Tar Lazio annulla Dl Carburanti su cartello prezzi. Mimit ricorre al Consiglio di Stato

Il Tribunale amministrativo dichiara illegittimo il decreto accogliendo il ricorso delle associazioni di categoria.. Per i gestori è una "vittoria dei benzinai di tutta Italia, a lungo e a più riprese calunniati".

Il Tar del Lazio accoglie il ricorso di Fegica e Figisc e dichiara illegittimo il decreto sul cartello del prezzo medio dei carburanti del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Per i gestori è una “vittoria dei benzinai di tutta Italia, a lungo e a più riprese calunniati e presentati alla pubblica opinione come responsabili di speculazioni e furbizie sui prezzi dei carburanti del tutto infondate” e una “durissima lezione” che il Tribunale Amministrativo “impartisce a Urso e al Mimit”.

Il ministro però non arretra e dà mandato all’Avvocatura dello Stato di proporre appello al Consiglio di Stato con richiesta di sospensione degli effetti della sentenza del Tar, che prevede l’annullamento del decreto. “La decisione del TAR si limita ad affrontare questioni procedurali e non pone in dubbio la sussistenza dell’obbligo previsto dalla legge in ordine all’esposizione del cartello”, precisa palazzo Piacentini, che rivendica la bontà della norma sull’esposizione del prezzo medio regionale, che “ha ampiamente dimostrato la sua efficacia”. Questo, sottolinea il Mimit, “nonostante le turbolenze geopolitiche, come dimostrato dalla continua e progressiva discesa dei prezzi che si protrae da oltre un mese, che oggi si attestano a 1.827 euro a litro per il gasolio e a 1.838 euro a litro per la benzina. Valutazioni in calo di circa 10 centesimi rispetto a quelle del 10 ottobre scorso“.

In questi mesi, in Italia il prezzo industriale di benzina e gasolio è stato quindi inferiore a quello degli altri grandi Paesi europei e il margine lordo di distribuzione non ha subito i picchi visti nello scorso anno, “a piena tutela quindi dei diritti dei consumatori e degli stessi operatori del servizio“, si legge in una nota. Fegica e Fisc raccolgono quindi “la sentitissima e profonda richiesta proveniente dalla categoria di avere restituita dignità e onorabilità, opponendosi pure ad un metodo di confronto di mera facciata, sbrigativo e persino prevaricante”, denunciano. I presidenti delle associazioni, Roberto Di Vincenzo e Bruno Bearzi, parlano di “accanimento” del governo nel tentativo “inutile di difendere il suo operato” e di motivazioni ‘politico-strategiche’ che sostengono “meriti e risultati inesistenti”. Una lezione, tuonano, “che si sarebbe scongiurata, se solo si fosse evitato di imporre un provvedimento pasticciato e già di per sé platealmente sbagliato”. Adesso la richiesta della categoria è di affrontare le urgenze “reali” che, sostengono i rappresentanti, “ha finora provato inutilmente a proporre all’attenzione di un ministro per il momento ancora distratto dalle esigenze della propaganda”.