“Dobbiamo cercare soluzioni multifunzionali. La natura ci può aiutare: dobbiamo ripristinare quei cicli virtuosi naturali che abbiamo alterato”. Lo dice l’architetta Gioia Gibelli, docente di Ecologia del paesaggio sia al Politecnico che all’Università Statale di Milano, membro Aipin (Associazione italiana per l’ingegneria naturalistica). Spiega poi nell’intervista a Il Corriere della Sera. “A Segrate, alle porte di Milano, si sta realizzando un bacino che consente di conservare l’acqua piovana, di depurarla tramite piante specifiche e di rimetterla nella falda. Una struttura simile è in funzione a Gallarate. Quello di Segrate è un progetto che Aipin presenta oggi a Roma in un workshop sul ruolo dell’ingegneria naturalistica per affrontare le emergenze, non solo le alluvioni, ma anche le frane e la desertificazione del territorio”. E ancora: “Oggi nel mondo si discute di sistemi sofisticati e costosi di cattura della CO2. In apparenza non c’entrano con l’acqua, invece il serbatoio più importante di raccolta di questo gas serra è il suolo, che lo cattura attraverso i microorganismi. Se i suoli urbani sono secchi, la cattura non avviene. Se invece mandiamo l’acqua piovana nelle aiuole, negli spartitraffico e nel verde urbano, oltre a conservare la risorsa acqua, catturiamo anche la CO2. Occorre però partire dalla de-cementificazione e dall’aumento del verde urbano. La vegetazione abbassa le temperature estive nelle città di 3-4 gradi, con risparmio di energia per i condizionatori e meno anidride carbonica emessa”.