Lo scenario internazionale resta quello che è, ma Giancarlo Giorgetti vuole vederci comunque uno spiraglio di luce nel prossimo futuro dell’Italia. Il ministro dell’Economia chiude il ciclo di audizioni sulla legge di Bilancio 2025 mettendo al centro di tutto i meriti della “prudenza” avuta in questi due anni, che ha portato “alla revisione al rialzo degli outlook da parte di due agenzie di rating” e al “dimezzamento dello spread rispetto a due anni fa”.
Sforzi che lo stesso responsabile del Mef riconosce, però, “non sufficienti a garantire che le prospettive evolvano nelle direzioni auspicate”, a causa di “dinamiche globali sempre più forti”. La crescita del resto è oggettivamente lenta, sebbene Giorgetti indichi che i segnali di ripresa della domanda interna ci sono in questa fase finale dell’anno: “E’ una delle chiavi cruciali per realizzare la crescita prevista nel 2025”, assieme al Pnrr. Il freno semmai è la domanda estera netta. Il Paese ha un domani nero, allora? Nient’affatto: il ministro, infatti, non sarebbe stupito “da eventuali revisioni al rialzo anche relativamente alle stime preliminari del Pil 2024”, anche “alla luce del notevole incremento dell’occupazione sin qui registrato”. Dunque, “le prospettive di crescita a breve termine risultano, nel complesso, ancora incoraggianti”. Magari, poi, la Bce taglierà ancora i tassi: lo spazio lo vede il ministro leghista.
In questo scenario si inserisce la Manovra. Ai critici risponde che l’aver reso strutturali alcune misure “può contribuire ad attenuare i timori degli operatori di mercato”, ma soprattutto apre a piccole modifiche del testo. Ad esempio sull’incremento della Crypto-tax dal 26 al 42% valutando “forme di tassazione diverse”, mentre sull’edilizia “la distinzione tra prima e seconda casa è un principio irrinunciabile e inderogabile, sul resto possiamo discutere”.
Indirettamente, Giorgetti replica ai sindacati, in particolare al leader Cgil, Maurizio Landini, che ha evocato la “rivolta sociale”: “Abbiamo messo risorse alle famiglie di reddito medio-basso, qualcuno può discutere se sia giusto e sbagliato, ma sorprende che questo sia contestato proprio dai sindacati, perché li abbiamo messi sui lavoratori dipendenti”.
Altro capitolo caldissimo è quello del taglio al fondo per l’automotive, che ha ricevuto critiche trasversali. Il ministro dell’Economia prova a togliersi qualche sassolino: “Noi non tagliamo i fondi alle imprese ma gli incentivi per rottamare e acquistare auto fatte in Cina”, dice in audizione. Aggiungendo che “per chi vuole produrre ci sono e ci saranno sempre”. Anzi, ricorda che “800 milioni di residui sono pronti da domattina, chi vuole investire in automotive per produrre è benvenuto”.
L’occasione è ghiotta anche per parlare di transizione ecologica del sistema produttivo: “La politica industriale la fanno gli imprenditori, lo Stato può aiutare. C’è bisogno di imprenditori che accettino la sfida della riconversione, perché se non lo fanno possiamo pure criticare, ma chi la deve portare avanti?”.
Giorgetti affronta anche il nodo dei revisori: “Chi riceve un contributo dallo Stato deve rispondere di come lo utilizza”, assicurando però che “il Mef non vuole curiosare” nelle aziende. C’è spazio anche per i sogni: quelli del ministro dell’Economia sono di avere il debito al 60% “così risparmierei 45 miliardi da destinare a scuola, sanità, pensioni”. E non manca nemmeno la risposta a chi accusa il governo di togliere ossigeno agli enti locali: “Devono capire che negli anni scorsi hanno ricevuto finanziamenti a fondo perduto, a carico dello Stato, non replicabili. Su questo, credo che un ritorno alla normalità sia dovuto”. Lunedì prossimo, alle ore 16, scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti alla legge di Bilancio: dopodiché partirà la corsa verso l’approvazione. Ma il sentiero si preannuncia tutt’altro che in discesa.