Un progetto per far diventare la pausa caffè sostenibile

Ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 20 miliardi di capsule di caffè, da qui la necessità di una svolta green

Secondo uno studio dell’Iri, società esperta in ricerche di mercato, nell’anno del lockdown, il 2020, la vendita delle cialde per il caffè ha registrato un vero boom: +18% a valore rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, capsule e caffè macinato insieme hanno rappresentato l’85% delle vendite di caffè nella Gdo (grande distribuzione organizzata).

Chiaramente negli anni anche le macchinette per il caffè in casa hanno registrato un’impennata. Secondo una ricerca Euromonitor le vendite sono passate da 1,8 milioni di unità nel 2008 a 20,7 milioni nel 2018 negli Stati Uniti. Ora, quasi il 40% delle famiglie negli Stati Uniti ha una macchina per il caffè a cialde e quasi i due terzi delle famiglie nel Regno Unito. La conseguenza è che ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 20 miliardi di capsule per il consumo in queste macchinette, vale a dire 39mila al secondo.

DIFFERENZA TRA CIALDE E CAPSULE

Va, innanzitutto, chiarita la differenza tra cialda e capsula. La prima è una sorta di filtro in cui è contenuto il caffè in polvere; le capsule, invece, sono piccoli contenitori in alluminio o plastica con all’interno il caffè. Il problema maggiore lo danno le capsule, perché le cialde stanno diventando sempre più compostabili. Le capsule restano invece legate a materiali che vanno riciclati.

L’IMPATTO AMBIENTALE DI CIALDE E CAPSULE

Il problema che si pone, dunque, è quello dell’impatto ambientale. Il produttore britannico di cialde di caffè compostabili Halo, lo scorso anno ha pubblicato una ricerca nella quale si spiega che tre quarti di capsule e cialde finiscono in discarica. Ecco dunque la corsa dei maggiori produttori di caffè in capsule verso una transizione verde. Nestlé, che produce 14 miliardi dei 20 miliardi di capsule consumate a livello globale ogni anno attraverso il suo marchio Nespresso, si sta concentrando su cialde di caffè in alluminio che possono essere riciclate in strutture specializzate.

LA SPERIMENTAZIONE DI NESTLÈ

Nonostante il crescente utilizzo delle capsule da caffè – riferisce Nestlé nel suo ‘Sustainable packaging commitment: road to 2025’ -, ad oggi in Italia non esiste un sistema strutturato per la raccolta e il riciclo, pertanto, insieme a Illycaffè e alle 3 aziende che gestiscono il riciclo dei rifiuti nella Regione Friuli Venezia Giulia, Nestlé e Nescafé Dolce Gusto hanno firmato l’avvio del primo progetto pilota in Italia per lo smaltimento delle capsule esauste di caffè in plastica. Il progetto, operativo a partire da luglio 2021, prevede la raccolta differenziata delle capsule, il loro trattamento presso un apposito impianto sperimentale di separazione di queste ultime dal loro contenuto, e il successivo avvio al recupero dei materiali separati. Insieme a Illycaffè, Nestlé sosterrà i costi di progettazione, realizzazione, e gestione dell’impianto sperimentale di separazione delle capsule, e quelli connessi alla gestione dei rifiuti. A novembre 2021 è inoltre partita una seconda fase che vede protagonisti i comuni di Trieste, Udine, Campoformido e Pasian di Prato“.

SEPARARE L’ALLUMINIO DAL CAFFE’ MACINATO

Secondo un servizio de Il Salvagente, le cialde però sono da preferire alle capsule perché hanno un minor impatto ambientale. “Al contrario di quanto avviene con le capsule, il materiale delle cialde – spiega Il Salvagente – è interamente compostabile, la carta filtro, una volta utilizzata può essere tranquillamente gettata nel cestino dell’umido e così avviata al compostaggio, proprio come i filtri di tisane e tè. E non serve neppure estrarre i fondi del caffè. Non solo, sempre sul versante ambientale, le cialde hanno dalla loro un volume decisamente minore di quello occupato dalle capsule il che equivale a un risparmio sensibile in fase di trasporto dell’alimento e di uso del packaging“. Per recuperare le capsule infatti, l’utente dovrebbe separare in casa l’alluminio del contenitore dal caffè. Ma non tutti lo fanno. Ancora più difficile invece separare la capsula di plastica dal suo contenuto: come riferiva lo studio di Halo in questo caso i 3/4 di queste capsule finiscono infatti nell’indifferenziato.