Meloni, le bollette e la soglia (alta) di allerta sul gas

Nella conferenza stampa con i giornalisti parlamentari la premier non ha risposto solo alla domanda sul costo dell'energia, però...

In tre ore di contraddittorio con la stampa parlamentare italiana, Giorgia Meloni non ha risposto solo a una domanda: quella sulle bollette, che in Italia incidono il 30% in più rispetto ad altri Paesi d’Europa. Non ha risposto perché – citiamo – pochi secondi non sarebbero stati sufficienti per affrontare un tema delicatissimo, che va a impattare su famiglie e imprese, che sta impegnando il governo, che non è di facile e immediata soluzione. Non è stata una fuga dalla realtà, quella della premier, semmai la certificazione di uno status precario in cui versa non solo l’Italia ma l’intera Ue dopo la chiusura del gasdotto che collega la Russia all’Europa attraverso l’Ucraina. Ue le cui scorte – per la cronaca – sono scese a quota 69%: insomma bene ma non benissimo.

Il prezzo del gas è in ribasso rispetto ai 50 euro al megawattora dei primi giorni dell’anno, eppure resta alta la soglia di allerta perché – come disse la stessa presidente del Consiglio alla Cop 29 di Baku – di gas dovremo ancora campare almeno per i prossimi dieci anni. Meloni sa che a questa situazione dovrà mettere mano probabilmente non adesso, con il cuscinetto degli stoccaggi a rendere ‘sicuro’ l’inverno, quanto invece in primavera quando dovremo di nuovo ‘riempire i serbatoi’. Lì, se i prezzi saranno ancora elevati, si dovranno fare i conti della spesa ed è chiaro che, se la quotazione (vittima di speculazioni) non dovesse calare, saranno dolori. L’inquilina più illustre di palazzo Chigi sa perfettamente che le famiglie e le imprese, in particolare le hard to abate, chiederanno conto della situazione: da un lato c’è la sopravvivenza, dall’altro la tutela della competitività. E’ ovvio che l’Italia da sola non può fare nulla ed è altrettanto chiaro che tocca all’Unione europea muoversi anche con una certa rapidità e non con i consueti ritmi lenti. Vedremo…

Meloni non ha avuto l’occasione di parlare di rinnovabili e nucleare, che a ben guardare sono le soluzioni più accreditate per scongiurare la dipendenza dal gas in arrivo dall’Algeria, dall’Azerbaijan, dalla Libia e (rigassificato) dagli Stati Uniti. Sulla Libia – soprattutto dopo la caduta di Assad in Siria – la premier si è detta “molto concentrata” e ha ammesso che “la presenza russa in Africa è un tema che pongo da due anni ai miei partner”. Africa che sta a cuore a Meloni per lo sviluppo del Piano Mattei di cui in conferenza ha fatto giusto un accenno: in teoria molto passa dall’attuazione di un progetto ambizioso che potrebbe davvero rappresentare un’importante soluzione.

A margine di Meloni, delle sue risposte e della crisi energetica ci sono i litigi per il rigassificatore di Piombino che la Toscana non vuole più e che la Liguria non intende parcheggiare a Vado Ligure. Bisticci italici che non tengono in considerazione la gravità della situazione.