Balzan (ARB): L’impatto zero non esiste, ecco il metodo per essere sostenibili

L'ultimo libro della sociologa, una bussola per orientarsi nell'economia green. L'autrice ricorda che ogni nostra azione produce un impatto ambientale, sociale, e sulla governance

Ada Rosa Balzan (nella foto) è sociologa ambientale, docente per numerose università e business school, nonché fondatrice di Arb, società benefit per azioni in grado di misurare la sostenibilità. In poche parole, è una delle maggiori esperte italiane sui temi della sostenibilità e il suo ultimo libro ‘L’impatto zero non esiste’ (Este libri, 207 pp, 20 euro) è una vera e propria bussola, rivolta soprattutto a imprenditori e manager, per orientarsi nell’economia presente e futura basandosi su un metodo scientifico a 360 gradi.
Nel volume finalmente si fa chiarezza su una parola, sostenibilità, che è entrata nel vocabolario quotidiano ma che talvolta è travisata, o per meglio dire utilizzata in modo limitante, come racconta l’autrice a GEA.

Dottoressa, servirà un salto culturale per passare dall’estemporaneità di singole azioni, anche virtuose, a un approccio, come sostiene lei, scientifico?
Serve una cultura della sostenibilità, che sembra una parola astratta ma è uno strumento di gestione dell’azienda. Intanto bisogna dire che cos’è. Primo non c’è solo l’aspetto green, sarebbe riduttivo. Mi spiego meglio con un altra parola: biologico. Può essere sostenibile, ma anche no. Biologico è solo inerente la procedura che si deve rispettare per arrivare a certificare il prodotto come tale, ma se manca l’aspetto sociale, ad esempio faccio lavorare persone in nero, il prodotto è biologico ma non sostenibile. Quindi sostenibilità include sempre aspetti sociali, di gestione aziendale e l’ambiente”.

Il titolo del libro, scritto da una sociologa ambientale, è forte se pensiamo a come l’argomento green sia diventato quasi politicizzato…
Ma è così. Ogni nostra azione produce un impatto ambientale, sociale, e sulla governance. Io magari butto la bottiglia di plastica nel cestino, tuttavia se non c’è un sistema che valorizza il recupero della plastica, si ferma il valore della sostenibilità. Serve un’ottica a 360 gradi che guardi all’ambiente, al territorio, a come si trattano i lavoratori. Abbiamo fatto campagne ‘plastic free’ prima del Covid, facendo passare il messaggio che se avessimo levato la plastica avremmo risolto i problemi mondiale dell’ambiente, e poi siamo andati al monouso per la tutela della nostra salute, soprattutto nella sanità, penso al materiale presente in sala operatoria o alle sacche ematiche, è quasi tutto monouso. Non si possono generalizzare e appiattire temi del genere, riducendoli a uno slogan ma studiare e analizzare ogni aspetto. Torno a ribadire l’importanza di fare cultura della sostenibilità, un contenitore di plastica non arriva in autonomia sul marciapiede ma qualcuno lo ha gettato. Anche quando sentiamo dire ‘Salviamo il pianeta’ per cui dobbiamo riuscire a non far alzare ulteriormente le temperature, c’è qualcosa che non va nell’impostazione del messaggio stesso, stiamo dando un’informazione sbagliata: se la temperatura aumentasse o diminuisse anche di 20 gradi, il pianeta ci sarebbe lo stesso, non gli esseri umani. Siamo noi che ci estinguiamo”.

Nel libro sostiene che c’è un nesso tra rispetto dei criteri Esg e buone performance economiche. E lei cita una decina di casi aziendali. Ma è sempre così?
Guardi, Banca d’Italia, nel maggio 2019, nel sostenere la necessità di dare valore a investimenti sostenibili, citò 2.220 ricerche accademiche che dimostrano la diretta correlazione fra rispetto dei criteri Esg e performance economica. C’è un altro passaggio poco conosciuto dai più: la sostenibilità è analisi e misurazione dei rischi. Quando facciamo l’analisi con SI rating portiamo spesso a evidenza cose che l’imprenditore non sapeva o sottovalutava. Se riconosci i pericoli, sbagli meno e dunque migliori il risultato aziendale”.

Nel libro parla di quattro C: capire, costruire, concretizzare, comunicare. È questo il percorso da fare?
Il nostro algoritmo indica la strada che una azienda deve poter fare. Otto volte su 10 nelle aziende con cui ci confrontiamo, mi dicono ‘non pensavo che fosse anche un tema sociale’ la sostenibilità. Si inizia dunque col capire, col conoscere il perimetro in cui muoversi e le parole chiave tipo neutralità climatica, tassonomia europea, ad esempio per la parte ambientale. Poi entriamo nei temi sociali e quindi welfare personalizzato, parità di genere. E nel costruire mettiamo a terra come applicare ad esempio un sistema di gestione ambientale-sociale. Esempio: valutando se si può utilizzare una materia prima recuperata o usarne semplicemente meno o invece di un certo prodotto, se ne può utilizzare uno simile magari realizzato da un laboratorio di ragazzi disabili della zona… In 3 microparagrafi cerchiamo di dare una cassetta degli attrezzi per imprenditori e manager, che col libro possono farsi un’idea di come concretizzare la sostenibilità nella propria realtà. Solo dopo questo percorso si può comunicare“.

Il tema sostenibilità è stato forse un po’ ideologizzato e qualcuno non l’ha compreso e per questo prova a combatterlo?
Non deve infatti diventare una ideologia, ma deve essere un nuovo paradigma dell’economia e della sua evoluzione. Crescita e quantità non funzionano più per un problema di ipergestione della produzione, meglio invece produzione minore ma di qualità. Torniamo al significato delle parole: qualità e non quantità, sviluppo e non crescita. Non si parla più di profitto ma di prosperità, cioè di un qualcosa che ricade su tutti gli stakeholder”.

Lei aveva capito tutto negli anni ’90 culminato con una tesi sul turismo sostenibile a Sociologia a Trento. Un lavoro che – come racconta nel libro – era stato apprezzato dai docenti, che però le dissero: di questa tesi non se ne farà niente. Adesso si sta prendendo numerose rivincite, vede anche il resto del sistema economico sulla retta via o siamo ancora lontani?
C’è stata una accelerazione con il Covid. Fino a 6 anni fa, quando ho fondato la mia start up innovativa, mi dicevano: ‘Algoritmo per calcolare la sostenibilità????’… Infatti mi sono autofinanziata. Ora però la sostenibilità a 360 gradi, non è più ‘nice to have’, ma ‘must to have’. Il Pnrr dà e darà una grande spinta, con i suoi obiettivi, e un grande contributo arriva dalla finanza: anche nel mondo bancario-finanziario si finanziano sempre più solo progetti sostenibili perché hanno maggiore contezza dei rischi”.