Diciassette evacuati, allagamenti, esondazioni, frane e smottamenti. E’ il bilancio dell’ondata di maltempo che ha colpito il nord Italia e che nelle prossime ore interesserà anche le regioni del Sud e del medio versante adriatico, con pioggia intensa e forti raffiche di vento. La protezione civile nazionale ha emesso allerta rossa per rischio idraulico su alcuni settori del Veneto e arancione su parte di Emilia-Romagna e Veneto. Allerta gialla, invece, in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e sull’intero territorio di Trentino Alto Adige, Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Al momento il bilancio è di una vittima: si tratta di una donna travolta da una valanga a Racines di Dentro, in Alto Adige. Con lei altre due persone, estratte vive ma in gravi condizioni da sotto la neve.
La situazione più complicata è nel Vicentino, dove a preoccupare di più è il fiume Retrone, esondato in diversi punti. I vigili del fuoco hanno evacuato 17 persone: sette erano rimaste isolate in un maneggio a Montebello nella zona del bacino di laminazione e sono state portate via con un elicottero e un gommone. Evacuati con un gommone dalle squadre Speleo Alpino Fluviali dei vigili del fuoco, 10 impiegati delle poste rimaste bloccate al centro di smistamento di via Marosticana per l’innalzamento dell’acqua avvenuta dopo l’inizio dell’orario di lavoro. A causa di allagamenti sono stati chiusi la tangenziale sud tra Campedello e Vicenza ovest e il nodo dello Stadio. La circolazione dei treni rimane sospesa su tre linee (Vicenza-Padova, Vicenza-Schio fino a Cavazzale, Vicenza-Treviso da San Pietro in Gù), con la presenza sul posto da parte dei tecnici di Rfi.
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha chiesto lo stato di emergenza per far fronte alla situazione, “poi non so se Roma ci darà gli ‘schei'”, ha spiegato in conferenza stampa. In ogni caso, assicura, il territorio si presenta “come modello nazionale perché dove siamo intervenuti ce la giochiamo fino in fondo con la natura. Il nostro Paese, invece di tirare fuori 2-3 miliardi per i danni, dovrebbe investire nel Piano Marshall delle opere idrauliche”. “Quella che finisce nei bacini – ha aggiunto – è tutta acqua che togliamo dagli scantinati delle case. Non ci va un genio per capire che questa è la strada”. E solo in quelli di Caldogno e dell’Orolo sono stati raccolti 1,6 milioni di metri cubi di acqua.
I dati relativi alle precipitazioni, ha spiegato il governatore, “sono ai livelli della tempesta Vaia o dell’alluvione 2010, però Vicenza non va sott’acqua perché le opere che abbiamo fatto sono servite. Abbiamo invasato almeno 3 milioni di metri cubi d’acqua che altrimenti ci troveremmo in giro” per la città. Per questo, ha rilanciato, al Veneto “serve almeno un altro miliardo per le opere idrauliche”, che dovranno aggiungersi, ad esempio, a quelle realizzate a partire dal 2010, come i 13 bacini sui 23 previsti. Come ha ricordato poi l’assessore regionale alla protezione civile, Gianpaolo Bottaccin, dopo il 2020 sono state realizzate opere di difesa idrogeologica per 3,5 miliardi di euro, “2.527 sono i cantieri di difesa del suolo aperti solo negli ultimi 3 anni. E abbiamo investito anche in manutenzione con 40 milioni di euro l’anno dedicati”.
“Che sia Piano Invasi o Piano Laghetti – commenta Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – è comunque indispensabile dotare il territorio di infrastrutture multifunzionali, destinate a calmierare regimi idrici, ormai condizionati dall’estremizzazione degli eventi meteo, conseguenza della crisi climatica”.