Volata finale per la Cop28. Onu: “Non c’è un minuto da perdere”

Alla vigilia della chiusura di domani, si accelera sui negoziati. A Dubai si discute del destino dei combustibili fossili

Alla vigilia della conclusione della Cop28 di Dubai – la Conferenza internazionale sul clima dell’Onu che si chiude domani negli Emirati Arabi Uniti – sono proprio le Nazioni Unite a chiedere di spingere sull’acceleratore. “Non abbiamo un minuto da perdere” e tutti i Paesi presenti “devono evitare inutili blocchi tattici” è l’esortazione di Simon Stiell, capo dell’agenzia Onu per il clima. “Siamo qui per discutere due questioni”, ha spiegato, citando la riduzione delle emissioni di gas serra e i “modi” per sostenere la transizione dei Paesi meno sviluppati. In sintesi: è ancora necessario trovare un compromesso sull’eliminazione graduale o almeno sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, garantendo al contempo i finanziamenti per i Paesi più poveri. Le due questioni sono inestricabilmente legate, ha precisato Stiell. “Ogni passo indietro rispetto alla massima ambizione costerà milioni di vite”, ha dichiarato ai giornalisti, sottolineando la sua opposizione a una politica di piccoli passi.

A ribadire la necessità di uscire dai combustibili fossili è anche il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, che ha invitato i negoziatori della Cop28 a mostrare “massima flessibilità” e “buona fede” per garantire l’eliminazione graduale queste fonti di energia. È “essenziale”, ha spiegato parlando con i giornalisti, che il testo finale, che dovrebbe essere adottato martedì, “riconosca la necessità di eliminare gradualmente tutti i combustibili fossili entro un calendario coerente con il limite di 1,5°C” sul riscaldamento globale.  “Questo non significa che tutti i Paesi debbano eliminare gradualmente i combustibili fossili nello stesso momento”, ha aggiunto Guterres, facendo eco alla richiesta di alcuni Paesi in via di sviluppo di avere più tempo a disposizione rispetto alle nazioni più ricche. “E’ una corsa contro il tempo” per trovare un compromesso, ha ribadito Guterres.

A dimostrazione della ‘febbre’ dei negoziati alla vigilia della fine prevista della conferenza, oggi sono stati cancellati all’ultimo minuto diversi eventi pubblici annunciati. Una nuova bozza di accordo è attesa per questa mattina. “Stiamo ancora aspettando il testo”, spiega il capo di un grande blocco di Paesi, sconfortato dal fatto di non avere ancora nuove opzioni da commentare. Questo nuovo documento darà il via a un’intensa fase di negoziati, potenzialmente seguita da una o più notti insonni per migliaia di delegati e osservatori. In 28 anni, raramente le Cop si sono concluse in tempo.

Ma il presidente emiratino della Cop28, Sultan Al Jaber, capo della compagnia petrolifera nazionale, ha promesso un accordo “storico” il 12 dicembre, anniversario dell’accordo di Parigi, il cui obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C è la sua “stella polare”. “Tutti devono mostrare flessibilità”, ha dichiarato domenica. “Dobbiamo muoverci molto, molto, molto più velocemente”. Il nuovo testo atteso per oggi, probabilmente punteggiato da opzioni o formulazioni tra parentesi, metterà alla prova la sua capacità di forgiare un compromesso nelle ultime ore, dato che questa volta viene redatto sotto la sua guida.

Finora, i delegati e i ministri dei Paesi hanno fatto pochi progressi, nonostante i frenetici negoziati e i molteplici e più discreti incontri bilaterali nel formicaio climatizzato del Dubai Exhibition Centre. Le parti attendono il nuovo testo prima di “scoprire le loro carte”, spiega una fonte vicina alla presidenza della Cop.
Sempre più isolata, l’Arabia Saudita, il più grande esportatore di petrolio al mondo, l’Iraq e alcuni dei suoi alleati si mantengono sulle loro posizioni ostili a qualsiasi abbandono o riduzione dei combustibili fossili, puntando sulle incipienti tecnologie di cattura del carbonio e brandendo la minaccia di uno sconvolgimento dell’economia globale. Eppure, dalle Ong ai negoziatori, c’è la sensazione condivisa che un accordo non sia mai stato così vicino a segnare l’inizio della fine di petrolio, gas e carbone, la cui combustione dal XIX secolo ha alimentato la crescita economica globale al costo di 1,2°C di riscaldamento climatico.