo una sostituzione del 100% dei treni diesel con l’idrogeno“, spiega Charpentier. Inoltre, l’idrogeno non è necessariamente carbon free: solo quello ‘verde’, prodotto utilizzando energia rinnovabile, è considerato sostenibile dagli esperti. Esistono altri metodi di produzione, molto più comuni, ma emettono gas serra perché sono ricavati da combustibili fossili. Prova che la risorsa è carente: la linea della Bassa Sassonia dovrebbe, inizialmente, utilizzare l’idrogeno sottoprodotto di alcune industrie, come quella chimica. Secondo l’istituto di ricerca francese IFP, specializzato in questioni energetiche, l’idrogeno è attualmente “derivato per il 95% dalla trasformazione dei combustibili fossili, di cui quasi la metà dal gas naturale“.

Tuttavia, l’Europa sta già vivendo tensioni a causa della riduzione della fornitura di gas naturale russo, sullo sfondo della guerra in Ucraina. “Le decisioni politiche dovranno stabilire in quale settore andrà o meno la produzione di idrogeno“, afferma Charpentier. Anche la Germania dovrà aumentare le importazioni per soddisfare le sue esigenze. Recentemente sono state firmate partnership con India e Marocco e un accordo per importare idrogeno dal Canada è in programma in questi giorni.

In Messico il megaprogetto treno Maya viola norme ambientali

Il governo messicano ha ripreso la costruzione di una sezione del treno turistico Maya, progetto di punta del presidente Andres Manuel Lopez Obrador, nonostante l’ordine dei giudici di sospendere i lavori per violazioni ambientali. Il cantiere ha ripreso a lavorare grazie a un provvedimento che ha classificato, a novembre, i grandi progetti di infrastrutture pubbliche come questioni di “sicurezza nazionale“.

Con l’ordine, che ha l’effetto di un decreto, López Obrador cerca di proteggere le sue riforme infrastrutturali da contestazioni legali, che ne rallenterebbero la costruzione, e di accelerare l’ottenimento di permessi e licenze.

Il Treno Maya “è un progetto di sicurezza nazionale a causa delle ferrovie“, ha spiegato ieri Javier May, direttore del Fondo Nazionale per lo Sviluppo del Turismo (Fonatur), che sta pilotando il progetto di 1.500 chilometri. Di conseguenza, il governo ha deciso di riprendere i lavori sulla sezione 5, lunga 60 chilometri, che collega le località turistiche di Playa del Carmen e Tulum sulla costa caraibica, ha dichiarato May.

La costruzione del tratto è stata ostacolata anche da modifiche al tracciato del progetto, dalla scoperta di resti archeologici, di pozzi sotterranei di acqua dolce e di fiumi sommersi. Alla fine di maggio, un giudice ha sospeso il progetto dopo diversi appelli delle ONG, che hanno accusato il treno di violare le norme ambientali. Il governo ha presentato ricorso contro la sospensione.

Ieri, Greenpeace e Save Me from the Train hanno avvertito separatamente che il governo stava riprendendo i lavori sul progetto prima della decisione finale del tribunale, che secondo loro violava la legge e minacciava gli ecosistemi della Riviera Maya, gioiello turistico del Messico.

López Obrador respinge queste accuse, affermando che provengono da “pseudo-ambientalisti” legati a gruppi di interesse e all’opposizione.

Il Treno Maya è uno dei megaprogetti di punta di López Obrador, insieme all’aeroporto Felipe Ángeles, inaugurato a Città del Messico, alla raffineria di Tabasco (sud) e alla modernizzazione di un corridoio inter-oceanico.

FS

Il grande piano Fs da 190 mld punta alla transizione ecologica

Tra i piani industriali più ambiziosi e orientati alla sostenibilità degli ultimi anni c’è sicuramente quello di Ferrovie dello Stato. Un progetto da 190 miliardi per dieci anni (2022-2031), presentato a maggio, che ha l’obiettivo di rendere il trasporto “multimodale e più sostenibile“, usando le parole dell’Ad Luigi Ferraris. Si tratta di contribuire concretamente alla transizione ecologica “non solo rendendo più attrattivo l’uso del treno, il mezzo più ecologico per eccellenza, ma anche autoproducendo da fonti rinnovabili almeno il 40% del nostro consistente fabbisogno energetico“, ha spiegato Ferraris.

