L’agrivoltaico nuova frontiera dell’agricoltura, ma occorre maggiore conoscenza

L'approccio permette di far convivere la produzione di energia proveniente dal sole con le tecniche di coltura agricola. Per Cristiano Fini della Cia "diventerà un'opportunità per il settore"

La crisi energetica ha dato una spinta notevole, ma il dibattito sulle nuove fonti di approvvigionamento energetico in agricoltura è in piedi da anni. Di sicuro tra le nuove tecniche che mostrano prospettive più fruttuose c’è l’agrivoltaico, anche se, come ogni novità, la sperimentazione è d’obbligo, al pari di una adeguata divulgazione delle informazioni necessarie.
L’approccio è innovativo, perché permette di far convivere e interagire la produzione di energia proveniente dal sole con le tecniche di coltura agricola. Non solo, perché questo tipo di rinnovabile può risultare molto utile anche nel settore della zootecnia.

Inoltre, il Pnrr stanzia circa 1,5 miliardi di euro, per gli anni dal 2022-2026, sulla Missione 2, Componente 1, Investimento 2.2 ‘Parco agrisolare’. Proprio negli ultimi giorni dello scorso anno è stato emanato il decreto direttoriale con l’elenco dei destinatari ammessi a finanziamento per la misura, facendo così conseguire al ministero dell’Agricoltura e Sovranità alimentare e forestale il primo target europeo in scadenza a fine 2022. Il Decreto assegna risorse per un valore di 451 milioni di euro circa, pari al 30% della dotazione finanziaria totale della misura, che ammonta a 1 miliardo e mezzo di euro. “Per il Masaf e per il governo Meloni questa è senz’altro una buona notizia – ha commentato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida -, al tempo stesso però ci sono degli aspetti su cui occorre un cambio di prospettiva. In seguito al conflitto russo-ucraino, infatti, sono emerse carenze energetiche che ci devono indurre a ripensare il vincolo di autoconsumo. Ciò dipende dal fatto che nella fase in cui il Pnrr venne progettato le condizioni erano radicalmente diverse da quelle attuali”.
Per il responsabile del dicastero “oggi l’esigenza è concentrarsi sulla massima produzione possibile da immettere nella rete. Per questo motivo, il Masaf ha proposto un meccanismo per consentire alle imprese agricole o agroalimentari dotate di impianti fotovoltaici di conservare ‘virtualmente’ l’energia prodotta in eccesso riutilizzandola nei periodi di maggiore richiesta energetica delle proprie attività”.

Dal punto di vista degli agricoltori, però, la strada da percorrere è ancora lunga, ma non impraticabile. Anzi. “L’agricoltaico in Italia è ‘questo grande sconosciuto’, perché non ci sono tante esperienze. È chiaro che si tratta di un’opportunità per la transizione ecologica e soprattutto per cercare di dare un contributo, da parte degli agricoltori, alla transizione energetica sempre più green”, ha detto a GEA il presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia), Cristiano Fini. Spiegando che “deve diventare una vera e propria opportunità per gli agricoltori e non per altri soggetti che stanno cercando di intervenire per accaparrarsi terreni, avere a disposizione la possibilità di fare investimenti non per l’agricoltura, non per gli agricoltori ma per gli interessi legati a multinazionali piuttosto che ad altri soggetti. Per noi l’Agrivoltaico diventerà (e deve diventare) un’opportunità nel momento in cui viene calato su misura per le aziende agricole.

Fini, però, punta l’attenzione su un aspetto importante: “Abbiamo bisogno di fare maggiore divulgazione rispetto a questa tecnica, di dare maggiori garanzie e certezze all’agricoltore altrimenti non riusciranno o non potranno fare gli investimenti e abbiamo bisogno anche di un sostegno creditizio adeguato nei confronti di agricoltori che hanno intenzione di percorrere questa strada”. In questo senso il Pnrr è una spinta importante, perché si tratta di risorse assolutamente importanti che non dobbiamo disperdere ma utilizzare e investire”, ha avvisato il numero uno di Cia. Sottolineando allo stesso tempo che “lo possiamo fare solo se c’è un sostegno creditizio che ci consenta di fare gli investimenti; e se ci sarà una migliore e maggiore conoscenza di questa tecnica, che è assolutamente condivisibile. Perché riesce a coniugare la transizione energetica con le tecniche colturali agricole e, quindi, può dare un’ulteriore possibilità di reddito anche alle aziende agricole”.