Il calcio inquina. E se ne stanno accorgendo anche i protagonisti. Dalle società alle istituzioni – sempre più coinvolte in iniziative dedicate alla sostenibilità – fino ai tifosi. Uno dei progetti europei più interessanti degli ultimi anni in Italia è stato ‘Tackle‘, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e cofinanziato dal programma ‘Life’ dell’Unione europea: tra il 2018 e il 2021 ha raccolto le migliori pratiche sulla gestione ambientale nel mondo del calcio con l’obiettivo di migliorarne quella delle partite, innalzando il livello generale di consapevolezza e attenzione sul tema. Il progetto è stato finalizzato lo scorso marzo, in una conferenza intitolata ‘Environmental Sustainability through Professional Football’, presso uno degli stadi coinvolti nel progetto, l’Olimpico di Roma, alla quale hanno partecipato anche rappresentanti dell’Uefa e di diverse società italiane ed europee. Sono stati illustrati i risultati raggiunti nel corso di questi quattro anni, nei quali sono state redatte linee guida poi applicate in una serie di prove pilota nei 12 stadi europei coinvolti nel progetto: dalla mobilità dei tifosi alla gestione dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti, fino ai criteri ecologici per la selezione di alimenti, bevande e merci e alla governance. Lo scopo ultimo è stato fornire a istituzioni e società più strumenti possibile per produrre benefici ambientali con le loro azioni. Il professor Tiberio Daddi – project manager del progetto e docente della Scuola Superiore Sant’Anna – ha parlato a GEA di Tackle e dei margini di crescita del calcio in ambito sostenibilità.
Come ha trovato il mondo del calcio rispetto al tema della sostenibilità? Sono stati compiuti dei passi avanti?
“Quattro anni fa il calcio era più indietro rispetto ad altri settori. In questo ambito la questione della sostenibilità ambientale è stata declinata più in ottica sociale, assorbita da una prospettiva che comprendeva anche altre tematiche quali razzismo, solidarietà, inclusione, che spesso si ritrovavano nei bilanci di sostenibilità delle società, lasciando in secondo piano il focus sull’ambiente. Ora è invece altrettanto evidente che il calcio sta correndo velocemente, come dimostrano le numerose iniziative, la comunicazione adottata e i documenti programmatici di società e istituzioni, che includono terminologia e rimandi che prima mancavano. Un esempio è la strategia sulla sostenibilità adottata dalla Uefa recentemente. Insomma, il calcio sta recuperando terreno”.
Qual è stato il ruolo di Tackle in questa crescita?
“Non voglio attribuirmi troppi meriti, sono stati tanti gli attori protagonisti. Tackle ha giocato di sponda con numerosi club e istituzioni, che hanno trovato in noi un interlocutore preparato con cui discutere e fare networking. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione con i nostri partner (tra cui Uefa, Figc e diverse federazioni calcistiche europee, ndr). Anche molte società che all’inizio non erano parte del progetto si sono interessate a noi, avevano le risorse e hanno voluto collaborare. Tackle ha dato loro strumenti e linee guida e ha avuto la sua importanza. Siamo stati citati, ad esempio, nel recente “Climate Report” pubblicato da Juventus. Abbiamo lavorato con il Porto sul calcolo del carbon footprint e anche la Uefa ha fatto riferimento alle nostre linee guida affinché venissero replicate all’interno degli stadi”.
L’impegno della Scuola Superiore Sant’Anna non si esaurisce con Tackle: ci sono nuovi progetti in cantiere?
“Sì e interesseranno anche altri sport. Siamo partner di “Green Coach”, progetto che si concentra sulla sostenibilità nel calcio amatoriale e vede la partecipazione di diverse federazioni europee. C’è poi “Goals”, di cui siamo capofila, il cui obiettivo è migliorare la governance ambientale nelle organizzazioni calcistiche, con particolare focus sul calcolo dell’impatto ambientale di una partita di calcio. Nell’ambito di Goals stiamo lavorando al lancio di un tool intuitivo per supportare i club, che potranno calcolare la loro impronta ambientale, così da stabilire le priorità e poterle calibrare. Consentirà loro di costruire una strategia e un piano di azione. Presto sarà disponibile e inviteremo le società a testarlo per calcolare la loro footprint”.
Come funzionerà nel dettaglio questo tool?
“Si baserà su un metodo di valutazione di Life Cycle Assessment (Lca), raccomandato nel dicembre 2021 dalla Commissione europea. Al momento è considerato il più efficace per valutare le prestazioni ambientali di un’organizzazione, ma anche di un prodotto o di un servizio: vengono valutate 16 diverse categorie, tra cui la carbon footprint e la water footprint. Per essere applicato ha bisogno di competenze e strumenti adeguati. Per questo nel progetto “Goals” abbiamo calcolato l’impronta ambientale di un match di una società partner, il Real Betis, che ci ha fornito i dati. Sulla base di tale attività, stiamo costruendo una piattaforma online che faciliterà i club nel calcolo. Ci saranno delle interfacce grafiche che permetteranno l’inserimento di dati ambientali: poi sarà la piattaforma stessa a calcolare automaticamente la footprint”.
Parlava anche di altri progetti non legati al calcio.
“Uno è “Games”, un’estensione delle nostre attività ad altri sport. In questo caso biathlon, atletica e floorball – una versione indoor dell’hockey su ghiaccio, ndr – che si praticano in contesti diversi: il primo è invernale, il secondo necessita di grandi spazi e il terzo si gioca in palazzetto. Anche a loro applicheremo un approccio sostenibile, con particolare attenzione al tema della decarbonizzazione. Infine, “Access”, una sinergia tra calcio e rugby che vuole studiare l’impatto delle grandi manifestazioni sportive sulle città, nonché le interazioni che si vengono a creare tra organizzatori di eventi, istituzioni e utenti, per facilitarne la cooperazione”.