In Francia il pendolarismo diventa parte della ‘carbon footprint’ aziendale

Nel Paese, con il nuovo decreto, sarà obbligatorio indicare anche altre emissioni indirette derivanti dalle attività a monte e a valle delle organizzazioni

dipendenti

Le imprese, le amministrazioni e gli enti locali dovranno contabilizzare le proprie emissioni indirette di gas serra nei loro bilanci. Lo prevede un recente decreto del ministro per la Transizione energetica, Agnès Pannier-Runnacher.

Il decreto, firmato il 1° luglio, modifica il perimetro delle indicazioni obbligatorie nei rapporti sulle emissioni di gas serra (BEGES), che aziende ed enti locali sono tenuti a pubblicare (ogni quattro anni per le imprese, tre anni per gli altri enti).

Finora ogni organizzazione aveva l’obbligo di indicare la propria impronta carbonica diretta (Scope2) e quella indiretta (cioè le emissioni indirette da consumo energetico, Scope2). Ora, invece, sarà obbligatorio indicare anche altre emissioni indirette derivanti dalle attività a monte e a valle dell’organizzazione (Scope3).

Si tratta, quindi, di contabilizzare e dichiarare tutte le emissioni indirette significative. Questo include, ad esempio, si legge in una nota del ministero francese, “le emissioni legate all’uso di prodotti venduti da un’azienda, o il pendolarismo dei dipendenti“.

Un’evoluzione del sistema che intende portare aziende, pubbliche amministrazioni e comunità “ad avere una visione più completa della propria impronta climatica e (…) dare priorità alle azioni da intraprendere“.

Sono pochi i Paesi che obbligano le aziende a calcolare e pubblicare il proprio bilancio delle emissioni di gas serra, ma la legislazione si moltiplica, soprattutto per i maggiori emettitori e gruppi quotati in borsa. È il caso del Regno Unito, dove il Companies Act dal 2013 obbliga le aziende a menzionare nella loro relazione annuale la quantità di gas serra emessi dagli ambiti 1 e 2.

In Francia, le aziende con più di 500 dipendenti dal 2010 devono pubblicare e aggiornare la propria relazione sulle emissioni e il proprio piano di transizione ogni quattro anni.

In Giappone l’obbligo in vigore dal 2006 riguarda le imprese di alcuni settori (energia, trasporti) e quelle con più di 20 dipendenti che emettono più dell’equivalente di 3.000 tonnellate di Co2. È stato esteso alle 4.000 aziende più grandi nella primavera del 2022. Discussioni sono in corso anche a Hong Kong per l’attuazione di un piano simile nel 2025.