Grazie alla Giornata mondiale dell’Acqua ci si è accorti che questo bene essenziale per la nostra esistenza va preservato e che a tendere – se il clima continuerà a fare le bizze – diventerà prezioso quanto lo sono il petrolio o il gas. Non a caso, da anni l’etichetta (e qui per fortuna il Nutriscore non c’entra…) che viene data all’acqua è quella di Oro Blu.
Ma la riflessione spontanea, più che sulla scarsa piovosità che ormai accompagna inverni e primavere – è legata alle infrastrutture. Sintetizzando: abbiamo rubinetti che non tengono e tubi che perdono, non abbiamo invasi per la raccolta dell’acqua piovana, siamo – in Italia – molto indietro come accade in altri ambiti. Ora, al di là di improvvisare la danza della pioggia, conviene che chi sta nella stanza dei bottoni, indipendentemente dall’appartenenza politica, acceleri le pratiche di ammodernamento del nostro sistema idrico. Perché – provochiamo – va bene pensare alla transizione ecologica, va benissimo provare ad abbattere la produzione di Co2, ma diventa di primaria importanza la gestione dell’acqua.
L’Italia è il secondo Paese della Ue per metri cubi d’acqua prelevata per uso civile, ma solo il 58% viene utilizzata; il restante 42% si disperde qua e là. Immaginiamo se, andando a fare il pieno di benzina o di gasolio, la metà del serbatoio lo rovesciassimo a terra. Ecco, in Italia succede questo tutti i giorni. Domanda: è (ancora) sopportabile una situazione così? Quarantatré milioni di persone sarebbero ‘dissetate’ ogni anno dall’acqua ‘scappata’ da quei rubinetti e da quelle tubature che sono inefficienti, anzi marce, che hanno lustri e lustri di utilizzo alle loro spalle. E che, usando una metafora in linea con questo tema, fanno acqua da tutte le parti. E allora: ben venga la Giornata mondiale dell’Acqua ma non sia per l’appunto una giornata sola, fine a se stessa. Si metta mano al dedalo di tubi che permette di lavarsi e di irrigare i campi, si metta mano alla costruzione di invasi che raccolgano l’acqua piovana, si agisca in fretta e bene sulle infrastrutture. Lo facevano gli antichi romani due mila anni fa, quando non c’erano i satelliti per le previsioni meteo e non si parlava di cambiamento climatico, rifarlo oggi non è un reato. Solo buonsenso. E spirito di sopravvivenza.