Tra i goal fissati c’è l’incremento, fino al raddoppio sul 2019, del trasporto merci su ferro (al momento solo il 6% viaggia su rotaia) e la necessità di rendere le infrastrutture ferroviarie e stradali più accessibili, integrate efficacemente fra loro e resilienti, aumentando la dotazione anche per ridurre il gap tra Nord e Sud del Paese. Il Piano prevede una profonda ridefinizione della governance e una nuova struttura organizzativa, su quattro poli: Infrastrutture, Passeggeri, Logistica, Urbano. Per attuarlo, il Gruppo ha messo in preventivo 40mila assunzioni.

Attenzione particolare sarà data all’eco-transizione, con attività di efficientamento e riduzione dei consumi, unite a nuove iniziative per valorizzare i propri asset installando impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le attività del Gruppo, al momento, richiedono un consumo di energia annuo elevato, pari a circa il 2% della domanda nazionale. Per questo saranno investiti 1,6 miliardi di euro per produrre 2 GigaWattora di capacità rinnovabile per una copertura del fabbisogno di energia fino a sfiorare la metà del totale, circa 2,6 TeraWattora con un risparmio per il sistema paese da centinaia di milioni di euro. Un’organizzazione dedicata che avrà il compito di gestire l’energy management. Il Gruppo ha a disposizione oltre 30 milioni di metri quadri di aree o tetti dove sistemare impianti fotovoltaici.

Il piano punta alla riduzione delle emissioni di CO2 di circa 7,5 milioni di tonnellate annue grazie alle iniziative di business e allo shift modale verso il ferro: passaggio che, nel trasporto passeggeri, permetterà una riduzione di circa 2,8 milioni di tonnellate all’anno; mentre in quello merci la diminuzione sarà di circa 2,9 milioni di tonnellate annue.

Il gruppo Fs vuole essere Carbon Neutral entro il 2040“, ha ribadito la presidente, Nicoletta Giadrossi. “ll nostro gruppo è un operatore sistemico di mobilità a servizio dello sviluppo sostenibile del Paese. La sostenibilità è al cuore della nostra missione e ha dato forma alla nostra strategia, un cambiamento che dura deve essere sostenibile“.

I nuovi treni saranno più connessi: dovranno avere obbligatoriamente climatizzazione, prese per la ricarica delle biciclette elettriche, sistemi per la rilevazione del numero dei passeggeri a bordo, videosorveglianza interna ed esterna attraverso telecamere e monitor, e appunto una rete WiFi utilizzabile dai passeggeri. Sull’alta velocità – da Torino a Napoli e verso Venezia – Fs vuole garantire una connessione ad alta velocità, di tipo 4G.

Aereo, treno, auto o nave: cosa inquina di più? Ferraris (Fs): “Noi i più green”

Sebbene di questi tempi non si possa considerarlo ‘lineare’, dato che è soggetto a rallentamenti, ripartenze e piccole deviazioni, il processo di transizione ecologica è irrevocabile. Non si può tornare indietro, ma è possibile scegliere diversi percorsi per arrivare agli obiettivi. Ed è necessario tenerne conto anche nell’organizzazione delle vacanze e delle modalità con le quali raggiungere i luoghi di villeggiatura.

Nel caso dei trasporti, il Green deal europeo prevede la riduzione del 90% entro il 2050 delle emissioni di gas a effetto serra (Ggh) rispetto al 1990. E facilitare il passaggio a modalità di trasporto più sostenibili può dare un contributo assai rilevante al raggiungimento della quota. La parola chiave è gradualità e non per nulla il periodo interessato dalla transizione è di 60 anni. Non è infatti possibile azzerare le emissioni solamente tramite le energie alternative e rinnovabili, men che meno in questo momento storico condizionato dalla carenza di materie prime e dalla crisi energetica. Considerati i rallentamenti indotti dalla situazione geopolitica, non appare dunque un errore ritenere il Green deal Ue molto ambizioso. Il settore dei trasporti è però quello che potrebbe contribuire maggiormente al successo dell’operazione ‘sostenibilità’.

