
Navi cisterna obsolete e in cattive condizioni, appartenenti alla “flotta fantasma” della Russia, potrebbero da un momento all’altro causare una marea nera nelle acque poco profonde del Baltico. “Il rischio di una fuoriuscita di petrolio esiste da molti anni” in questo mare, ma “la flotta fantasma russa lo ha aumentato considerevolmente”, spiega all’AFP Mikko Hirvi, capo di un’unità della guardia di frontiera finlandese – la Sicurezza marittima – responsabile di rispondere alle minacce all’ambiente marino. Da più di due anni tengono d’occhio la flotta fantasma russa che opera nel Golfo di Finlandia, la baia più orientale del Baltico, confinante con l’Estonia a sud e la Russia a est. Anche Lettonia, Lituania, Polonia, Germania, Svezia e Danimarca circondano questo mare poco profondo, collegato all’Oceano Atlantico solo da uno stretto tra Svezia e Danimarca.
Le autorità finlandesi la definiscono come un insieme di petroliere vecchie e tecnicamente difettose mai viste nel Baltico prima che la Russia invadesse l’Ucraina nel 2022. Operano senza assicurazione occidentale e con equipaggi inesperti delle condizioni invernali. Il numero di navi della flotta ombra è esploso dal 2022, dopo che le sanzioni dell’Ue e dell’Occidente hanno preso di mira le esportazioni russe di petrolio nel tentativo di prosciugare le casse della Russia.
“Stimiamo che ogni settimana 70-80 petroliere cariche lascino i porti russi per trasportare petrolio attraverso il Golfo di Finlandia. Di queste, circa 30-40 navi appartengono alla flotta fantasma”, afferma Mikko Hirvi. Secondo un rapporto della Kiev School of Economics, sono state identificate circa 430 navi in tutto il mondo. “Gran parte naviga nello Stretto di Danimarca, poiché la Russia dipende fortemente dai suoi porti baltici per le esportazioni, in particolare di petrolio greggio”, sottolinea Yevgeniy Golovchenko, professore di scienze politiche all’Università di Copenhagen.
Alcune di queste navi sono state coinvolte nel danneggiamento di diversi cavi sottomarini, con esperti e politici che accusano la Russia di orchestrare una “guerra ibrida”. Queste petroliere nascondono sempre più spesso i dati relativi alla loro posizione disturbando il Gps e disabilitando l’Ais, osserva Hirvi. L’Ais è un sistema di localizzazione globale che le navi utilizzano per fornire informazioni sull’identificazione e il posizionamento al fine di evitare collisioni. “Disattivano il sistema per nascondere le loro visite in Russia e aggirare le sanzioni”, dice il funzionario finlandese. “Il rischio di incidenti è elevato”.
Queste navi operano spesso sotto la bandiera di Paesi come Gabon, Liberia e Isole Cook e visitano i porti petroliferi russi di Primorsk, Ust-Luga, Vyssotsk e San Pietroburgo. Alcune trasportano più di 100.000 tonnellate di petrolio, il che significa che una collisione o un incaglio potrebbero causare la fuoriuscita di migliaia di tonnellate di greggio, con conseguenze fatali per i fragili ecosistemi locali. In caso di incidente al largo delle coste danesi, “lo scenario più probabile è che i contribuenti danesi dovranno pagare per ripulire” il mare, osserva Golovchenko, poiché queste navi non hanno un’assicurazione adeguata per le fuoriuscite di petrolio.
Di fronte ai rischi creati da questa flotta fantasma, all’inizio di febbraio l’autorità marittima danese ha annunciato che avrebbe intensificato i controlli sulle petroliere. In quanto acque internazionali, gli stretti danesi sono soggetti al diritto di libero passaggio, e qualsiasi misura che impedisca a queste navi di entrare o uscire dal Mar Baltico richiede un equilibrio tra gli obblighi del diritto internazionale e la volontà politica, osserva Golovchenko.