Sei morti accertati, almeno 17 dispersi e otto feriti: il bilancio – provvisorio – di quanto accaduto domenica sul ghiacciaio sommitale di Punta Rocca, in cima alla Marmolada, è destinato a crescere. Una tragedia che, da subito, è apparsa molto lontana dalla fatalità. Il cambiamento climatico è entrato a gamba tesa nei fatti di cronaca, trasformandosi nel fatto più concreto e tangibile che l’uomo sia in grado di riconoscere: la morte.
Oggi a Canazei (Trento) arriveranno il premier Mario Draghi e il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, per fare il punto della situazione e incontrare chi da ieri, senza sosta, lavora alla centrale operativa allestita per coordinare le operazioni di ricerca dei dispersi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al governatore trentino, Maurizio Fugatti per esprimere cordoglio e vicinanza
Le cause del crollo, però, sono lì, sotto gli occhi di tutti. Da settimane le temperature in quota sulle Alpi sono molto al di sopra dei valori normali, mentre l’inverno scorso c’è stata poca neve, che ormai quasi non protegge più i bacini glaciali. E allora cosa è accaduto? “Il caldo estremo di questi ultimi giorni, con questa ondata di calore dall’Africa – spiega il glaciologo Renato Colucci dell’ Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, Cnr-Isp – ha verosimilmente prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale alla base di quel pezzo di ghiacciaio che in realtà è una “pancia”: infatti è, o era, una via che si chiama proprio Pancia dei Finanzieri”. Siamo quindi proprio nelle condizioni peggiori per distacchi di questo tipo, quando c’è tanto caldo e tanta acqua che scorre alla base. “Non siamo ancora in grado di capire se si tratti di un distacco di fondo del ghiacciaio o superficiale – spiega l’esperto – ma la portata sembra molto importante, a giudicare dalle prime immagini e informazioni ricevute”. L’atmosfera e il clima, soprattutto al di sopra dei 3.500 metri di quota, sono in totale disequilibrio “a causa del “nuovo” clima che registriamo e quindi, purtroppo, questi eventi sono probabilmente destinati a ripetersi nei prossimi anni e anche per questa estate dobbiamo mantenere la massima attenzione”.
Nel 2019 era stato lo stesso Colucci a lanciare l’allarme attraverso uno studio che aveva mostrato come tra il 2004 e il 2015, il ghiacciaio avesse ridotto il suo volume del 30%, mentre la diminuzione areale era stata del 22%. Ne era emerso che il ghiacciaio, un tempo massa glaciale unica, era frammentato e suddiviso in varie unità, dove in diversi punti affioravano masse rocciose sottostanti. La ricerca aveva inoltre evidenziato che, con quel tasso di riduzione, nel giro dei prossimi 25-30 anni il ghiacciaio sarebbe praticamente scomparso, lasciando il posto solo a piccole placche di ghiaccio e nevato, alimentate dalle valanghe e protette dall’ombra delle pareti rocciose più elevate, non più dotate di crepacci e di movimento. “Il ghiaccio, quindi – aveva spiegato Colucci – non esisterà più. E se, come da scenari climatici, la temperatura nei prossimi decenni dovesse aumentare a ritmo più accelerato, questa previsione potrebbe essere addirittura sottostimata e la scomparsa del ghiacciaio potrebbe avvenire anche più rapidamente”.
Ma la situazione di tutti i ghiacciai italiani non è migliore. Nel 1965, quelli censiti nel catasto italiano erano 1.397, nel 2015 soltanto 900. In 50 anni hanno perso il 40% del loro volume.
(Photo by Pierre TEYSSOT/AFP)