Eolico, inflazione e progetti a rilento: industria turbine ko, al via licenziamenti

L'energia eolica rischia di andare in crisi e di frenare la transizione energetica in Occidente. Per limitare il riscaldamento a un minimo di 1,5 gradi, il mondo dovrebbe iniziare ad aggiungere circa 390 gigawatt di parchi eolici all'anno entro il 2030, secondo l'Agenzia internazionale per l'energia. Nel 2021 è stato aggiunto solo circa un quarto di quella quantità di capacità eolica

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L’energia eolica rischia di andare in crisi e di frenare la transizione energetica in Occidente. In questi giorni General Electric e Siemens Gamesa stanno licenziando. Il colosso americano ha lasciato a casa il 20% del personale che operava nella divisioni Rinnovabili. Per limitare il riscaldamento a un minimo di 1,5 gradi, il mondo dovrebbe iniziare ad aggiungere circa 390 gigawatt di parchi eolici all’anno entro il 2030, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia. Nel 2021 è stato aggiunto solo circa un quarto di quella quantità di capacità eolica. E il Global Wind Energy Council ha affermato che probabilmente ridurrà le sue previsioni per la quantità di nuova capacità aggiunta quest’anno a livello globale da circa 101 gigawatt a 94-95 gigawatt. Ciò equivale a una crescita quasi nulla rispetto al 2021.

Il problema è che i grandi produttori occidentali di turbine non riescono a far profitti, anzi perdono soldi. Quelli europei si trovano “tutti in difficoltà finanziarie“, ha detto pochi giorni al ‘Financial Times’ Jon Lezamiz Cortázar, responsabile globale degli affari pubblici di Siemens Gamesa: “Tutto sta diventando molto più costoso in una catena di approvvigionamento già tesa”. Se la situazione non migliora, “può succedere che il Green Deal europeo sarà installato con tecnologia non europea”. L’inflazione e il rincaro dei materiali chiave, come l’acciaio e il rame, hanno fatto aumentare i costi di produzione delle turbine. Ma i lunghi tempi di consegna e i prezzi bloccati dai clienti con anni di anticipo hanno reso difficile per i produttori il trasferimento dei costi sui clienti finali. Molti ora hanno iniziato ad aumentare i prezzi e a rinegoziare i contratti con i clienti, ricorda il Financial Times. Azioni che non bastano per salvare i bilanci.

La crisi per l’eolico è iniziata con la pandemia, provocando interruzioni della catena di approvvigionamento e un aumento dei costi per i materiali e le spedizioni. Ma i problemi – secondo l’analista di Credit Suisse, Mark Freshney, sentito da Bloomberg – sono iniziati a metà degli anni 2010, quando i governi hanno iniziato a ritirare generosi sussidi e rendere più competitive le gare d’appalto per gli sviluppatori di energia rinnovabile. Questo ha alimentato la pressione per ridurre i prezzi delle turbine, comprimendo i profitti dei produttori.

Poi c’è un tema pratico: servono tanti permessi e pareri politici prima di avviare un impianto. Col rischio, sempre dietro l’angolo, di essere bocciato dalla cittadinanza locale. Per Morten Dyrholm, responsabile globale del marketing e degli affari pubblici di Vestas Wind, le istituzioni devono fare di più per proteggere l’industria eolica nazionale, riformando il processo di approvazione per rendere più veloce l’ottenimento dei permessi per nuovi progetti. “Le catene di approvvigionamento sarebbero in condizioni migliori se ci fossero abbastanza progetti da realizzare“, ma possono richiedere fino a 10 anni per essere approvati, ha affermato Dyrholm al Financial Times.

Sempre al quotidiano della City, l’amministratore delegato del Global Wind Energy Council, Ben Backwell, ha avvertito che “la minaccia della concorrenza cinese è in aumento. Adesso possono eguagliare i produttori di turbine occidentali, cosa che non era il caso in passato“. Backwell ha poi aggiunto che i produttori cinesi stanno “interrompendo” i progetti nei mercati emergenti, per concentrarsi di più sull’Europa.

Un rallentamento nella produzione di turbine anche negli Stati Uniti – scrive Bloomberg – rischia di indebolire ulteriormente l’indipendenza energetica del Paese. L’America conta già sui produttori cinesi per gran parte della sua fornitura di pannelli solari, una dipendenza che ha contribuito alle tensioni commerciali tra i due colossi. Ora, i concorrenti cinesi vedono opportunità nel mercato eolico. Aziende come Xinjiang Goldwind Science & Technology Co., Envision Group e Ming Yang Smart Energy Group intendono investire in stabilimenti all’estero per conquistare quote di mercato.