“Alla domanda ‘che cos’è l’energia?’ ho il sospetto che vi troverete in difficoltà e non perché non avete studiato abbastanza fisica, ma proprio perché il concetto è tutt’altro che banale”. Angelo Tartaglia (nella foto), professore senior di Fisica presso il dipartimento di Scienza applicata e tecnologia del Politecnico di Torino, inizia così ad accompagnare il lettore tra le pagine del suo ultimo libro “Spaccare l’atomo in quattro”, con il sottotitolo esplicativo: “Contro la favola del nucleare”, pubblicato per Edizioni Gruppo Abele.
Professor Tartaglia, quando e perché ha deciso di scrivere e pubblicare questo libro?
“Questo libro nasce dal fatto che, soprattutto negli ultimi due anni, si è ripreso a parlare di nucleare in maniera operativa in ambienti industriali e politici come la soluzione per rispondere alla necessità di avere molta energia; gli ignoranti credono che sia possibile avere centrali nucleari che in un biennio riescano a rispondere al fabbisogno energetico europeo, mentre le persone più attente parlano di prospettiva, auspicando che nell’arco di una quindicina d’anni ci si possa dotare di nucleare per ottenere energia pulita e sicura. Queste ultime sono caratteristiche che non appartengono all’energia nucleare perché, per definizione, la centrale a fissione produce scorie”.
Quando si parla di energia pulita, il pensiero corre alle energie rinnovabili. Nel suo libro, lei affronta il tema del fotovoltaico. Secondo lei, perché in Italia questa alternativa green non è ancora così diffusa?
“Si tratta di un problema di politica energetica. Non ci sono impedimenti fisici per estendere il fotovoltaico, bensì di natura politica-economica. Ammetto che ci possano essere dei problemi tecnici – la rete di distribuzione nasce e si sviluppa per grandi centrali a partire dalle quali si trasporta energia per poi arrivare agli utenti finali, mentre la logica dei fotovoltaici e dell’eolico segue la produzione diffusa attraverso una quantità di punti di produzione più piccoli interconnessi tra loro – però potrebbero risolversi con delle ristrutturazioni e delle politiche di investimento. Il Pnrr, per esempio, destina 2 miliardi e 200 milioni ai Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti per creare comunità energetiche, ma i bandi non sono ancora stati emessi e la realizzazione deve essere ultimata entro il 2026. Se il 2% del territorio nazionale italiano fosse coperto di pannelli fotovoltaici, si avrebbe una produzione annua sufficiente a soddisfare l’intero fabbisogno energetico nazionale”.
Anche il fatto che l’emergenza climatica non sia in realtà vissuta come tale è da imputare a scelte politiche?
“Sì, esatto. Il clima, in tutte le sue sfaccettature, non è al centro delle agende politiche. In questi ultimi mesi, inoltre, la guerra ha posto in secondo piano vari aspetti. Sopra tutto c’è ovviamente il bilancio drammatico di morti e feriti, di danni a strutture e via discorrendo; c’è, però, anche un bilancio energetico che sarebbe opportuno tracciare: un dato su tutti riguarda l’emissione di CO2, che non ha alcun accenno a limitare il tasso di crescita ma che anzi peggiora a seguito delle esplosioni. Non dobbiamo inoltre dimenticare che la produzione delle bombe termonucleari, le cosiddette ‘bombe sporche’ è attiva ed esse continuano a essere accumulate. Sono armi a potenza limitata, distruggono meno rispetto alle bombe tradizionali, ma rilasciano quantità notevoli di residui radioattivi che rendono inagibili per anni interi territori. Anche la recente notizia secondo la quale negli Usa si sia riuscito a estrarre energia da un reattore fusione nucleare ha sullo sfondo l’aspetto militare: certo, ci avviciniamo a energia illimitata e pulita, però l’utilizzo del laser su un granello di materiale serve a mettersi nelle condizioni di capire la dinamica dell’esplosione per fini militari, evitando esperimenti sia sotto terra sia in atmosfera”.
Lei dedica un intero capitolo del libro alle fake news sul nucleare. Come può un cittadino districarsi in questo mare magnum di luoghi comuni?
“Informandosi, prima di tutto. Per farlo, però, occorre che i divulgatori non si addentrino in discorsi troppo tecnici, che i non addetti ai lavori faticano a comprendere. I concetti di energia infinita e pulita, possono essere spiegati con un linguaggio comprensibile. Devono, inoltre, essere al centro di momenti di confronto di merito tra esperti e politici che non dovrebbero solo prestare ascolto a professionisti di parte, ma aprirsi al dialogo e al confronto, ascoltando una pluralità di esperti”.