Poco meno di 7mila abitanti, proprio dove inizia la provincia di Vercelli. Non lontano dal capoluogo piemontese, ma vicino alle colline del Monferrato. Trino è uno di quei comuni come ce ne sono tanti, da nord a sud, ma la sua storia è di quelle che si fa ricordare. Qui, a metà degli anni ’60 del secolo scorso, entrò in servizio una delle quattro centrali nucleari italiane, la Enrico Fermi. Attiva fino al 1987 – quindi poco dopo il disastro di Chernobyl – fu chiusa dopo il referendum con cui gli italiani dissero ‘no’ a questa forma di energia. Alla fine degli anni ’90 la proprietà della centrale fu trasferita a Sogin, con il compito di bonificare l’area e procedere allo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Da allora sono successe molte cose, ma l’Italia non ha ancora un deposito nazionale destinato alle scorie, cioè un’infrastruttura ambientale di superficie in cui mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia, sia quelli relativi alle vecchie centrali ormai dismesse sia quelli prodotti, ad esempio, dal mondo sanitario.
E Trino che ruolo ha? Nel decreto Energia approvato una manciata di giorni fa dal governo è stata introdotta una norma che permette ai siti militari e ai comuni di autocandidarsi come sede del deposito. Già, perché nessuna delle aree idonee individuate da Sogin ha dato la propria disponibilità. E Trino non è stato nemmeno considerato adatto. Ora, però, il sindaco Daniele Pane (FdI) si dice pronto a rimettersi in gioco e apre a questa possibilità perché, dice a GEA, “c’è un problema serio e va risolto”.
Sindaco, nonostante le critiche ricevute da più fronti, lei vorrebbe rilanciare Trino come sede del deposito nazionale delle scorie. Perché lo fa?
“Per due motivi molto semplici, innanzitutto il deposito unico nazionale è necessario a tutta Italia, è un obbligo previsto dalla normativa europea, e in particolare è indispensabile per noi che tra Trino e Saluggia deteniamo la maggior quantità di radioattività italiana lungo il Po. Da lì vanno spostati subito. Il secondo motivo è determinato dal fatto che nessuno dei siti attualmente individuati si è dato disponibile e quindi rischiamo di trasformare i depositi temporanei in definitivi lì dove sono”.
Crede che il provvedimento del governo sia stato fatto proprio per agevolare la sua posizione?
“Assolutamente no, credo semplicemente che questo governo, come tutti gli altri che l’hanno preceduto, si sia accorto che senza la condivisione con i territori sarà impossibile realizzare il deposito e quindi aprono a questa possibilità, un po’ come avvenuto in Spagna dove è stata fatta una gara pubblica. Sono certo che non sarò l’unico a darsi disponibile quando e se la norma verrà approvata anche dal Parlamento”.
Il governatore Alberto Cirio dice che il Piemonte ha già fatto la sua parte e quindi è contrario a ospitare il futuro deposito. Come gli risponde?
“Guardi, io la vedo un po’ come è stato per i vaccini anti Covid: credo nella scienza e nella tecnologia. Rispetto il presidente Cirio, un grande uomo che ha saputo guidare la Regione egregiamente in un momento difficilissimo, ma su questa partita ci troviamo in disaccordo. Il ‘Not in my backyard’ oppure quell’“abbiamo già dato” non fanno parte del mio vocabolario. C’è un problema, anche serio, va risolto e io farò la mia parte per mettere in sicurezza i miei cittadini, la mia famiglia e il futuro della mia città. Al presidente e ai media mi permetto di suggerire di incontrare e parlare con chi di impresa e scienza si occupa di continuo: le università piemontesi e le associazioni industriali e vedere loro cosa ne pensano”.
Quali sono i prossimi passaggi che intende fare in merito al deposito delle scorie?
R. “Come dicevo, se e solo se dopo la pubblicazione della Cnai nessuno dei territori dovesse darsi disponibile e se il decreto verrà convertito in legge, discuteremo del tema in Consiglio comunale e daremo ampia informazione imparziale alla cittadinanza, organizzando incontri pubblici per chiarire ai cittadini tutti gli aspetti relativi a cosa sarà il deposito. A quel punto se il Consiglio mi autorizzerà a presentare l’autocandidatura lo farò e attenderemo le valutazioni degli esperti e dei ministeri. Come vede, ci sono ancora molti ‘se’ al momento, è ancora tutto prematuro. Vedremo”.
Alla Cop28, 22 Paesi hanno chiesto di triplicare l’energia nucleare entro al 2050. Qual è la sua posizione in merito a questo?
“Personalmente sono sempre stato a favore del nucleare, manifestando il mio pensiero in molte occasioni anche pubbliche, ma da ben prima che tornasse centrale nel dibattito. Mi davano del matto anche allora, era il 2009/2010, come fanno ora per il deposito… Ora si sta dicendo a livello mondiale che non si potrà mai decarbonizzare il mondo senza il contributo del nucleare… quello che dicevo 14 anni fa… vedremo come andrà per il deposito, ma spero di non dover aspettare altri 14 anni. Serve per la sicurezza di tutti, e siamo già terribilmente in ritardo”.