Pochi giorni fa ero in un palazzo storico a Roma, in una splendida sala decorata con arazzi. Tutto splendido ma… faceva, per me, un gran caldo. “Mi spiace, ma sai, qui seguiamo le indicazioni del governo sull’uso dell’aria condizionata, anche per l’ambiente è meglio“, mi ha spiegato un amico che lì lavora. La sala era al palazzo del Quirinale, dove l’Ad della nostra società editoriale stava per essere ricevuto dal presidente Sergio Mattarella, ed io ero stato inserito nella lista degli ospiti dell’incontro. Io ho sudato, ma Mattarella no. Sono partito da qui perché una frase detta giovedì scorso dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, mi ha confermato in un’idea che ho in testa. Parlando della crisi di governo in Italia, Gentiloni ha detto, tra l’altro che “è il momento di fare fronte comune […] se lavoriamo insieme possiamo evitare la tempesta“.
Ecco, Gentiloni sarà pure italiano, ma la posizione che ha espresso è quella grazie alla quale l’Unione europea, superando storiche ed enormi divisioni, ha deciso uno slancio comune per superare la crisi creata dalla pandemia e, sulla scia dei principi del Green Deal, ha lanciato quello che in Italia chiamiamo ‘Pnrr’, il piano di ristrutturazione e rilancio delle economie dei Ventisette, che è partito, guarda caso, proprio per uno slancio fornito dall’allora “pensionato” Mario Draghi, che chiese con determinazione un intervento di questo tipo, prima con un intervento sul Financial Times e poi in un evento pubblico.
L’idea passò, come è noto, e passò anche per l’impegno che si prese Mattarella a far sì che il piano avesse successo anche in Italia, Paese al quale è stata destinata quasi la metà delle risorse complessive, perché il più in difficoltà, il più indietro su molti fronti del Green Deal, perché troppo grande per poter andare a gambe all’aria senza portarsi dietro buona parte del resto d’Europa.
La “Transizione verde” italiana poi è partita, ed è partita proprio con Draghi alla guida del governo. Mattarella e Draghi, un binomio che per i nostri partner è una garanzia di affidabilità, ed una buona ragione per sperare in un successo.
Restando alle parole di Gentiloni dunque a Bruxelles si segue “con preoccupato stupore” quel che sta accadendo in Italia. La preoccupazione è che una crisi “al buio” possa fermare il grande progetto del Next Generation EU (nel quale nasce il Pnrr), che la Transizione italiana possa subire una battuta d’arresto pericolosa, proprio quando si è vicini al rilascio della seconda tranche di finanziamenti, proprio quando i progetti devono essere “messi a terra“, devono iniziare ad essere realizzati.
La Transizione italiana non riguarda solo noi italiani, riguarda tutta l’Unione. Questa volta non si stratta di una crisi “normale” di quelle che a Bruxelles sono abituati a vedere in Italia, tanto che per la crisi in sé “non abbiano neanche tanta sorpresa“, ci dice un alto funzionario della Commissione. L’esito di questa fase è decisivo per il Green deal italiano, e un blocco, un rinvio sine die, una rimessa in discussione dei piani faticosamente discussi con la Commissione ed accettati dai partner, questa volta potrebbe costarci molto caro, potrebbe essere la fine per la crescita, sostenibile (o meno) del Paese che già ora si presenta come maglia nera in troppe classifiche.
(Photo credits: John MACDOUGALL / AFP)