
La pesca a strascico, una tecnica di pesca contestata per il suo impatto ecologico distruttivo, rappresenta anche un costo economico elevato che potrebbe raggiungere fino a 11 miliardi di euro all’anno in Europa.
Per stabilire questa valutazione, alcuni ricercatori hanno esaminato e stimato i costi e i ricavi associati a questa pratica, che consiste nel trascinare reti zavorrate per raschiare il fondale marino, nelle acque europee, tenendo conto dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, dell’Islanda, della Norvegia e del Regno Unito.
Lo studio è stato citato in un comunicato stampa del programma Pristine Seas, un programma di protezione degli oceani della ONG National Geographic Society che unisce ricerca, esplorazione e produzione di documentar Nella loro modellizzazione sono state prese in considerazione stime relative ai profitti dei pescatori, ai posti di lavoro creati, al valore del pesce consumato, al costo delle catture accidentali rigettate in mare, ma anche all’entità degli aiuti pubblici e al costo delle emissioni di CO2, legate sia al carburante consumato sia al rilascio del carbonio contenuto nei sedimenti marini. Risultato: nelle acque europee, per il periodo 2016-2021, il valore netto medio della pesca a strascico è negativo, con un costo che va da 330 milioni di euro a 10,77 miliardi di euro.
La pesca a strascico, anch’essa dannosa per la biodiversità, “non è solo un’aberrazione ambientale, ma anche un fallimento economico“, osserva Enric Sala, uno degli autori di questo studio. Interrompere l’uso di questa forma di pesca potrebbe quindi tradursi in un notevole beneficio economico netto, osservano gli autori dello studio.
“Vietare la pesca a strascico nelle aree marine protette porterebbe benefici alla fauna marina, al clima e persino all’industria della pesca stessa”, afferma Enric Sala. L’Unione Europea prevede di eliminare gradualmente la pesca a strascico in acque profonde nelle aree marine protette entro il 2030, ma le ONG ambientaliste chiedono che questa pratica venga vietata immediatamente.