
Nel 2024, l’Italia ha registrato un significativo aumento delle buste paga, con l’indice delle retribuzioni orarie in crescita del 3,1% rispetto all’anno precedente, secondo i dati diffusi dall’Istat. Questo miglioramento è stato particolarmente pronunciato nel comparto industriale (+4,6%) e nei servizi privati (+3,4%), con una performance meno favorevole per il settore pubblico, che ha visto una diminuzione significativa.
Un aumento, quello degli stipendi, che per la prima volta in tre anni, ha superato la salita del carovita, cresciuto dell’1% lo scorso anno. A dicembre tuttavia – sottolinea l’Istat – l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie ha registrato un incremento dello 0,1% rispetto a novembre, ma ha mostrato una diminuzione dello 0,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con una performance che è variata notevolmente tra i settori: l’industria ha visto un aumento del 4,8%, i servizi privati del 3,6%, mentre la pubblica amministrazione ha subito un calo del 14,1%, segno delle difficoltà legate al mancato rinnovo dei contratti.
I settori con i maggiori aumenti tendenziali sono stati quello metalmeccanico (+6,4%), legno, carta e stampa (+5,3%) e alimentare (+5,1%). Nonostante questi aumenti, altri settori come l’edilizia, le farmacie private e le telecomunicazioni non hanno invece registrato incrementi significativi. Confesercenti ha sottolineato che, sebbene le retribuzioni siano tornate a crescere in termini reali, la dinamica dei redditi familiari in Italia rimane però inferiore rispetto ad altri grandi paesi europei.
Secondo l’associazione, tra il 2001 e il 2023, il reddito medio annuo pro-capite in Italia è cresciuto del 24,8%, un tasso significativamente inferiore rispetto alla Spagna (+35,9%), alla Francia (+56,3%) e alla Germania (+62,5%). Nel dettaglio, il reddito medio annuo in Italia è aumentato di 6.200 euro, contro gli 8.000 euro della Spagna, i 15.100 euro della Francia e i 17.800 euro della Germania. A causa di questi aumenti disomogenei, il reddito medio italiano, pari a 31.200 euro, è inferiore del 33% rispetto a quello tedesco (46.300 euro) e del 25,5% rispetto a quello francese (41.900 euro). E sebbene l’Italia mantenga un lieve vantaggio sulla Spagna (30.300 euro), il divario si è ridotto notevolmente, passando da 2.700 euro nel 2001 a solo 900 euro nel 2023. “A pesare negativamente sulla situazione è anche l’elevata incidenza del prelievo fiscale“, con Confesercenti che ha ribadito “l’urgenza di una riforma fiscale. Sebbene una riforma fosse attesa per correggere queste distorsioni, la sua attuazione è ancora in sospeso e ora è ulteriormente complicata dalle recenti revisioni del Pil“.