Chi segue la cosiddetta Planetary Health Diet (Phd), cioè un’alimentazione sostenibile – studiata e promossa dalla Commissione EAT-Lancet composta da più di 30 esperti in tema di salute, nutrizione, sostenibilità, economia, politica e agricoltura – ha un rischio di morte prematura inferiore del 30%. La diminuzione riguarda tutte le cause di decesso, tra cui cancro, malattie cardiache e polmonari. A rivelarlo è uno studio pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, condotto dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health. Si tratta della prima ricerca di grandi dimensioni chiamata a valutare l’impatto dell’adesione alle raccomandazioni contenute nell’importante rapporto EAT-Lancet del 2019.
Questo tipo di alimentazione ha un impatto ambientale sostanzialmente inferiore, con una riduzione del 29% delle emissioni di gas serra e del 51% del consumo di suolo, pur prevedendo il consumo modesto di carne e latticini.
“Il cambiamento climatico sta portando il nostro pianeta a un disastro ecologico e il nostro sistema alimentare svolge un ruolo fondamentale”, spiega l’autore dello studio Walter Willett, professore di epidemiologia e nutrizione. “Cambiare il nostro modo di mangiare può aiutare a rallentare il processo di cambiamento climatico. E ciò che è più sano per il pianeta è anche più sano per gli esseri umani”.
Sebbene altri studi abbiano rilevato che le diete che privilegiano gli alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale potrebbero avere benefici per la salute dell’uomo e del pianeta, la maggior parte di queste ricerche ha utilizzato valutazioni dietetiche una tantum, che producono risultati più deboli rispetto all’analisi dei regimi alimentari su un lungo periodo di tempo.
I ricercatori hanno utilizzato i dati sanitari di oltre 200.000 donne e uomini iscritti al Nurses’ Health Study I e II e all’Health Professionals Follow-Up Study. I partecipanti non avevano malattie croniche importanti all’inizio dello studio e hanno compilato questionari sulla dieta ogni quattro anni per un massimo di 34 anni. L’alimentazione dei partecipanti è stata valutata in base all’assunzione di 15 gruppi di alimenti, tra cui cereali integrali, verdure, pollame e noci, per quantificare l’aderenza alla Phd.
Lo studio ha rilevato che il rischio di morte prematura era inferiore del 30% nel 10% dei partecipanti più aderenti alla Phd. Inoltre, i ricercatori hanno riscontrato che i soggetti con la maggiore aderenza a una dieta sostenibile avevano un impatto ambientale sostanzialmente inferiore rispetto a quelli con l’aderenza più bassa, con una riduzione del 29% delle emissioni di gas serra, del 21% del fabbisogno di fertilizzanti e del 51% dell’uso di terreni coltivati.
I ricercatori hanno osservato che la riduzione dell’uso del suolo è particolarmente importante in quanto favorisce la riforestazione, considerata un modo efficace per ridurre ulteriormente i livelli di gas serra che sono alla base del cambiamento climatico. “I risultati – dice Willett – dimostrano quanto siano legati la salute umana e quella del pianeta. Mangiare in modo sano aumenta la sostenibilità ambientale, che a sua volta è essenziale per la salute e il benessere di ogni persona sulla terra”.