Campi Flegrei, l’allerta resta gialla. Musumeci: Emergenza rientrata

In un primo momento, il ministro della protezione civile in audizione in commissione Ambiente alla Camera aveva avvertito di prepararsi a un'allerta arancione

Il pericolo c’è, ma non è imminente e la zona rossa del bradisismo nei Campi Flegrei resta gialla. Il ministro della protezione civile, Nello Musumeci, alza e abbassa l’allerta su una possibile eruzione del Vesuvio in due ore. “L’emergenza è rientrata“, garantisce. Il magma, intanto, lavora nel sottosuolo.

In un primo momento, in audizione davanti alla commissione Ambiente della Camera Musumeci riporta l’ultimo verbale di riunione degli esperti, tenuta a fine ottobre, riferendo che la commissione Grandi rischi “chiede di prepararsi alla necessità di passare dall’allerta gialla verso un livello di allerta superiore“.

Passare allo scenario arancione significherebbe, tra le altre cose, evacuare i pazienti di quattro ospedali, di cinque Rsa e sei case di cura private, i detenuti delle carceri di Nisida e Pozzuoli.

Nel pomeriggio, dopo un incontro con i sette sindaci dei Comuni coinvolti, con l’Ingv, il capo della protezione civile Fabrizio Curcio e la Commissione Grandi Rischi, Musumeci torna sui suoi passi. La Commissione, comunica, ha stabilito di mantenere l’alleata gialla intensificando le esercitazioni, perché al momento “non si evincono nuovi sollevamenti di suolo”. Il sollevamento medio di un centimetro e mezzo al mese, legato alla sismicità, “nell’ultima settimana ha avuto un rallentamento, anche se è difficile pensare che non riprenda a sollevarsi nei prossimi mesi”, precisa Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv.

Il sisma si sta evolvendo, “l’unico al mondo così popolato“, e il mondo scientifico “non ha una conoscenza perfetta, nessuno ha certezza assoluta di fronte agli eventi della natura“, motiva il ministro. Dal 2019 il ritmo del sollevamento del suolo si è più che raddoppiato, ma “questo non comporta una condizione di allarme, va detto in maniera chiara“, scandisce. Insieme allo sciame sismico, però, ogni giorno vengono emesse migliaia di tonnellate di gas Co2. L’Arpa dovrà quindi intensificare il monitoraggio.

La zona rossa legata al rischio bradisismo è stata definita tenuto conto di una media di 10 centimetri di sollevamento del suolo registrata negli ultimi 8 anni: si tratta di 85mila persone e 15mila edifici. I comuni coinvolti sono parte di Pozzuoli, di Bacoli e della città metropolitana di Napoli. Il piano di emergenza del rischio bradisismico (diverso dal piano d’emergenza sismico) non è mai esistito e sarà realizzato dopo il decreto approvato in consiglio dei ministri.

Alla Campania il decreto legge ha affidato il compito di redigere il piano di comunicazione destinato a chi vive su quei territori, che sarà pronto il 27 di novembre. La comunicazione deve coinvolgere essenzialmente la popolazione scolastica, con 125 istituti presenti sulla zona.

Il bradisismo è ricorrente tra Pozzuoli, Bacoli e Napoli dal 1950 e alterna fasi di innalzamento a fasi di subsidenza. Due le più importanti, negli anni: quella del 1970-72, che portò a un sollevamento complessivo del suolo di oltre 170 centimetri, accompagnato da sciami sismici, e quella del periodo 1983-84, che portò centinaia di terremoti al giorno, con un sollevamento complessivo del suolo di oltre 180 centimetri. Il 24 agosto 1983 scattò il piano di emergenza sismico e gli abitanti del rione Terra di Pozzuoli vennero evacuati. “Anche all’epoca la comunità scientifica dibatté a lungo sulla possibilità che il bradisismo evolvesse verso una eruzione. Ciò premesso, l’incertezza su eventi estremi rende particolarmente complicata l’attuazione di misure di prevenzione e mitigazione nel breve periodo“, spiega Musumeci. Quanto al futuro, “quando programmiamo lo sviluppo dei territori investiamo risorse in opere, infrastrutture, case, aziende, cerchiamo sempre di non dimenticarci del rischio, cerchiamo anzi di partire dal rischio per orientare le nostre scelte verso aree e territori adatti“, è l’auspicio del ministro. “Non possiamo proseguire in un modello di sviluppo che si illuda di chiedere alla natura di adattarsi alle scelte degli uomini“.