“Per cominciare siamo obiettivi, l’incertezza non si può dire del tutto eliminata. Nulla è ancora chiaro, ci sono addirittura testi diversi dell’accordo. E anche quando ci sarà una traccia condivisa non sarà finita perché ci sono una serie di aspetti, settore per settore, che vanno ancora definiti. Bisogna entrare nei dettagli”. Così Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria che guida l’azienda siderurgica di famiglia. “Il mio giudizio per quanto sappiamo oggi è negativo: non è un buon accordo”, aggiunge nel colloquio con il Corriere della Sera. “Mettiamo da parte il fatto che per l’acciaio i dazi restano al 50%. E anche la questione del settore farmaceutico, in cui non è ancora chiaro che cosa è esentato e che cosa no. Consideriamo solo i dazi al 15% per la maggiore parte delle merci: se aggiungiamo la svalutazione del dollaro, si arriva a una penalizzazione delle nostre merci del 22-23%. È un’enormità”, evidenzia. Marcegaglia poi chiarisce: “Dobbiamo riconoscere che fin dall’inizio non poteva che essere un confronto in salita: dipendiamo dagli Usa per la difesa oltre che per i servizi digitali. In generale, dipendiamo troppo dall’export. Ma non ci ha aiutato il fatto di cedere, ancora prima di arrivare alla parte più dura del confronto, le poche carte che avevamo in mano. Per esempio, abbiamo rinunciato alla global minimum tax sulle imprese Usa prima ancora di iniziare a trattare”. Adesso bisogna “correre a fare accordi di libero scambio con altri mercati, per compensare dove possibile. Ridurre le barriere interne al mercato europeo e rafforzare la domanda interna. Inoltre dobbiamo sfruttare tutte le finestre ancora aperte nella definizione dei punti dell’accordo con gli Usa”.