“A ottobre l’Inflazione risale a +0,9%, seppure in un quadro di stabilità congiunturale”, fa sapere l’Istat. “Gli andamenti settoriali appaiono, tuttavia, differenziati. Nel comparto alimentare – commenta l’istituto di statistica – la dinamica tendenziale dei prezzi risulta in accelerazione (+2,4% da +1,1% di settembre), con effetti che si manifestano sul ‘carrello della spesa’ (+2,2% da +1,0%). Al contrario, i prezzi dei Beni energetici accentuano il calo su base annua (-9,1% da -8,7%), nonostante l’aumento congiunturale della componente regolamentata. In decelerazione sono infine i prezzi dei servizi ricreativi e culturali (+3,6% da +4,0%) e dei trasporti (+2,8% da +2,4%)”, sottolinea l’Istat, che infine precisa: “A ottobre l’Inflazione di fondo – che esclude voci volatili come cibo ed energia – resta a +1,8%“, ben al di sotto del target Bce che ipotizza un ritorno al fatidico 2% entro il 2025 nell’intera eurozona.
Torna il caro-alimentare? Fra i prodotti “non lavorati, le spinte al rialzo (+2,7% mensile) si ripercuotono sulla crescita del tasso tendenziale (da +0,3% a +3,3%). In particolare – evidenzia l’istituto di statistica – invertono la tendenza portando su valori positivi sia i prezzi di frutta fresca o refrigerata (da -0,6% a +2,8% con un +4,2% da settembre) sia quelli dei vegetali freschi o refrigerati (da -2,2% a +8,8%, segnando un +8,7% congiunturale)“. Per Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, la “tendenza è estremamente preoccupante”, nel senso che “è molto grave la fotografia restituita dal confronto tra i prezzi alimentari alla produzione e al consumo”. Infatti, i prezzi al consumo dell’alimentare lavorato salgono dall’1,5% tendenziale di settembre al 2% di ottobre, mentre quelli alla produzione passano da un tendenziale di agosto del -0,2% ad un crollo di settembre del -1,5%. “Inaccettabile – prosegue Scordamaglia – che la forbice raggiunga i 3,5 punti percentuale: questo vuol dire che soprattutto una parte della distribuzione italiana continua ad aumentare i prezzi al consumatore e a pagare sempre meno chi produce, che non riesce quindi a compensare i propri costi di produzione aggravati anche dagli eventi climatici estremi a cui stiamo assistendo”.
Secondo Filiera Italia siamo di fronte a un fenomeno doppiamente grave che colpendo i consumatori più deboli consolida un crollo degli acquisti di beni alimentari di prima necessità mai visto prima, che negli ultimi due anni ha raggiunto il -8% a volume, ma che contemporaneamente mette a rischio l’esistenza stessa della filiera produttiva italiana. Scordamaglia chiede dunque che si faccia “chiarezza sulla ripartizione del valore lungo la filiera agroalimentare. Agiremo – anche denunciando per pratiche commerciali sleali – verso chi dovesse pensare di approfittare della propria posizione negoziale per mettere in difficoltà le fasi più deboli della filiera”.
Nel frattempo l’indice dei prezzi all’ingrosso, realizzato da Unioncamere e Bmti, ha mostrato tra i prodotti freschi, rialzi mensili per frutta e ortaggi, per le carni di bovino e di pollame e per le uova a settembre. Nel comparto ittico, invece, sono rimasti sostanzialmente stabili i prezzi all’ingrosso, ad eccezione dei crostacei freschi, trainati dai rincari di gamberi e scampi. Tra i prodotti lavorati, si è registrato un ulteriore rincaro per il burro e per i formaggi ed una sostanziale stabilità per l’olio di oliva e gli sfarinati di grano e riso. Nello specifico, per quanto riguarda il settore ortofrutticolo, sono stati due i fattori che hanno impresso aumenti ai prezzi. Da un lato, l’abbassamento delle temperature registrato dopo la prima decade di settembre ha determinando una maggiore richiesta di prodotti autunnali. Dall’altro, diverse coltivazioni estive sono state colpite dal prolungato caldo estivo.
Tra i rincari maggiori, si registra un +20% per pesche e nettarine e un +11% per le pere. Forte incremento rispetto al mese precedente per le zucchine: +74,8% rispetto allo scorso anno. Aumenti mensili consistenti anche per le melanzane (+65%) e per i pomodori da insalata (+37%). Tra le carni, aumentano quelle di pollo (+6,4% rispetto al mese precedente e +3,4% rispetto al 2023) e tacchino (+5,2% rispetto a settembre e +12,3% rispetto ad un anno fa), spinti da una domanda superiore alle disponibilità di prodotto. Cresce anche la carne di bovino adulto (+4,4% rispetto ad agosto). Il comparto bovino è alle prese con una minore disponibilità di capi da ristallo, legata anche ai minori arrivi dalla Francia, elemento che sta imprimendo tensioni al mercato. Tra i prodotti zootecnici, aumentano del 2,2% rispetto al mese precedente i prezzi delle uova allevate a terra, sostenuti da una domanda superiore all’offerta.