Roma è pronta a ospitare, da lunedì 24 a mercoledì 26 luglio, il secondo summit dell’Onu sui sistemi alimentari. Un evento “prioritario nell’agenda politica internazionale”, spiega Stefano Gatti, Inviato Speciale della Farnesina per la Sicurezza alimentare. “Le conferme continuano ad arrivare in maniera importante“, fa sapere: 173 Paesi hanno registrato la partecipazione sui 192 dell’Onu invitati. Saranno presenti quindici tra capi di stato e oltre 70 ministri. “Ci si aspetta di toccare quota 2mila partecipanti registrati”, anticipa.
La tre giorni sarà strutturata con una serie di sessioni continue e parallele e si aprirà con gli interventi della premier italiana Giorgia Meloni e del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. “Verrà sfogliato l’album delle sfide della sicurezza alimentare“, scandisce Gatti.
Il Summit si tiene nella sede della Fao, e il primo panel vedrà la partecipazione anche del Direttore generale QU Dongyu e dei primi ministri di Etiopia, Bangladesh, Samoa e Nepal.
L’obiettivo è esaminare i progressi rispetto agli impegni presi in occasione del primo vertice del 2021, comprendere quali sono stati i successi, eliminare le strozzature, stabilire le priorità.
Un appuntamento lungo il percorso dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con particolare riguardo all’obiettivo 2, quello della Fame Zero. “Perché sia raggiunto, serve più responsabilità oggi perché il tempo che abbiamo a disposizione è limitato“, sollecita il vicedirettore della Fao, Maurizio Martina. Il compito del vertice, sostiene, è “mettere a terra impegni che consentano di raddoppiare gli sforzi. Se non cambiamo rotta, i dati ci dicono che al 2030 avremo ancora 600milioni persone in area critica dal punto di vista alimentare, mancheremmo completamente l’obiettivo 2″. Per raggiungerlo, osserva, non si possono trascurare i cambiamenti climatici in atto, che aggravano il problema della fame. “Gli obiettivi devono viaggiare insieme, anche se non è scontato”, afferma.
Il Vertice giunge in un momento in cui, nel mondo, 783 milioni di persone affrontano la fame, 122 milioni in più dal 2019 a causa della pandemia e dei ripetuti shock climatici e i conflitti, secondo l’ultimo rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo.
Anche la capacità delle persone di accedere a diete sane si è deteriorata: più di 3,1 miliardi di persone – ovvero il 42% – non erano in grado di permettersi una dieta sana nel 2021.
Nel futuro immaginato nel primo vertice Onu sui Sistemi Alimentari del 2021, a New York, c’è una trasformazione dei sistemi alimentari, che comprende cambiamenti nella produzione, nello stoccaggio, nel consumo e nella gestione dei rifiuti.
Quello che occorre effettivamente, conferma Alberto Cogliati, vicepresidente dell’Ifad, è una “nuova architettura finanziaria alimentare” che permetta di raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’Agenda 2030. Il costo è stato calcolato e appare molto alto: 400miliardi di dollari all’anno è la cifra che occorre fino al 2030 per raggiungere gli obiettivi. “Non è così ambizioso – precisa – se li confrontiamo con i 10 trilioni di ricavi del sistema alimentare globale“. Il vero costo è quello di non agire: 12 trilioni di dollari calcolati, in danni ambientali, economici e sociali.