Pietro Barabaschi, 56 anni, è uno scienziato che da ottobre guida il cammino di Iter, il reattore europeo per la fusione nucleare in costruzione a Cadarache, nel sud della Francia. In merito all’annuncio americano sulla fusione nuclerare dice che “è l’equivalente di un pasto”. Nell’intervista a Repubblica spiega: “È la prima volta che questo avviene, fino a ieri avevamo ottenuto il 60-70% dell’energia immessa. Oggi superiamo il 100% e per noi è un passo avanti importante. La fusione ha difficoltà pazzesche”. Barabaschi dice che “difficilmente noi vedremo i risultati concreti del nostro lavoro, e questo deve farci riflettere. La fusione è importante perché il futuro va lì. Ma abbiamo bisogno anche di alternative rapide ai combustibili fossili. La crisi ambientale va di fretta”. Sul risultato americano aggiunge che è “importante” ma “usa un metodo particolare, diverso da quello di Iter. Si chiama fusione inerziale e ha bisogno di laser estremamente potenti puntati su una piccola pallina di combustibile. Il loro impulso dura una frazione infinitesima di secondo e fa implodere la pallina, che raggiunge densità simili a quelle che si trovano al centro di una stella. Al suo interno avviene la fusione, ma per tempi così brevi che l’energia coinvolta appare piccola ai nostri occhi”. E ancora: “La fusione inerziale di cui parlano oggi i colleghi americani usa laser potentissimi, ma per tempi così brevi (parliamo di miliardesimi di secondo) e con bersagli così piccoli che l’energia prodotta è, appunto, di pochi megajoule. Noi a Iter studiamo un metodo per innescare la reazione di fusione con pochi grammi di combustibile, in modo che l’energia complessiva sia ben gestibile e la reazione si esaurisca nel giro di pochi minuti”.