Verso Cop15 su biodiversità: pesano assenza leader e spettro flop

Dopo tre anni di laboriose trattative, restano molti i punti di attrito tra i membri (195 Stati e l'Unione Europea): ma il tempo per salvaguardare la natura entro il 2023 stringe

Biodiversità

Dopo aver mostrato le loro divisioni alla Cop27 sul clima, i rappresentanti di tutto il mondo si incontrano mercoledì a Montreal con una nuova sfida: risolvere le loro divergenze in due settimane per approvare una tabella di marcia storica in grado di salvaguardare la natura entro il 2030. Si apre il 7 dicembre in Canada, con due anni di ritardo, a causa della pandemia di Covid-19, la 15esima conferenza della Convenzione Onu sulla diversità biologica (CBD), nota come Cop15 Biodiversity: già in partenza vi sono molti dubbi sul fatto che si arriverà a un accordo credibile al termine del summit, previsto il 19 dicembre.
Dopo tre anni di laboriose trattative, sono infatti tanti i punti di attrito tra i membri della CBD (195 Stati e l’Unione Europea, ma senza gli Stati Uniti, comunque influenti osservatori). Resta da decidere il finanziamento, da Nord verso Sud, in cambio di impegni ecologici vincolanti. E il Brasile, con la sua Amazzonia ma il cui presidente eletto Lula non ha ancora preso il governo, è molto deciso, insieme all’Argentina, a preservare la sua industria agroalimentare.

Nessun leader mondiale ha però annunciato la propria partecipazione a Montreal per pesare sui negoziati, in mancanza di un invito da parte della Cina, che presiede la COP15 ma che ha rinunciato a ospitare il vertice (in Egitto per la cop27 erano presenti più di 110 leader). Eppure le due Cop sono inscindibili: “Le soluzioni basate sulla natura potrebbero fornire circa un terzo delle misure di mitigazione del clima e svolgere un ruolo essenziale nell’adattamento al riscaldamento globale”, ha ricordato Zoe Quiroz Cullen, dell’Ong Fauna&Flora International. “Il successo non è garantito”, sintetizza una fonte europea vicina alle trattative.
Resta l’ambizione di suggellare un accordo sulla biodiversità storico come quello di Parigi per il clima siglato nel 2015. Ma molti esperti temono un fallimento simile a quello riportato nel vertice sul clima di Copenaghen nel 2009. Tuttavia, il tempo sta per scadere: il 70% degli ecosistemi mondiali è degradato, in gran parte a causa dell’attività umana, secondo i rapporti dell’IPBES, l’organizzazione degli esperti di biodiversità delle Nazioni Unite. Più di un milione di specie sono minacciate di estinzione sul pianeta, che sta vivendo, secondo alcuni scienziati, una “sesta estinzione di massa”. “Ciò che è in gioco sono le fondamenta dell’esistenza umana”, ha avvertito il segretario esecutivo del CBD, la tanzaniana Elizabeth Maruma Mrema. Perché “ecosistemi biodiversi ed equilibrati assicurano la regolazione del clima, la fertilità del suolo e degli alimenti, la purezza dell’acqua, le medicine moderne e la base delle nostre economie”.

I negoziati che si apriranno a Montreal dovranno stabilire un “quadro globale post-2020”, ovvero una roadmap di una ventina di obiettivi da raggiungere entro il 2030. Questo quadro deve seguire gli ‘Obiettivi di Aichi’ (Giappone) adottati nel 2010, anche se quasi nessuno di questi è stato portato a termine. L’obiettivo più importante è proteggere il 30% della terra e dei mari. Più di un centinaio di paesi, compresi gli stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e l’Unione Europea, sostengono l’obiettivo. Nell’elenco anche il rimboschimento, il ripristino degli ambienti naturali, la riduzione dei pesticidi, la lotta contro le specie invasive, pesca e agricoltura sostenibili. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, il denaro rimane una questione scottante. Il Brasile, sostenuto da 22 paesi tra cui Argentina, Sudafrica, Camerun e Indonesia, ha chiesto agli stati ricchi di fornire “almeno 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2030” ai paesi in via di sviluppo. Gli europei sono riluttanti a creare un altro fondo. Il coinvolgimento delle popolazioni indigene, “spesso i più grandi custodi della natura”, sarà un altro punto chiave, ha ricordato il ministro dell’Ambiente del Costa Rica alla COP27, Franz Tattenbach.
Infine, per non ripetere gli errori del passato, l’“attuazione” degli impegni sarà un tema importante, con indicatori chiari, insiste la fonte europea. “È la loro assenza che ha reso il quadro Aichi così inefficace”.