Bank New York Mellon Investment Management, in collaborazione con Fathom Consulting, ha pubblicato recentemente una nuova ricerca, ‘Una guida per gli investitori verso lo zero netto entro il 2050’, che mostra che l’economia globale è significativamente in ritardo rispetto ai tempi previsti nel raggiungimento degli obiettivi zero netto del 2050, ma può colmare il divario con 100 trilioni di dollari di investimento ‘verde’. Secondo, invece, le stime dell’Ocse per avere almeno il 66% di probabilità di contenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2°C, saranno necessari investimenti per oltre 103.500 miliardi di dollari nel periodo che va dal 2016 al 2030, con un aumento di quelli per il clima di circa il 590% l’anno rispetto alle cifre attuali. Sebbene gli investimenti verdi siano in crescita, la ricerca di BNY Mellon evidenzia che saranno necessarie più azioni da parte di governi, asset allocator e società per facilitare la transizione verso lo zero netto. Questi 100 trilioni di dollari rappresentano circa il 15% dell’investimento globale totale nei prossimi 30 anni, o circa il 3% del prodotto interno lordo globale nello stesso periodo.
Le sole società dell’S&P 500 americano dovranno spendere circa 12 trilioni di dollari di investimenti verdi entro il 2050 per rimanere in linea. Detto così, sono cifre talmente alte, che non rendono l’idea della mole di investimenti per arrivare all’obiettivo del 2050. Tuttavia qualsiasi investimento sarà più veloce e più sostenuto, anche a livello pubblico, se il target sarà redditizio. In questo senso fa gioco un nuovo rapporto dell’Università di Oxford, in base al quale il passaggio dai combustibili fossili all’energia rinnovabile potrebbe far risparmiare al mondo ben 12.000 miliardi di dollari entro il 2050. Da dove arriva questa cifra? Il calcolo di Oxford è empirico e parte dal fatto che il costo della sola energia solare è crollato dell’80% dal 2010 e che le rinnovabili nel loro insieme sono state la fonte di energia più economica al mondo nel 2020.
In questa direzione è interessante notare come, nel 2022 siano stati investiti nel mondo 1,1 trilioni di dollari in tecnologie a basse emissioni di carbonio. Un numero record, oltre mille miliardi, che ormai ha eguagliato i fondi a sostegno di combustibili fossili. Quasi tutti i settori hanno raggiunto un nuovo picco, tra cui rinnovabili, stoccaggio di energia, trasporto elettrificato, calore elettrificato, cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), idrogeno e materiali sostenibili. Solo gli investimenti nell’energia nucleare sono rimasti sostanzialmente invariati. Tirano le rinnovabili, con 495 miliardi di dollari impegnati, +17% rispetto all’anno precedente. Ma il vero e proprio boom è legato al trasporto elettrificato, che include la spesa per i veicoli elettrici e le infrastrutture associate, avvicinatosi a 466 miliardi di dollari (+54% su base annua).
Se però andiamo a vedere quali Paesi hanno beneficiato maggiormente di investimenti, i dati di BNEF mostrano che è la Cina ad aver attratto più i fondi della transizione energetica con 546 miliardi di dollari, circa la metà del totale. Gli Stati Uniti sono al secondo posto con 141 miliardi, anche se l’intera Ue ha ricevuto 180 miliardi. A livello di singoli Paesi la Germania ha mantenuto il suo terzo posto mondiale, mentre il Regno Unito è sceso al quinto superato dalla Francia.