Secondo i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), il sistema trasporti rappresenta il 24,6% delle emissioni di gas serra nell’Ue 27, e i responsabili delle emissioni di CO2 sono in primis il trasporto su strada (71,8%), seguito dalla navigazione (14,1%), dall’aviazione (13,2%) e dal trasporto ferroviario (0,4%). L’Eea sottolinea che gli sforzi per ridurre le emissioni si sono moltiplicati nell’ultimo decennio, ma le concentrazioni di inquinanti atmosferici “sono ancora troppo elevate. All’inquinamento atmosferico dei trasporti, dal particolato (PM) al biossido di azoto (NO2), si aggiunge anche quello acustico, che rappresenta un altro problema per la sostenibilità ambientale, tanto che in Ue si stima che oltre 100 milioni di persone siano soggette a livelli nocivi causati dal traffico stradale, ferroviario e aereo.

Nel suo studio ‘Treno o aereo?’ pubblicato nel 2021, l’Eea conferma che comparando costi e benefici, il viaggio in treno è sempre una scelta meno dannosa per l’ambiente e che “l’impatto delle emissioni dell’aviazione è invariabilmente maggiore in base al chilometro per passeggero”. Tuttavia, secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente, “volare non è necessariamente la scelta più dannosa”, dato che spesso è l’auto ad avere il maggior impatto date le emissioni sulle lunghe percorrenze e l’occupazione bassa del mezzo (al massimo 5 persone per viaggio). Secondo l’Eea, infatti, il viaggio in treni ad alta velocità risulta essere l’opzione “più rispettosa dell’ambiente a causa dell’alto tasso di occupazione.

Il treno – spiega a GEA Luigi Ferraris, amministratore delegato di Ferrovie dello Statoè il mezzo di trasporto più sostenibile e green per eccellenza, e può giocare un ruolo chiave nel processo di transizione ecologica perché contribuisce in modo determinante a ridurre l’emissione di CO2, i picchi di traffico stradale e i conseguenti costi esterni della mobilità privata su gomma“. “Il nostro Piano Industriale 2022-2031, da 190 miliardi di euro di investimenti – aggiunge Ferraris – mira a realizzare infrastrutture sempre più moderne, interconnesse e resilienti e a rendere più attrattivo il treno, promuovendo un trasporto collettivo multimodale“. Si tratta quindi di indicazioni delle quali occorre tenere conto al momento di pianificare le vacanze: la scelta dell’opzione di trasporto più ecosostenibile (ovviamente in base alla meta da raggiungere) è il primo e forse più importante passo verso un turismo all’insegna del green.

L’Europa, contesto di riferimento del rapporto dell’Agenzia europea per l’Ambiente, è il nuovo mercato domestico per Fs, “divenuto tale anche grazie alla crescente liberalizzazione e alla spinta verso un trasporto collettivo e condiviso” precisa l’ad, che parla di sviluppo di una proposta di business, tra gli obiettivi del polo ‘Passeggeri’, uno dei quattro poli business nati per ridefinire la governance del Gruppo. “Facendo leva sui pregi della multimodalità, miriamo a sviluppare un trasporto sempre più integrato, economico, affidabile e sostenibile – spiega Ferraris -. Figura centrale sarà il cliente, al quale verranno offerte soluzioni di integrazione con un servizio che, grazie ad una piattaforma digitale, gli consentirà di pianificare, prenotare e pagare l’intero viaggio door-to-door, utilizzando più mezzi di trasporto con soluzioni su misura, basate sui bisogni individuali”.

Lo studio dell’Agenzia europea dell’Ambiente chiarisce anche la necessità di infrastrutture adeguate per la cosiddette rivoluzione green nei trasporti. La tecnologia in effetti non può essere considerata solamente per la riduzione dei consumi e la mitigazione delle emissioni, ma l’intero settore dei trasporti deve compiere il proverbiale balzo innovativo affinché anche le infrastrutture diventino sostenibili e maggiormente integrate nell’ambiente. Le reti dei trasporti al momento, infatti, hanno un grave impatto sul paesaggio perché dividono le aree naturali in appezzamenti più piccoli con effetti anche rilevanti su fauna e verde. Anche nel caso dell’innovazione infrastrutturale si può parlare di processo irrefrenabile ma, ancora una volta, è obbligatorio un equilibrio tra sviluppo e ambiente.