L’indice dei prezzi delle bevande della Banca Mondiale è diminuito da inizio a metà maggio, dopo aver raggiunto il livello record nell’aprile 2024. Comunque “quest’anno, si prevede che l’indice sarà in media superiore di oltre il 20% rispetto al 2023, con una diminuzione prevista nel 2025 con l’ingresso di nuove forniture nel mercato. Tuttavia, l’emergente La Niña potrebbe causare perturbazioni legate alle condizioni meteorologiche, mettendo a rischio questa previsione“, si legge in un report basato sul Commodity Markets Outlook dell’aprile 2024, un rapporto di punta pubblicato dalla Banca Mondiale. Fra i prezzi che sono saliti c’è quello del tè. I produttori della bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua stanno affrontando sfide senza precedenti a causa del cambiamento climatico e delle tensioni geopolitiche. Le quotazioni medie globali del tè sono aumentate del 50% nell’ultimo anno, con un incremento significativo del 34% solo negli ultimi tre mesi.
La Fao stima che nel 2021 siano state consumate globalmente 6,4 milioni di tonnellate di tè, una bevanda che fa lavorare circa 13 milioni di persone, di cui nove milioni sono piccoli agricoltori. Tuttavia, numerosi fattori al di fuori del controllo dei contadini stanno complicando la produzione. Il tè viene coltivato in oltre 60 paesi, principalmente nei continenti asiatico e africano. La Cina è il maggiore produttore, fornendo il 47% del tè mondiale nel 2022, seguita da India, Kenya e Sri Lanka. Gli attacchi degli Houthi yemeniti nel Mar Rosso hanno interrotto le tradizionali catene di approvvigionamento negli ultimi sei mesi, costringendo le navi a reindirizzarsi attorno alla punta meridionale dell’Africa. Dato che tra l’11% e il 15% del volume del commercio marittimo globale passa attraverso il Mar Rosso, questo reindirizzamento ha causato problemi e rincari.
Oltre alle interruzioni delle spedizioni, anche la guerra tra Russia e Ucraina ha creato ulteriori ostacoli per i produttori di tè. La carenza di fertilizzanti sta causando gravi problemi ai coltivatori. La Russia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di fertilizzanti a livello globale, rappresentando il 14% del commercio di urea e l’11% del commercio di fosfato nel 2020. Se combinato con la Bielorussia, secondo l’International Food Policy Research Institute (IFPRI), rappresentava anche il 41% del commercio globale di cloruro di potassio. I prezzi dei fertilizzanti hanno subito una significativa impennata quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022. Sebbene le sanzioni non abbiano preso di mira specificatamente i fertilizzanti, hanno comunque complicato il trattamento del commercio russo, causando il blocco di 400.000 tonnellate di fertilizzanti nei porti dell’Ue per diversi mesi prima di essere infine rilasciate ai paesi africani. I Paesi Bassi hanno rilasciato la loro prima spedizione di 20.000 tonnellate di fertilizzanti russi al Malawi nel novembre 2022, mentre la Lettonia ha rilasciato la sua prima spedizione in Kenya nell’aprile 2023, più di un anno dopo l’invasione iniziale. Anche i fertilizzanti sono stati colpiti da tensioni geopolitiche più ampie e la catena di approvvigionamento si trova ad affrontare gli stessi rischi del settore del tè, rendendola vulnerabile all’aumento dei prezzi. La prima nave affondata dal gruppo ribelle Houthi, la Rubymar, trasportava 41.000 tonnellate di fertilizzante.
A causare problemi ai produttori di tè ovviamente c’è anche il clima che cambia. L’impatto della recente ondata di caldo in tutta l’Asia, con temperature di 40°C, ha portato siccità ai coltivatori in diverse economie chiave per la coltivazione del tè, che invece richiede condizioni specifiche, tra cui temperature fresche, abbondante esposizione al sole e pioggia sufficiente.