“Ad aprile si registra, per il quarto mese consecutivo, una flessione congiunturale dell’indice destagionalizzato della produzione industriale, con diminuzioni estese a tutti i principali comparti. Il quadro è negativo anche su base trimestrale“, scrive l’Istat. “Pure in termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si osserva una caduta marcata. A livello settoriale è molto ampia la flessione per l’energia e i beni intermedi, mentre risulta contenuto il calo per i beni strumentali“, conclude l’istituto di statistica. I numeri: la produzione industriale è calata dell’1,9% rispetto a marzo. Nella media del periodo febbraio-aprile il livello della produzione è sceso dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti e in termini tendenziali la discesa è stata del 7,2%. Le stime di mercato erano per un +0,1% mensile e un -4,1% annuale.
Anno su anno le flessioni caratterizzano appunto tutti i comparti; la riduzione è modesta per i beni strumentali (-0,2%), mentre risulta più rilevante per l’energia (-12,6%), i beni intermedi (-11%) e i beni di consumo (-7,3%). Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%), quella di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,1%) e la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+0,6%). Le flessioni più ampie invece si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-17,2%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-13,6%) e nella fabbricazione di prodotti chimici e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-10,9% per entrambi i settori).
A maggio la tendenza non cambierà, come è emerso dall’ultimo indice Pmi manifatturiero, che si basa su 400 interviste ai principali direttori acquisti. Tariq Kamal Chaudhry, Economist presso Hamburg Commercial Bank, non aveva usato mezzi termini nel commentare l’indagine diffusa la scorsa settimana: “L’industria italiana si sta dirigendo verso una recessione”. Il Purchasing Managers’ Index del mese passato si è attestato al di sotto della soglia neutra di non cambiamento di 50.0 (sopra segnala espansione e sotto contrazione), estendendo l’attuale periodo di peggioramento delle condizioni operative. Il crollo del Pmi a 45.9 da 46.8 di aprile indica, inoltre, la contrazione maggiore in tre anni. Le aziende hanno ampiamente ridotto le giacenze in eccesso, sia da parte loro che da parte dei loro clienti, e la domanda. Il fatto poi che si assista continuamente a un miglioramento dei tempi di consegna ha nel frattempo generato il crollo maggiore dei prezzi di acquisto in 14 anni. Questo fenomeno frena ulteriormente la produzione, in attesa di cali ancora superiori dei prezzi industriali. Il tutto mentre la discesa dei costi – come si leggeva nel rapporto Pmi di maggio – ha spinto le imprese addirittura a cercare di trasferire ai loro clienti qualche riduzione dei prezzi, in risposta a un ko delle vendite e ad un aumento della competizione. Il risultato netto rappresenta il terzo crollo mensile consecutivo dei prezzi di vendita che è stato inoltre il maggiore in tre anni.
Per questo, malgrado le difficili condizioni della domanda, gli attuali segnali di stabilità dei prezzi e della fornitura rafforzano la fiducia tra le aziende per il futuro. Nonostante sia crollato al livello minimo in tre mesi, l’ottimismo rispetto ai prossimi dodici mesi è sopra la tendenza. Ciò si è riversato sulla decisione di aumento di personale, con le aziende che hanno assunto extra dipendenti anche se ad un livello di crescita modesto e al tasso più debole finora riportato nell’anno in corso.