Papa Francesco guarda con ansia e speranza ai prossimi due appuntamenti internazionali sul clima: il Cop27 in Egitto a novembre e il Cop15 sulla Biodiversità in Canada a dicembre. Si appella ai leader, ma avverte: gli impegni siano proporzionali.
Esiste un ‘debito ecologico’ impossibile da ignorare, ricorda, delle nazioni economicamente più ricche, che “hanno inquinato di più negli ultimi due secoli“. Questo significa, scrive nel messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera della Cura del creato (1 settembre), che i ricchi dovranno compiere “passi più ambiziosi” nei propri confini e sostenere finanziariamente e tecnicamente le i poveri, che “stanno già subendo il peso maggiore della crisi climatica“, puntualizza.
Anche i Paesi meno ricchi hanno responsabilità significative, ma “diversificate”, è la posizione del Pontefice: “I ritardi degli altri non possono mai giustificare la propria inazione“. Esorta ad agire, tutti, “con decisione” prima del “punto di rottura“.
L’obiettivo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C è “impegnativo” da raggiungere, riconosce, ma proprio per questo richiede la collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani climatici, o contributi più ambiziosi, per ridurre a zero le emissioni nette di gas serra “il più urgentemente possibile“. A livello pratico, si tratta di ‘convertire’ i modelli di consumo e di produzione, ma anche gli stili di vita, in una direzione “più rispettosa nei confronti del creato e dello sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione ai poveri e alle generazioni future“.
Va ascoltato quindi il coro di grida che si leva dal Pianeta: quello di “sorella madre terra“, che geme in balia dei “nostri eccessi consumistici” e implora di “fermare i nostri abusi e la sua distruzione“; quello dei “nostri figli“, adolescenti “minacciati da miope egoismo” che chiedono aiuto e si appellano continuamente agli adulti; quello dei popoli nativi, i cui territori, a causa di “interessi economici predatori“, vengono “invasi e devastati“. “Dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita“, esorta, perché lo stato di degrado della nostra casa comune “merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici“.