Padre Benanti: Assaggerei carne coltivata, ma si rischia nuovo colonialismo agricolo

“Se ne avessi avuto l’occasione avrei assaggiato di sicuro” la carne coltivata perché “al momento non ha nessuna controindicazione sanitaria. Ciò detto, come tutte le tecnologie potrebbe avere degli effetti non positivi”. Così, intervistato da La Stampa, Padre Paolo Benanti, francescano, professore della Pontificia Università Gregoriana, studioso di etica, unico italiano membro del Comitato Onu sull’intelligenza artificiale e consigliere di Papa Francesco sempre sui temi dell’IA. “Se oggi qualsiasi contadino al mondo può allevare un pollo – spiega – con la carne coltivata c’è bisogno di un bioreattore, di conoscenze biotecnologiche con il rischio, insomma, di un nuovo colonialismo agricolo, o quanto meno alimentare, attraverso cui i paesi tecnologicamente più avanzati dominano i paesi meno tecnologicamente avanzati. Occorre fare un discorso etico più ampio che includa tutti i possibili effetti”.



“Se noi lasciassimo la carne coltivata – spiega – come unica proteina disponibile nei paesi più poveri, di fatto li costringeremmo a diventare ancora più dipendenti da noi. Il tema non è solo sanitario – fa bene o fa male? – ma anche di giustizia sociale e di impatto geopolitico. Entrambi con risvolti etici importanti”.