Cop30, ong Ciel denuncia: “Oltre 500 lobbisti della cattura della CO2 a Belem”

Il timore è che le aziende continuino a emettere la stessa quantità di gas serra di oggi, contando su ipotetiche catture future per compensare le emissioni

Sono circa 500 le aziende o le istituzioni che promuovono le tecnologie di cattura del CO2 – accusate di ritardare l’abbandono del petrolio e del gas – presenti alla Cop30 che entra nella seconda settimana di lavoro a Belem, in Brasile. Il Centro per il diritto ambientale internazionale (Ciel), con sede a Washington e Ginevra, ha analizzato l’elenco dei circa 42.000 partecipanti accreditati alla conferenza sul clima di Belém pubblicato dalle Nazioni Unite e, secondo un elenco fornito in esclusiva all’AFP, sottolinea che 531possono essere definiti “lobbisti della cattura e dello stoccaggio del carbonio” (CCS, in inglese), nome dato a queste tecniche volte a catturare la CO2 nell’aria o direttamente dai camini industriali e a stoccarla in modo permanente nel suolo. Questo dato supera quello della Cop28 di Dubai e della Cop29 di Baku (475 e 480 persone), nonostante l’affluenza fosse maggiore.

Queste tecnologie sono ritenute necessarie, in piccola parte, dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), in particolare per decarbonizzare l’industria del cemento o dell’acciaio. “Il CCS ha una storia pluridecennale di promesse eccessive e non mantenute”, denuncia il Ciel, citando tra l’altro uno studio del 2024 pubblicato sulla rivista Nature secondo cui quasi nove progetti su dieci non raggiungono i loro obiettivi di cattura.

Il timore è che le aziende continuino a emettere la stessa quantità di gas serra di oggi, contando su ipotetiche catture future per compensare tali emissioni, senza alcuna garanzia che queste tecnologie diventino disponibili ed efficaci nella misura necessaria.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), le tecnologie a emissioni negative, attraverso la cattura di CO2 dall’atmosfera, dovrebbero essere moltiplicate per 100.000 entro il 2050 per raggiungere l’obiettivo di un mondo a emissioni zero, una sfida colossale.

“Abbiamo bisogno della cattura del carbonio, perché supereremo il limite di riscaldamento”, ha dichiarato all’AFP il senatore democratico americano Sheldon Whitehouse, figura di spicco nella lotta al cambiamento climatico al Congresso, presente sabato a Belem e sostenitore della CCS. “Ma questo non può essere un pretesto per inquinare di più”, avverte.

Il Ciel definisce lobbisti del CCS tutti i partecipanti alla Cop30 che promuovono apertamente queste tecnologie, come i membri della Taiwan Carbon Capture Storage and Utilization Association o dell’istituto australiano Global CCS. Il conteggio include anche le persone la cui organizzazione ha partecipato o sostenuto progetti di cattura del carbonio, come censiti dall’Agenzia internazionale per l’energia. “Non possiamo sapere esattamente di cosa parleranno queste aziende” alla COP, spiega l’autore dell’analisi di Ciel, Barnaby Pace. “Ma mostriamo chi c’è e quali sono gli interessi di queste aziende”.

L’elenco di Ciel, che coincide per l’80% con quello dei “1.602 lobbisti” dell’industria fossile censiti da altre Ong la scorsa settimana, comprende anche tutto il personale presente delle compagnie petrolifere e del gas, private e pubbliche. Tra queste, dominano le compagnie nazionali cinesi e brasiliane, con una ventina di rappresentanti individuati, seguite dai quindici dipendenti della compagnia petrolifera texana Occidental Petroleum (Oxy). Quest’ultima è specializzata da decenni nello sfruttamento di pozzi in fase di esaurimento grazie all’iniezione di CO2, e per questo motivo è tra i pionieri della cattura del carbonio.

Ciò dimostra “gli sforzi considerevoli compiuti dall’industria dei combustibili fossili per garantire il proprio futuro vendendo l’idea che i governi e le aziende possano ‘depurare’ il loro utilizzo di carbone, petrolio e gas”, denuncia l’Ong Ciel. Una quarantina di lobbisti segnalati da Ciel fanno parte delle delegazioni ufficiali, in primo luogo Brasile, Russia, monarchie petrolifere del Golfo e Giappone.