In Italia sono diversi gli impianti lungo l’intera filiera del gas fossile e del petrolio in cui si verificano emissioni di metano in atmosfera. Su 25 impianti monitorati tra Sicilia e Basilicata, in ben 13 sono state individuate delle emissioni di metano significative: 15 casi di rilasci diretti (venting) e 68 perdite, per un totale di circa 80 punti di emissione individuati. Emissioni silenziose e non visibili a occhio nudo, causate da una scarsa manutenzione degli impianti, da possibili guasti, ma anche alla pratica del venting (ossia il rilascio volontario e controllato di gas in atmosfera) e che, oltre a rappresentare uno spreco di risorse, costituiscono una minaccia per il clima. Il metano è, infatti, un gas fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni dal suo rilascio in atmosfera. È quanto denuncia Legambiente che, alla vigilia della manifestazione per la COP27, documenta la presenza di emissioni di metano in siti della filiera del gas fossile e del petrolio presenti nella Penisola. Il monitoraggio, realizzato lo scorso ottobre nell’ambito della campagna di informazione e sensibilizzazione “C’è Puzza di Gas”, è stato realizzato con una termocamera a infrarossi “FLIR GF320”. Le immagini sono state raccolte in un video realizzato da Next New Media che l’associazione ambientalista diffonde oggi. Le perdite di metano sono state individuate in differenti componenti delle infrastrutture come bulloni, valvole, giunture, connettori e contatori, dimostrando uno scarso livello di manutenzione. In particolare, su 13 impianti in cui si sono verificate delle emissioni di metano, ben 11 sono infrastrutture legate al trasporto di gas fossile di cui 10 gestite da SNAM, 1 da Italgas, e 1 gestita da Greenstream BV (ENI e NOC) e a quali l’associazione ambientalista chiede di intervenire al più presto per riparare le perdite.
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