Nella prospettiva di una filiera integrata e amica dell’ambiente, la sicurezza alimentare riguarda direttamente il cibo destinato a nutrire gli animali. È una questione disciplinata per legge. I mangimi, infatti, possono essere venduti soltanto se soddisfano determinate condizioni. Devono essere sani, adatti all’utilizzo a cui sono destinati e, anche, non avere effetti nocivi sull’ambiente, sul benessere animale e dell’uomo. “Il sistema di produzione industriale di mangimi applica un severo controllo qualità delle materie prime acquistate”, spiega Lea Pallaroni, direttore generale di Assalzoo, Associazione nazionale tra i Produttori di alimenti zootecnici. “Le aziende hanno un piano di ‘prerequisiti’ che definisce le caratteristiche igienico-sanitarie delle materie prime e prevede standard a norma di legge o più rigorosi, a seconda del parametro valutato e della destinazione del prodotto finito”. Così è possibile garantire un mangime finito di qualità, che rispetta i limiti legali e i parametri stabiliti dall’azienda o da specifici disciplinari di produzione.
La policy europea sulla gestione del rischio della sicurezza dei mangimi è la base della nostra legislazione alimentare. “La normativa mangimistica europea è molto rigorosa”, sottolinea la dirigente di Assalzoo. Sono regole che si applicano a tutti i paesi della Ue. “Dagli anni 2000, il nuovo impianto normativo prevede il censimento di tutti gli operatori coinvolti nella filiera dell’alimentazione animale”. La norma si basa sulla valutazione del rischio effettuata da EFSA , l’Autorità europea sulla Sicurezza alimentare. “La nostra è una legislazione dove in primis viene cautelato il consumatore, grazie a un sistema ‘di paletti’ che indirizza il percorso del sistema produttivo”.
Alcuni aspetti legislativi, per Assalzoo, potrebbero però essere migliorati. “La normativa mangimistica dovrebbe talvolta essere resa più flessibile e lasciare spazio all’innovazione”, afferma Lea Pallaroni. “Soprattutto là dove non sussistono rischi per i consumatori, potrebbero essere individuate soluzioni alternative. Un esempio è la richiesta strategica di ridurre l’uso del medicinale veterinario e, al tempo stesso, di conseguire questo obiettivo ricorrendo a estratti naturali, quelli che noi ‘umani’ acquistiamo in erboristeria o che sono indicati come fitoterapici. Nell’alimentazione animale non possono essere utilizzati perché non hanno un’autorizzazione specifica”.
Insieme al rispetto di leggi e regolamenti, per garantire la loro sicurezza è fondamentale che i mangimi non conformi vengano individuati il più possibile ‘a monte’: il ruolo degli operatori del settore è dunque centrale. L’applicazione di trattamenti termici al mangime, la corretta somministrazione di quantità idonee e la riduzione degli sprechi per evitare che gli alimenti si deteriorino, sono garanzia di salubrità e di adeguatezza nutrizionale per l’animale.
Gli operatori sono tenuti ad applicare i principi e le prassi relativi alla rintracciabilità del mangime, mettendo in atto, in caso di rischio o pericolo, il ritiro o il richiamo del prodotto dal mercato. Debbono quindi verificare che i prodotti siano salubri prima del loro avvio al consumo attuando precise verifiche, suddividendole secondo i principi individuati dalla Ue: approvvigionamento, produzione e utilizzo. “A ogni ingrediente che fa il suo ingresso in stabilimento”, racconta Graziano Di Filippo, responsabile Formulazione e Sviluppo prodotti dell’azienda mangimistica Mignini & Petrini, “viene attribuito un lotto e un codice a barre, che lo segue lungo tutto il ciclo produttivo”.
Diverse, quindi, sono le procedure condotte in regime di autocontrollo dai produttori di mangimi, attraverso l’attivazione di un sistema che identifica i punti critici del processo produttivo, chiamato HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point – Analisi dei Rischi e Controllo dei Punti Critici) il cui scopo è dare la garanzia che un mangime non sia pericoloso per l’animale. “Tra le criticità del ciclo di produzione del mangime c’è la verifica delle materie prime in fase di accettazione”, prosegue Graziano Di Filippo. “Queste arrivano nei mangimifici su autotreni e per controllare la loro conformità è determinante prelevare un campione rappresentativo di tutta la partita. A seconda della materia prima, abbiamo stabilito requisiti specifici più restrittivi di quelli imposti per legge. Per esempio, per il mais e i suoi sottoprodotti è essenziale il controllo della presenza di micotossine, sostanze tossiche prodotte da funghi che possono attaccare le piante dei cereali”.
Insieme all’autocontrollo da parte dei produttori, si affiancano le diverse attività di verifica condotte dalle autorità nazionali che hanno lo scopo di assicurare il totale rispetto della normativa e di garantire la piena conformità dei prodotti che poi vengono posti in commercio. Sono azioni predisposte dal ministero della Salute e dal ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e forestale, che, tramite i rispettivi uffici territoriali, gli enti e gli organismi che operano sul territorio, mettono in atto monitoraggi e sorveglianze.
Accanto alle verifiche nazionali, le materie prime e i mangimi di importazione sono verificati anche dai Posti di Ispezione Frontalieri, che esaminano l’immissione in commercio dei prodotti sul territorio comunitario. Si tratta del Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi (RASFF) e si attiva nel momento in cui un prodotto può rappresentare un rischio per la salute pubblica. È una rete che fa riferimento alle autorità di ogni Stato membro della Ue, alla Commissione europea e all’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare.
I report annuali, redatti da tutti gli organismi di verifica e controllo, ci mostrano un miglioramento progressivo e costante del grado di conformità dei mangimi ai requisiti normativi di sicurezza.
Importantissima, è anche la trasmissione di informazioni tra operatori, fornitori e acquirenti. Cooperando, infatti, si possono condividere buone pratiche di igiene, mappature geografiche, sistemi di allarme, gestione degli incidenti, schemi di monitoraggio collettivi e database per la caratterizzazione dei rischi. In sintesi, allevatori e aziende di mangimi lavorano insieme per ottimizzare i sistemi di allevamento e bilanciare gli alimenti sul fabbisogno di ogni categoria animale. La trasmissione di informazioni avviene anche tramite una etichettatura chiara, che reca tutte le dichiarazioni obbligatorie. “La norma di etichettatura è stata modificata per dare maggiore trasparenza e prevede anche la possibilità per gli acquirenti di chiedere ai produttori ulteriori informazioni”, chiarisce il direttore di Assalzoo Lea Pallaroni. “Il più grosso cambiamento è stato quello di dover indicare tutte le materie prime utilizzate, definendole con il loro nome specifico invece che con la classe di appartenenza. Gli additivi che prevedono un limite massimo di inclusione devono essere dichiarati anche quantitativamente”. Nel caso del pet food la norma ha accolto le richieste di un’etichettatura con terminologie più vicine a quella degli alimenti, per aiutare la comprensione anche da parte di operatori non professionali. “Tutte le informazioni trasmesse al consumatore, anche tramite brochure o siti web, sottostanno alla medesima legislazione e agli stessi controlli”, puntualizza Lea Pallaroni. Dunque, sono tutte garantite.
Possiamo dunque dormire sonni tranquilli, almeno sul fronte dei mangimi? “Le aziende mangimistiche, così come le altre aziende alimentari, operano in modo sicuro”, conclude il direttore di Assalzoo.